lunedì 16 settembre 2024

EVIL: la quarta e ultima (?) stagione

Si è da poco chiusa la quarta e ultima stagione di Evil (Paramount+). In un’intervista niente meno che Stephen King si è dichiarato un estimatore: considera la serie divertente, arguta e molto acuta. Attori e ideatori, che sono i coniugi Robert e Michelle King, ma a dispetto del cognome non hanno alcun rapporto con lo scrittore, ne sono rimasti lusingati e su X (l’ex Twitter) lo hanno ringraziato. Lui ha rincarato la dose, dicendo che è un programma brillante, stimolante, e che a tratti incute molta paura. Non posso che trovarmi d’accordo e augurarmi che la pressione che è nata per far continuare la serie, magari su Netflix o su altri servizi di streaming, possa avere successo. Negli USA si è piazzata nella top ten dei programmi più visti, gli autori hanno assicurato di avere storie per almeno altre due stagioni, e gli interpreti sono interessati a continuate a recitare quei ruoli. Katja Herbers in particolare, che interpreta Kristen Bouchard, è stata vocale nel fare campagna in proposito. Incrociamo le dita.  

La premessa è sempre la stessa e sembra quasi l’inizio di una barzelletta: una psicologa (Kristen), un prete (David Acosta, interpretato da Mike Colter), e un esperto di tecnologia (Ben Shakir, a cui dà il volto Aasif Mandvi) indagano situazioni “paranormali” per conto della chiesa cattolica: sono eventi spiegabili dalla scienza oppure c’è altro? Quanti sono orrori psicologici e quanta è possessione demoniaca? Ci si mantiene in bilico, senza essere creduloni, ma dando un margine di dubbio, e oltre alla puntata autoconclusiva procedurale si segue un arco sul “male” che appare mostruoso ma è evidentemente una metafora di mali sociali più o meno riconoscibili. Come non apprezzare quando Sheryl (Christine Lahti), la madre di Kristen, si ritrova finalmente in un ufficio tutto suo, ma il soffitto è bassissimo, è di cristallo e sopra di lei camminano solo uomini? Sister Andrea (Andrea Martin), un'anziana suora che riesce a vederli fisicamente davanti ai propri occhi, insegue schiaccia e distrugge i demoni più diversi.

In passato (ne avevo parlato qui) mi aveva lasciato qualche problematicità morale nel momento in cui ha avuto l’eroina protagonista capace di un omicidio premeditato nel corso nella seconda stagione. La moralità o meno dell’omicidio è però qui un tema ricorrente, con i personaggi dalla parte del bene che pure spesso si interrogano in che misura sia eventualmente lecito ricorrervi: David ad esempio prende in considerazione di eliminare fisicamente Leland Townsend, il sempre viscidamente seducente e inquietante Michael Emerson (Lost), grande cattivo della situazione. Il peso dei compromessi morali è preso seriamente, come è stato osservato. Con un mistero vagamente alla Dan Brown, David Acosta ha cominciato a lavorare per una società segreta, l’Entità, legata alla chiesa cattolica, che sfrutta la sua abilità di avere visioni, e se lui è sempre stato l’uomo di fede, non rimane cieco alla crisi della Chiesa Cattolica, così come spesso si discute del valore e del senso delle religioni organizzate, con più posizioni messe in campo – Kristen è stata cresciuta dalle suore, ma è agnostica, e le fa paura che la figlia maggiore stia valutando di farsi suora, ad esempio.

