venerdì 22 maggio 2020

KIDDING: la seconda stagione

ATTENZIONE SPOILER IN TUTTO IL PEZZO. La seconda stagione di Kidding ha tenuto lo stesso tono della prima. Era difficile far uscire il protagonista Jeff (Jim Carrey) dalla distruttiva finale in cui aveva volontariamente investito il nuovo amore della moglie, da cui era separato ma ancora innamorato, Jil (Judy Greer). Come mattatore di un programma per bambini che ha costruito tutto il suo essere intorno ai concetti di gentilezza e amorevolezza, ammettere quello che ha fatto significa perdere tutto. Da sempre la serie ci ha fatto credere che l’alter ego televisivo di Jeff non è una finzione, lui crede sul serio in quei principi, e può scivolare in quanto essere umano, ma non li rinnega, si impegna per metterli in pratica, anche dove gli costa. Ed è così ancora una volta, nel corso di questo arco tutto: confessa quello che ha fatto alla donna che ama e all’uomo che ha ferito, gli dona una parte del suo fegato per permettergli di sopravvivere. La lezione, che non è una predica, è che essere brave persone non è facile, forse è la cosa più difficile di tutte, ma si cerca di esserlo perché è un modo di rendere il mondo migliore.

Molto di questo segmento è stato costruito sui flashback di cui si è fatto un uso ricostruttivo della memoria, ma anche legato a una storia in cui il figlio di Jeff, Will (Cole Allen), desidera tornare nel passato, e si auto-convince che è possibile farlo. Il senso ultimo che si è voluto trasmettere è che fermare il tempo non è possibile, ma lo si può rubare, ovvero ce lo si può dedicare a vicenda, decidendo di trascorrerlo con le persone che per noi contano – a questo proposito uno dei passaggi di montaggio più belli che abbia mai visto in molto tempo è proprio quello che vede Jil chiedere a Jeff se la colpevolizzi rispetto alla scomparsa dell’altro figlio, il gemello di Will, morto per incidente mentre era in macchina con lei: Jeff sembra ripercorrere con la memoria tutta la loro storia, fino al momento delle nozze. Sull’altare, quando chiedono a Jeff se voglia sposarla, si stacca, e la risposta di allora, “sì (voglio sposarti)” è la risposta di ora, “sì (ti incolpo)”. Davvero una costruzione notevole e inaspettata.

Ancora una volta si è insistito su alcune idee care alla serie. In primis quella sulla mascolinità: è importante essere considerati gentili, e questo non deve farsi equivalere con l’essere omosessuali (quello si chiama omofobia). Comportarsi in modo educato e con considerazione per gli altri è un valore. E mirare a ciò non significa negare le proprie pulsioni negative.  Tutti abbiamo più di due dimensioni e un lato oscuro, e dobbiamo imparare a conviverci e a gestirlo. La lotta umana di Jeff è proprio quella. Nella diegesi cerca di mettere in scena la realtà dolorosa del suo divorzio (2.05), anche se ha conseguenze in parte rovinose (il Mr Pickles della versione filippina, in un Paese dove divorziare è illegale, muore, e la produzione ne è ritenuta responsabile).

Un tema esplorato più a fondo in questo arco è stato quello della necessità di prestare attenzione ai bambini, la missione a cui il protagonista si è sempre dedicato con uno spirito di vocazione monacale (in proposito c’è perfino un incontro con il Dalai Lama in 2.10), la necessità di connessione, un avvicinamento umano diverso da quello potenzialmente tossico dei social media, qualcuno con cui parlare e qualcuno che stia ad ascoltare – e studia un giocattolo che abbia proprio questa funzione. 

Si insiste anche sul potere taumaturgico della fantasia: “la realtà è la malattia, la fantasia è la pillola”. Il padre Sebastian comincia ad avere problemi di contatto con la realtà, dovuti a un attacco di cuore e senilità,  e lui ed altri come lui vengono aiutati in una apposita clinica proprio nutrendo le loro fantasie, con l’ausilio di attori. Le fantasie personali sono importanti e le fantasie collettive sono un vero patrimonio. La sorella di Jeff Deidre, che è la creatrice dei molti pupazzi, divorzia dal marito che le sottrae i diritti alle sue creazioni, ora svendute per scopi per cui non erano state pesate. È una ferita personale, ma è una ferita per tutti.

Questa stagione di Kidding è sembrata più caotica della precedente, meno asciutta, perché ha affrontato forse fin troppe realtà insieme. Ha mantenuto però il polso saldo sulla sua etica di fondo, sulla malinconia che la contraddistingue e sul rifiuto di posizioni ciniche. Diversamente dalla scorsa volta, poi, ha terminato su una nota positiva, di speranza di una riappacificazione fra Jeff e Jil. Forse non ci sarà mai, ma si è rubato quell’attimo fuggente di speranza fino ad una eventuale prossima stagione. 

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