Basata sui diari (di 4
milioni di parole - qui in proposito
– molta parte dei quali scritti in codice – inseriti nel programma UNESCO Memoria
del Mondo) di una persona realmente esistita, Gentleman Jack (HBO, BBC1) racconta le vicende di quella che
possiamo definire “la prima lesbica moderna”, Anne Lister, interpretata con
acume e passione da un’impeccabile Suranne Jones (Coronation Street, Vanity
Fair) che si mostra in un notevole spettro – arcobaleno forse, potremmo
dire – di emozioni.
Siamo nel 1832, ad
Halifax, nel West Yorkshire, in Inghilterra. La volitiva Anne torna in città dagli
zii e dalla sorella Marian (Gemma Whelan, Game
of Thrones) dopo che la sua amante, Vera Hobart, la lascia per sposare un
uomo. È ben nota a tutti, sia per il look androgino e gli
atteggiamenti che sfidano le convenzioni, sia per la sua fermezza nel curare in
prima persona gli affari di famiglia e rimettere in sesto la tenuta di Shibden
Hall (che originariamente doveva essere il titolo della serie), trascurata in
sua assenza. La seguiamo nelle vicende personali, e nel crescere del suo amore
per la ricchissima Ann Walker (Sophie Rundle), che aveva inizialmente attirato
le sue attenzioni proprio per ragioni di interesse pecuniario, come in quelle
di gestione economica, pronta a infilarsi in prima persona in miniere di
carbone (1.04) e a contrastare rivali in affari, in particolare i fratelli
Rawson, che vogliono metterle i bastoni fra le ruote.
Ideata e interamente
scritta da Sally Wainwright (Happy Valley,
Last Tango in Halifax), anche regista
di alcuni episodi, la serie è un dramma
storico, ma con un taglio decisamente attuale, specie nel modo in cui in alcuni
momenti i personaggi rompono la quarta parete e ammiccano (e parlano perfino) allo
spettatore in modo complice. E da subito, la camminata, il suo incedere
baldanzoso (su una specifica musica molto incisiva), ce ne mostra
immediatamente il carattere, intenso e energicamente determinato. Nel corso
delle puntate l’aspetto più interessante è proprio vedere questa volitività
accostata alla quieta disperazione della consapevolezza di non poter avere ciò
che vuole alla luce del sole, di essere sempre sul punto di ottenere qualcosa
che poi le sfugge: per paura, per ostilità, per convenzioni sociali, per
appropriatezza… La prima stagione ci regala un lieto fine, ma è comunque una
risoluzione positiva solo personale, c’è sempre una lotta con una società che la
ostracizza e cerca di “metterla al suo posto” (con la violenza se necessario –
1.05) se occupa spazi che secondo i mores del suo tempo non le competono: negli
affari come negli affetti.
Anne ha una
consapevolezza della uguaglianza dei gay ante litteram e una notevole integrità
nell’essere chi è. Alla sua ritrosa amante, Miss Walker, che si vergogna di se
stessa, nei momenti di crisi trova ripugnanti e contro Dio le spinte
affettuosità fra persone dello stesso sesso e teme il biasimo della società, dichiara
apertamente che lei è nata così, che la natura è varietà, e lei vuole
rispettare la propria e desidera una compagna per sé, non la donna di un altro
uomo, perché quello sarebbe per lei mentire e tradire (1.05). Interessante
anche come noti che l’omosessualità, illegale e punita con impiccagione per gli
uomini, non è tale per le donne, segno di un sessismo che non si è mai molto
interessato della sessualità femminile. Omofobia e omertà si rinfocolano a
vicenda - “Quello di cui non si parla non è sempre quello di cui non si sa”,
viene osservato, in una realtà dove certe verità è comunque meglio non dirle e
stabilire distanza per evitare di esserne associati. Temi ancora contemporanei
e con una sensibilità di oggi.
Il ritratto che viene
dipinto è quello di una donna “strana” per chi la circonda, ma capace di essere
se stessa, spaventata dalla banalità e dalla mediocrità, intellettualmente
curiosa, brillante, indipendente e audace, che ama viaggiare e conoscere il
mondo, anche se per autoprotezione deve tenere segreto il più autentico
sé. Una seduttrice anche, cosciente del
suo fascino e dell’effetto che ha sulle donne che ne sono sensibili.
Si riflette sull’essere
donna, sull’identità e sull’amore, sul matrimonio e sui rapporti personali, anche
attraverso storie secondarie di una domestica che rimane incinta e di un affittavolo
patricida, Tom Sowden (per chi ha seguito le vicende viene da chiedersi se quel
cognome sia stato dato di proposito, considerato che “sow” è scrofa e “den”
tana).
Alle 8 puntate della
prima stagione ne farà seguito una seconda.
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