Ho proprio notato nel corso delle stagioni che mi lasciava una certa inquietudine di fondo, nonostante solitamente in queste cosa nulla mi tanga. E non sono mai mancati ironia e umorismo. Come non sghignazzare quando Leland ha a che fare con l’anticristo che è un bebè frignante che non riesce a dormire ma fa solo cacca e pipì, o quando glielo battezzano per fargli dispetto e impedirgli di usarlo per i propri fini? Le storie sanno essere folli e assurde a momenti, si passa con nonchalance dalla commedia a discussioni molto pregnanti e impegnate, con sostanza. I personaggi sono autenticamente amici e si vogliono bene, ma realisticamente da un punto di vista umano possono non essere d’accordo, e sanno esprimerlo con rispetto reciproco, ammettendo dubbi e paure. Gli interpreti tutti hanno saputo dare molto spessore a coloro che incarnano: David nella sua vocazione che talvolta si interroga se sia sufficiente, ma che sa essere la sua strada; Kristen nel suo ruolo professionale e di madre, con le quattro figlie  - Lynn (Brooklyn Shuck), Lila (Skylar Gray), Lexis (Maddy Crocco) e Laura (Dalya Knapp) – le cui voci si sovrappongono, che hanno sempre regalato una bella energia; Ben nella sua fiducia nella scienza, che nell’ultima stagione sembra essere in crisi.   

Scrive acutamente TV Guide che Evil ha attinto al potere di ciò che è assente, ed è lì che si sono sovrapposti l'orrore, il romanticismo e il desiderio religioso della serie, ed è riuscita ad essere raffinata nei dialoghi ma anche sorprendentemente pregnante nei momenti di silenzio. E aggiunge, facendo riferimento a un video di YouTube che non è reso disponibile nel nostro Paese che “(i) King hanno spesso citato il thriller in bianco e nero di Charles Laughton del 1955, The Night of the Hunter / La notte del cacciatore, come una delle principali influenze dello stile visivo di Evil, che punta al cielo, inquadrando i personaggi sotto uno spazio vuoto. In un dietro le quinte della quarta stagione, il direttore della fotografia Fred Murphy ha spiegato: ‘Abbiamo voluto dare più spazio intorno ai personaggi, per dare spazio al mondo degli angeli sopra ai personaggi’. Gli angeli del male avevano la stessa probabilità di essere tanto visioni di terrore come di meraviglia, e anche ciò che scendeva dall'alto poteva essere pericoloso. (Robert King ha dichiarato a Entertainment Weekly, durante la prima stagione, che la casa di Kristen si trovava sotto un treno, in modo che i personaggi “guardassero in alto in cerca di una minaccia”). Ma era importante che, mentre i demoni dilagavano, il mondo degli angeli fosse definito da ciò che non si vedeva”.

La conclusione c’è stata su più fronti. L’unico aspetto che mi è parso poco soddisfacente è stato quello del marito di Kristen, liquidato in modo affrettato, senza che si venisse davvero a scoprire che i suoi vuoti di memoria erano programmati da Leland, che gli succhiava letteralmente il sangue. La narrativa ha risolto i nodi principali e ha visto la chiesa cattolica chiudere il programma di valutazioni per cui erano stati assunti David, Kristen e Ben, anche se andava forte, e licenziarli. Sono delusi. Avrebbero continuato. Molto meta. Robert King  ha dichiarato in un’intervista a Slate che in parte volevano affrontare la questione della disintegrazione del sistema, della società, ma anche che sono partiti dall’idea che il male (evil in inglese) continua a esistere, indipendentemente dai desideri della Paramount+, rete televisiva che manda in onda le puntate. “Quindi, per definizione, se il male continua a esistere, la storia continua a esistere”. Ci auguriamo davvero possa farlo anche sui nostri teleschermi. 


venerdì 6 settembre 2024

SOMEBODY SOMEWHERE: la seconda stagione

Somebody Somewhere ha saputo regalare una seconda stagione anche migliore della prima.

Il legame di amicizia fra Sam (una luminosa Bridget Everett) e Joel (Jeff Hiller) è stato l’asse emozionale portante. In questa stagione vivono temporaneamente insieme perché Joel ha affittato la sua casa come Airbnb. La loro amicizia è così autentica e profonda che quasi non sembra scritta: condividono i pasti, le passeggiate di 10.000 passi in cui commentano allegramente chi vedono, e raggiungono un “nuovo livello di intimità” quando entrambi hanno un attacco di diarrea sincronizzato (2.02) che fa sbellicare dalle risate. Con sceneggiatori meno abili sarebbe stato qualcosa di volgare e scadente, ma qui lo humor è talmente naturale e giocoso che ha solo il potere di renderci complici di un momento insignificante che in realtà significa tutto. E i due interpreti hanno un’invidiabile intesa sul set.  

