Dopo una grandiosa prima
stagione, The Bear (Disney+) ha superato sé
stessa con una seconda decisamente entusiasmante. E il caos e il ritmo
frenetico a cui ci aveva abituati hanno fatto posto a un arco più riflessivo,
quieto – lo osservano perfino loro nella diegesi! - di approfondimento dei
singoli personaggi che hanno momenti introspettivi che ci insegnano a
conoscerli meglio. Con il ristorante chiuso per rinnovo locali, la tensione è
stata assicurata in ogni caso settimana dopo settimana, marcata dal conto alla
rovescia all’apertura del nuovo locale. Lo zio Cicero (Oliver Platt) presta
loro il denaro, ma ce la faranno ad aprire in tempo? Devono abbattere muri,
compilare numerose scartoffie burocratiche, combattere l’onnipresente muffa,
superare la prova anti-incendio, scegliere nuovi arredi, studiare un nuovo menù…Con
la season finale si è tornati al ritmo incalzante, con un montaggio serrato giocato
sul leit motiv della stagione: “ogni
secondo conta”: un tour de force ansiogeno, ma appagante.
Il focus è ancora una volta su Carmen "Carmy" Berzatto (Jeremy Allen White) che apre il nuovo ristorante che chiama proprio “The Bear”, nomignolo di famiglia, e comincia in questa stagione una relazione (2.05) con una vecchia compagna delle scuole superiori, Claire (Molly Gordon); sulla giovane talentuosa chef Sydney Adamu (Ayo Edebiri), desiderosa di rendere orgoglioso il padre (Robert Townsend) che ha difficoltà ad accettare la carriera scelta dalla figlia; e su Richard "Richie" Jerimovich (Ebon Moss-Bachrach), manager del locale che con la puntata “Forks” (2.07) riesce a cogliere quello che il cugino vuole creare e cambia la sua prospettiva in modo da massimizzare l’esperienza del cliente. Viene mandato in un ristorante di prestigio, l’Ever, dove per prima cosa lo mettono solo ad asciugare forchette (da cui il titolo della puntata). Si sente umiliato e sminuito inizialmente, ma quando coglie il valore di quello che fanno, anche grazie a una conversazione con la Chef Terry (Olivia Colman come guest star) se ne sente rienergizzato. La sceneggiatura ha reso credibile la trasformazione, e la recitazione è stata superba, come è sempre con questi tre interpreti. Ayo Edebiri mi colpisce in modo particolare, ma tutti e tre sono ai massimi livelli, capaci anche di reggere intensi primissimi piani.
Sono supportati ottimamente anche dai comprimari. L’entusiasmo di Tina Marrero (Liza Colón-Zayas), che durante la chiusura della precedente tavola calda viene inviata a raffinare la propria preparazione alla Culinary Arts School, è perfino commovente. In “Honeydew” (2.04) Marcus Brooks (Lionel Boyce) è a Copenaghen per approfondire le proprie capacità di pasticcere, sotto la guida di Luca (Will Poulter). C’è qui la regia di Ramy Youssef (Ramy) e sapendolo si vede l’impronta di un episodio in cui ci si sofferma anche sul senso ultimo di una professione come la loro, e potremmo dire dell’arte in senso ampio, che valorizza non unicamente la tecnica, ma diventa vitale e creativa anche grazie all’esposizione al mondo, alle persone di cui ci si circonda. Natalie "Sugar" (Abby Elliott), la sorella di Carmy, che si scopre incinta (2.04), fa da buon collante fra i personaggi, in una serie che mostra l’essenzialità di un autentico gioco di squadra in cui per riuscire tutti devo aiutarsi l’un l’altro e, anche se si è una stella, si deve imparare a mettere l’ego da parte. Su questo aspetto spicca l’insegnamento di Carmy (2.02) che mostra come fare il segno “scusa – mi dispiace” in lingua dei segni, come modo di far capire che non si vuole lo scontro nonostante l’apparenza aggressiva dettata dalle frenetiche circostanze: lo usano quando non ci si può prendere il tempo di tener conto dei sentimenti altrui, ma li si riconosce, per poi chiarirsi in un secondo momento di maggiore calma.
Una nota di leggerezza la
regala il tuttofare Neil Fak, amico di infanzia dei Berzatto, interpretato dal
canadese Matty Matheson, uno chef nella vita reale, con apprezzati libri di
cucina al suo attivo. A proposito di libri, alla fine della prima stagione Eater ha compilato una lista
di tutti quelli apparsi. E su
Food & Wine hanno cercato di
capire come hanno ideato il menu di apertura del The Bear decodificando gli
scaffali dei libri di cucina. Io in apertura della nuova stagione ho subito
notato “Culinaria
Spain” che io stessa ho nella mia libreria. Ora, pare evidente che urge un cookbook della serie. Nell’ultima
puntata della seconda stagione hanno detto talmente tante di quelle volte
“focaccia” che non posso non sapere come viene fatta la loro versione.
L’apice della stagione in
ogni caso è stato il flashback a circa cinque anni prima, con la cena natalizia,
quando c’era ancora tutta la famiglia riunita intorno a un tavolo (“Fishes”,
2.06), apoteosi della disfunzionalità, presenti anche la cugina Michelle (Sarah
Paulson) e il fidanzato di lei Stevie (John Mulaney). Lo “zio” Lee (Bob
Odenkirk, Better Call Saul), fidanzato
a intermittenza della madre, ripete “non sei niente” a Mikey (Jon Bernthal), il
fratello di Carmen che sappiamo essersi suicidato anni dopo (alcuni mesi prima
delle vicende che danno il via alla serie), e mamma Donna (una incredibile Jamie
Lee Curtis) alcolista triggerata da un semplice “come stai?” che la figlia
sembra non riuscire a non domandarle, come ogni anno fa un puntiglio del
preparare la per loro tradizionale Festa dei Sette Pesci, che finisce in una
scenata in cui poi schianta la propria auto nella sala da pranzo. La
distruttività dei rapporti messi in scena qui dà spessore e ragione del
presente. La tensione drammatica è incredibile. E a far caso ai nomi delle
guest star, si vede che la serie ha una reputazione di prestige drama: meritata e sostenuta.
In The Bear si parla di ristorazione, e se ne capisce il senso, ma ancora di più si parla di essersi umani con le proprie ispirazioni, aspirazioni, passioni, demoni e punti deboli: ci sono rigore e professionalità, etica del lavoro, passione per quello che si realizza, arte volendo, ma ci sono le cicatrici, fisiche ed emotive, con cui ciascuno deve fare i conti. È un pasto che lascia sazi.