Sex Education (Netflix) ha confezionato una appagante quarta e
ultima stagione (distribuita dal 21 settembre 2023) – con una conclusione che
lascia un buon margine per una già desiderata reunion in là nel tempo. Si è confermata una serie feel-good dalla sensibilità moderna, che
ribadisce l’importanza di inclusività e accessibilità e della comunicazione e
del consenso, in primis in campo sessuale ma nella vita in generale, ed è un’educazione
a come la verbalizzazione possa essere un grande strumento per creare intimità.
ATTENZIONE SPOILER PER LA
QUARTA STAGIONE.
Gli studenti si trovano in
una nuova scuola, dopo la chiusura della Moordale. Ora vanno alla Cavendish,
che sembra fin troppo laissez faire
nella gestione educativa, che di primo acchito pare prevalentemente in mano
agli studenti. In ogni caso è un ambiente molto aperto, tanto da avere non una,
ma potenzialmente due “cliniche” di consulenza sessuale per gli studenti, con Otis
(Asa Butterfield) che trova come rivale un'altra compagna di scuoa, Sarah “O”
Owens (Thaddea Graham). Questa rimane per me la vera nota dolente, e
problematica e grave, della serie: il fatto che lasciano che due studenti senza
alcuna preparazione formale e titoli esercitino apparentemente al pari di
professionisti – O addirittura condivide con la madre di Otis, che fa questo di
lavoro, un programma radiofonico sull’argomento risultando quasi più brava. Che
i due ragazzi siano competenti perché hanno approfondito l’argomento in via
personale è sacrosanto, e nessuno dice che non possano essere anche in una
ipotetica realtà effettivamente bravi, ma non è sufficiente, per nessuno. Se
nelle prime stagioni si era riusciti a rendere narrativamente credibile la
sospensione dell’incredulità, in questo caso non ci si prova nemmeno. Rimango
perplessa.
Lo scontro Fra Otis e O è
stato una storia saliente e quello che ho apprezzato è stato il fatto che
abbiano rivelato O come asessuale, un po’ perché personaggi così ce ne sono
pochi, e un po’ perché lo ritengo molto credibile per esperienza personale. Da
demisessuale (quindi da persona che rientra nello spettro della asessualità) io
stessa ho sempre avuto un forte interesse (e voglio credere competenza) nei
confronti del sesso, e per le ragioni in parte anche simili a quelle addotte
dal personaggio, quindi l’ho trovato davvero ben riuscito, ed è la prima volta
che mi capita di vedere una cosa simile in questo ambito. Bravi.
L’intreccio più riuscito,
se non altro perché ha mostrato la miglior credibile maturazione dei personaggi,
è stata quella fra Adam (Connor Swindells) - l’unico fra i ragazzi a decidere
di non proseguire con gli studi, ma di trovarsi un lavoro che lo porta in un
maneggio - e suo padre Michael (Alistair Petrie) che ha avuto un percorso di
miglioramento personale notevole che lo ha riavvicinato alla moglie da cui era
separato e al figlio con il quale ha cercato di ricostruire un rapporto.
Toccante e realistico. La vicenda meno convincente invece è stata la
microstoria di Viv (Chinenye Ezeudu) che ha cominciato una relazione con un
ragazzo Beau (Reda Elazoura) che, all’apparenza gentile, si è rivelato
possessivo e controllante in modo potenzialmente violento. Capisco la necessità
di trattare un social issue, un
problema a sfondo sociale, che lanci il messaggio di stare attenti alle red
flag e di non farsi incantare da chi è potenzialmente abusante, ma questa è
stata fatta in maniera che ho percepito come affrettata.
Convincente è stato l’arco
di Maeve (Emma Mackey) che continua il suo percorso di studi negli Stati Uniti
d'America per diventare scrittrice per rientrare a seguito della morte della
madre, indecisa se poi riprenderlo o meno. Quando ha deciso di lasciare
temporaneamente la scuola di scrittura, anche delusa dalla feroce critica del
suo professore, una scena di un suo scritto gettato in un cestino adocchiato da
una compagna di studi già mi faceva paventare che glielo rubassero e che il
professore si rivelasse il frustrato di turno che cerca di minarla per non
avere una rivale, ma mi sono fortunatamente sbagliata, e la collega l’ha
aiutata, ma non in un modo da apparire favolistico, e il docente era
genuinamente critico per mirare a migliorarla, anche se forse ha scelto una
modalità inefficace. Bello poi che per questo ruolo minore del prof. Molloy
abbiano scelto Dan Levy (Schitt’s Creek),
come la comica Hanna Gatsby per quello della responsabile della stazione radio
dove va a lavorare Jean (Jillian Anderson). Un applauso agli addetti al
casting. E se le scene del funerale della madre di Maeve hanno saputo calibrare bene
dolore e momenti umoristici, il suo ritorno negli USA, con tutto quello che ha
significato nel rapporto fra lei e Otis, è stato sviluppato in maniera adulta,
con la lezione che chi ti ama vuole che tu possa essere la versione migliore e
più realizzata di te stessa, anche se talvolta significa essere fisicamente
distanti.
La crisi religiosa di Eric (Ncuti Gatwa), con la sua amicizia con Otis un po’ in stand-by, che non sa se battezzarsi in una chiesa che non gli permette di rivelare la propria omosessualità, e che decide a fine stagione di diventare pastore; Jackson (Kedar Williams-Stirling) che trova un nodulo a un testicolo che lo porta a indagare su chi sia suo padre biologico, che ha sempre creduto essere stato un donatore di sperma; Ruby (Mimi Keene) che nella nuova scuola non riesce ad inserirsi come vorrebbe, lei che è sempre stata popolarissima, e aiuta Otis; Aimee (Aimee Lou Wood) che non ha ancora superato le difficoltà psicologiche legate alle molestie subite e che intreccia una tenera relazione con Isaac (George Robinson); Cal (Dua Saleh) che prende testosterone ma è in difficoltà con la sua transizione; Jean che trascura Otis ora che è nata la figlia Joy, si sente sopraffatta anche se non riesce ad ammetterlo, e vede navigare un difficile rapporto con la sorella Joanna (Lisa McGrillis) arrivata da lei su richiesta di Otis che l’ha vista in difficoltà… le storie che si sono intrecciate sono state molte, ma hanno saputo intrattenere e divertire e lasciarci con tanto affetto nei confronti dei personaggi.
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