“Segui il mio ragionamento”, come dice sempre Ema (Brenno Placido): Tutti pazzi per amore non si trovava affatto in una situazione facile all’esordio della terza stagione, per la confermata assenza definitiva di grandi beniamini del pubblico e colonne portanti delle vicende. Niente più Neri Marcorè: il suo Michele dopo essere morto nella prima stagione era già stato tenuto nella storia dall’aldilà, ma non poteva continuare all’infinito, e con lui se ne è andata anche Paola Cortellesi, la voce dall’Aldilà; niente più Alessio Boni: dopo la nascita del nipote Michelino il suo tenero e divertentissimo ornitologo Adriano Ventoni se ne era tornato fra i monti; niente più Giuseppe Battiston e Carla Signoris che nei ruoli dei mitici dottor Freiss e della signorina Carla come tuttologo e presentatrice ideali commentavano e spiegavano tutto ciò che accadeva nelle vicende; la prematura scomparsa di Pietro Taricone ha poi chiaramente seppellito ogni possibilità di rivedere Ermanno. Insomma, c’era un bel po’ di cui preoccuparsi, e invece la serie se l’è cavata egregiamente.
La lacuna maggiore è stata probabilmente proprio la dimensione metatestuale – e non “mestruale” come si è sbagliata una volta Maya, corretta da Rosa – che poteva essere rimpiazzata maglio, magari sfruttando la rivista “Tu donna” per cui le protagoniste lavorano. Peccato anche per i numeri musicali, fatti, era lampante, all’insegna della ristrettezza economica. Eccellente il commento sul sunto de “nelle puntate precedenti” e riuscito il rischioso stratagemma di far corrispondere ad ogni puntata una singola giornata, consecutive. C’è stato qualche passo falso di trama – inverosimile la vicenda di Paolo (l’incredibilmente espressivo Emilio Solfrizzi), che erroneamente credeva di dover morire, e sprecata se si pensa che a sfruttare meglio l’idea ne poteva uscire una cosa alla “Non mandarmi i fiori” con Rock Hudson e Doris Day; abusato lo stratagemma più trito delle soap opera di Elisa che ha mentito fingendosi incinta per tenersi l’uomo che amava...
La cornice familiare sono rimasti Paolo e Laura (Antonia Liskova) e i figli con le coppie ormai assodate di Cristina (Nicole Murgia) e Raoul (Gabriele Rossi), con lei che aspetta un bebè e che cerca di mantenersi con i lavoretti più improbabili, ed Emanuele e Viola (Claudia Alfonso), con lui gelosissimo dell’amicizia con l’artista francese Jean Claude (Alan Cappelli) della sua fidanzata. Il cuore umoristico-romantico, sempre dal tempismo comico ineccepibile e davvero perfetta, è stata Monica (Carlotta Natoli) che, con le sue fantasie d’amore dalla notte dei tempi (nella preistoria, nell’antica Roma, nel Risorgimento) per il pediatra Gianpaolo (Ricky Memphis), Gianpollo nel passato, ha fatto ridere e sognare allo stesso tempo, e tenere per lei che per coronare il suo sogno doveva superare l’ostacolo del fatto che lui era il promesso sposo della cugina Elisa (Martina Stella), temporanea assunta al giornale con il vezzo di ripetere tutto tre volte e tutta perfettina perfettina perfettina. La Natoli è riuscita ad avere un’intesa perfetta con tutti i partner che le sono stati affiancati nella varie stagioni, risultando immancabilmente la parte da non perdere. Questa chiaramente non è solo fortuna, ma talento vero.
Prevedibile, ma gradevole, Rosa (Irene Ferri) con il suo amore più giovane e la madre di lui che cerca di mettere loro il bastone fra le ruote; da manuale la variazione su uno stesso tema per Maya (Francesca Inaudi) che per la temporanea assenza di Elio (Corrado Fortuna) deve trattenersi dal far sesso, impresa per lei davvero titanica; attesi nei loro buffi e teneri siparietti tanto le zie Sofia e Filomena (Ariella Reggio e Pia Velsi), quanto il trio Capone (Adriano Pantaleo) – Merloni (Paolo Merloni) – Valentini (Paolo Setta), assistenti al vivaio, dove ha cominciato a lavorare anche un’amica di Laura, Eva (Anita Caprioli) che si invaghisce della madre di Raoul e Viola (Lucrezia Lante Della Rovere). E poi ci sono i piccoli tocchi che rendono la serie un vero spasso, come la svolta emo della piccola Nina (Laura Calgani) che dal fidanzatino riceve in dono un gatto nero che lui la invita a chiamare Angoscia, o in alternativa Agonia o Patema, perché l’animale è parente di Strazio e Persecuzione, o come gli spermatozoi di Paolo, mostrati a fumetti, mentre sonnecchiano beati, mentre si lanciano per la fecondazione, mentre con tanto di cannocchiale aspettano che Laura dica finalmente a Paolo di essere incinta.
L’anello debole per me sono stati Stefania (Marina Rocco) e Giulio (Luca Angeletti) che, impegnati in una guerra domestica che nemmeno Clelia (Piera Degli Esposti) e Mario (Luigi Dilberti) sono riusciti placare, con lei che vuole spendere e spandere al di là delle sue possibilità, e lui che vuole tenersi in ristrettezze senza alcuna concessione al buon gusto, hanno finito in molte occasioni per essere più sgradevoli che esilaranti, nonostante l'atteso lieto fine. La recitazione di lei non mi ha mai conquistata, e se è brava a sufficienza da riuscire a far risultare credibile un viscerale trasporto quasi amoroso per un coperchio per la tazza del cesso che le aggrada esteticamente e vuole a tutti i costi tenersi, non lo è invece abbastanza da riuscire ad elevare materiale sopra le righe così volatile come è quello di Tutti Pazzi Per Amore.
La serie è andata forte in ogni caso: ha la particolarità per cui il confine fra realtà e immaginazione è molto labile e non sempre la prima è più importante della seconda, anzi, quest’ultima è quella che più di ogni cosa sa rivelarci la verità su chi siamo e chi vorremmo essere. Anche in questa stagione è stata una cifra estetica abbracciata con gusto, con forza, con speranza. Il finale con tutti che, in tenuta da spiaggia, cantano “Azzurro” e si allontanano poi in pulmino ha il sapore di una fine definitiva, ma spero non lo sia, perché già aspetto con desiderio una nuova stagione.
La serie è andata forte in ogni caso: ha la particolarità per cui il confine fra realtà e immaginazione è molto labile e non sempre la prima è più importante della seconda, anzi, quest’ultima è quella che più di ogni cosa sa rivelarci la verità su chi siamo e chi vorremmo essere. Anche in questa stagione è stata una cifra estetica abbracciata con gusto, con forza, con speranza. Il finale con tutti che, in tenuta da spiaggia, cantano “Azzurro” e si allontanano poi in pulmino ha il sapore di una fine definitiva, ma spero non lo sia, perché già aspetto con desiderio una nuova stagione.
Sotto, la sigla.
Nessun commento:
Posta un commento