Atroce per quello che
racconta, magnifico per come lo fa, Baby
Reindeer (Netflix), è una storia di stalking e violenza sessuale, tratta
dalla vita reale dell’attore/ideatore Richard Gaddis che dà il volto al
protagonista. Non è una narrazione facile proprio per i temi trattati e la
complessità emotiva con cui riesce ad affrontarli, ma è scritta in modo
impeccabile sia nel suo outline che
nel dialogo ed è recitata in modo altrettanto convincente. Il suo immediato,
inaspettato successo è proprio dovuto al tam tam degli spettatori che ne hanno
riconosciuto l’innegabile qualità. Quello che forse mi ha colpito di più, anche
per la sua rarità, non è solo la tridimensionalità dei personaggi, guardati con
empatia e amore, ma per la capacità di ammettere per sé stessi sentimenti e
comportamenti profondamente conflittuali, con i loro risvolti autolesionisti.
ATTENZIONE SPOILER
Donald “Donny” Dunn
(Richard Gadd) è un aspirante comico che lavora come barista al Heart, un pub
londinese. Un giorno entra nel locale una cliente, Martha Scott (una Jessica
Gunning già in odore di Emmy), che lui vede molto giù di corda, e le offre un
tè. Lei, colpita dal gesto, comincia presentarsi lì continuamente lusingandolo
e cominciandolo a chiamare “baby reindeer”, quindi “baby renna” – e nell’ultima
puntata si spiega il perché di questo nomignolo. Comincia a mandargli centinaia
di mail sgrammaticate al giorno e diventa la sua stalker. Nonostante lui scopra
che lei è stata già condannata per simili comportamenti, accetta anche la sua
amicizia su Facebook e il loro rapporto diventa sempre più complicato. Solo
dopo sei mesi, quando ormai non ce la fa più e teme l’ossessione della donna,
decide di denunciarla alla polizia. Martha, che si presenta con una sonora
risata e una gioia aggressiva, ha chiari problemi psicologici, e Donny teme che
possa mettere a rischio i suoi genitori e Teri (Nava Mau), la donna trans di
professione terapeuta, di cui nel frattempo si è innamorato, la sua isola
felice, che pure viene aggredita da una Martha gelosa, come pure lui stesso che
finisce sanguinante. Nel ripercorrere quello che gli è accaduto, che poi
racconta verbalmente in un crollo emotivo sul palco durante uno spettacolo
(1.06), lo vediamo ricordare la violenza sessuale di cui è stato vittima (leggi
infra), in un attorcigliarsi di
eventi ed emozioni che sono difficili da districare l’uno dall’altro, imbevuti
di odio per sé stesso.
Quello che è coraggioso è
stato mostrare come questo ragazzo, molto sensibile, ha sentimenti che non sono
solo generosi nei confronti di Martha. All’inizio ne prova pena e vuole
aiutarla. È infastidito dalle sue attenzioni eccessive, ma
contemporaneamente ne è attratto. Lei passa ore davanti alla fermata
dell’autobus davanti a casa sua, si intrufola fra il pubblico nei suoi
spettacoli comici, lo lascia perennemente senza tregua, vedendo fra loro una
relazione che non esiste. Donny si vede costretto a cambiare casa. Martha è
“una bomba ad orologeria nella sua vita”. Allo stesso tempo non è solo perché
vede un’anima tormentata e infelice che le dà ascolto anche quando buon senso
suggerirebbe di allontanarsene, ma in un qualche modo né è anche affascinato,
trova conforto nelle attenzioni di lei. Lui si presenta come qualcuno che è
sempre stato convinto che la realizzazione dei suoi sogni lo avrebbero condotto
alla felicità, e constatare come non è facile raggiungerli lo delude. Da lei si
sente visto e apprezzato, nonostante la sgradevolezza dei suoi approcci. Ne
prova fascinazione, tanto da chiedersi, in un momento di allontanamento, se gli
manchi: tutte le scene drammatiche, le attenzioni, la distrazione che lei gli permetteva.
Martha lo vedeva come lui desiderava essere visto. Questa pulsante, tragica ma
umana contraddizione è ammessa senza vergogna ed è il fulcro di ciò che la
serie indaga.