Sam nel corso di questo arco si avvicina anche di più alla sorella Tricia (Mary Catherine Garrison), che ha divorziato e la cui figlia è partita per il college, e le due trovano sostegno l’una nell’altra. Affrontano insieme la madre alcolista Mary Jo (Jane Brody) che ha avuto un infarto e si trova in un centro assistito – nessuna delle due vuole vedere lei e in realtà lei pure non vuole vedere nessuna delle due; nascono momenti di imbarazzo. L’interprete del padre, Ed (Mike Hagerty), è mancato prima delle riprese e la sua assenza è stata giustificata dalla storia dicendo che se ne era andato a trovare il fratello lasciando a loro il compito di gestire la fattoria – con una nota di tristezza ripuliscono il granaio, una vita che si chiude. Tricia, tradita, da quella che era la sua migliore amica, si re-inventa, professionalmente come organizzatrice di eventi e con un business di cuscini nato casualmente, con scritte piene di parolacce ispirate in modo divertente dagli insulti rivolti alla sua ex-amica: non solo l’ha tradita, ma dice in giro che ci ha provato con suo marito, cosa vera, ma omettendo di essere stata lei per prima prima a portarsi a letto il suo.

Questi due legami riescono a dare un centro di gravità a Sam, che sente meno la solitudine. Dolori e risate, dolcezza e amarezza si mescolano costantemente per i personaggi e in modo fluido. La puntata finale giustappone bene una volta in più questa doppia anima del programma: ha il triste funerale dell’insegnante di canto di Sam e l’allegro matrimonio di Fred Rococo (Murray Hill), il comune amico che li ha invitati per la cerimonia in cui si è unito alla sua fidanzata Suzie. A Joel era stato chiesto di celebrare la funzione, a Sam di cantare, e i preparativi per la grande giornata punteggiano la stagione. 

Le emozioni di Sam sono sempre in superficie e crude. Ne viene sopraffatta quando riprende le lezioni di canto per prepararsi in vista delle nozze, ne viene schiacciata e rimane ferita quando si sente umiliata tanto da Joel quando da Tricia che le hanno nascosto informazioni estremamente significative nel timore che non fosse in grado di accettarle: lui non le ha rivelato che ha iniziato una relazione con Brad (Tim Bagley), che in passato prendevano in giro insieme, e lei le ha tenuto nascosto e si è fatta sfuggire solo per errore che la loro sorella defunta in realtà si era ammalata a 47 anni, e non a 48 anni come credeva lei. Le sue insicurezze rialzano la testa e la mostrano in tutta la sua vulnerabile umanità.

La grandezza della serie ancora una volta sta nel non avere bisogno di storie pirotecniche o grandi eventi per mostrare quanto dolorose sono le ferite della vita, ma di riuscire a farlo emergere da situazioni minime. Umorismo amaro sgorga dai momenti dolorosi, ma gioia e autentico divertimento si innescano da reale condivisione di momenti di vita. Si sa essere seri e impertinenti e c’è la sensazione che si voglia mostrare la vita per quello che è, bella e brutta insieme, e con il positivo e negativo che non sono nemmeno separabili in molti casi, ma coesistono essenzialmente.

Il programma ha come sottofondo anche il tema della guarigione emozionale, che non è istantanea, ma richiede tempo, e pazienza, necessità che gli autori sanno concedersi. Si scava nel personale, con autenticità, anche con un ritmo ben misurato.

Con gioia ho appreso che la serie è stata rinnovata per una terza stagione. Sarà però l’ultima. Negli USA debutta il prossimo 27 ottobre.