Nel mettere a nudo il suo
stato emotivo che lo ha condotto ad accettare simili attenzioni pur nella loro
evidente pericolosità, di fronte alla domanda del poliziotto che gli domanda
perché ci abbia messo così tanto a sporgere denuncia, ricorda quello che è
accaduto anni prima (nell’ormai celeberrimo episodio 1.04). Era a Edimburgo per
un festival in cui sperava di farsi notare come comico, e lo sceneggiatore di
uno show televisivo di successo, Darrien (Tom Goodman-Hill, Mr Selfridge), che aveva lavorato con
alcuni dei nomi che più lui rispettava nell’ambiente, lo aveva incoraggiato ed avevano
cominciato a trascorrere molto tempo insieme. Poi la svolta: Darrien lo ha iniziato
a droghe pesanti e poi ha abusato sessualmente di lui mentre era privo di
coscienza o semi-svenuto. Insicurezza, rabbia, confusione sulla propria
sessualità, fantasie omicide nei suoi confronti non hanno impedito al nostro protagonista
di tornar da lui ancora e ancora, finché questi di punto in bianco non è
sparito; nel presente “baby-renna” sente il senso di colpa per non averlo
denunciato, quando ora invece si appresta a denunciare Martha.
Ho trovato grandiosa, e
ragionevole, la reazione emotiva del personaggio, anche se c’è chi ha criticato
la rappresentazione di un uomo gay maturo come predatore che fra grooming di un giovane ingenuo, “convertendolo”
all’omosessualità, visto che è in seguito a questi incontri che Donny mette in
dubbio le proprie preferenze, si domanda se ora sia bisessuale o che cosa, ed è
solo in seguito a questi eventi che, dopo molti incontri sessuali toccata e
fuga con chi capitava, scopre la gioia di nuovo con Teri. Io non ci do questa
lettura, nel senso che non credo che il programma voglia alludere al fatto che sia
lo stupro che ha fatto cambiare preferenze sessuali a Donny, ma come ogni
esperienza sconvolgente, gli ha fatto mettere in dubbio e rivalutare quello che
credeva vero per sé stesso. Ho pure trovato importante che mostrassero come
quando sono gli uomini a venire molestati o aggrediti sessualmente, sì dà loro
meno peso di quando non accade a una donna. La polizia non si preoccupa più di
tanto di una donna stalker, finché lui non li costringe a cercare il suo nome
sul web e non si accorgono che in effetti ha numerosissimi precedenti ed è
pericolosa.
Alla fine delle vicende Martha
si dichiara colpevole e viene condannata a 9 mesi di carcere e viene emessa nei
suoi confronti un’ordinanza restrittiva della durata di cinque anni. La gente
sul web ha cercato freneticamente di sapere chi fosse Martha nella vita reale,
con tutti i potenziali rischi della questione, e c’è stata un’intervista valutata
di dubbio valore etico, in cui si è fatta avanti una donna che dice di essere
lei. Ugualmente molti hanno cercato di individuare chi fosse in corrispondente di
Darrien nella vita reale: un’innocente è stato accusato, tanto che l’autore è
dovuto intervenire per scagionare il malcapitato. Risvolti deprimenti.
Ho trovato ancora una volta coraggioso chiudere con quello che è stato un po’ un tema ricorrente della miniserie, per quanto possa lasciare a disagio, ovvero che Donny in fondo vede Martha come sé stesso in uno specchio, con le proprie insicurezze e timore per il futuro. Quando qualcun altro ti vede veramente questo crea connessione, e quello che ha portato il protagonista a flirtare con una situazione così pericolosa senza tranciarla in partenza è stato proprio questo auto-riconoscimento. Nella series finale finisce in un bar e, specularmente a quanto era accaduto fra lui e Martha, lui si trova seduto sullo sgabello a ordinare qualcosa, ma non ha un centesimo con sé. Il barista, che lo ha visto piangere un momento prima e si è accorto del suo stato, gli offre a sue spese la bevanda. Esattamente quello che ha fatto lui con Martha. La corrispondenza è un’illuminazione per lui, una volta di più. Una chiusura impeccabile, come la serie tutta.
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