Si
è chiusa anche la terza stagione di Glee,
la serie scolastico-musicale mandata sul satellite in semi-contemporanea con
gli USA. La seconda stagione era stata criticata per avere troppe guest-star e
“omaggi musicali” a scapito della storia, così gli autori, Ryan
Murphy, Brad Falchuk
e Ian Brennan, dopo aver scritto ogni
singolo episodio loro stessi, si sono decisi per questa tranche ad assumere uno
staff di sceneggiatori, inclusa l’apprezzata Marti Noxon (Buffy, Angel). Il
risultato generale è stato pessimo, in una serie che è sempre più inguardabile,
scostante e con storie forzate sui personaggi (un esempio per tutte Quinn
finita sulla sedia a rotelle, in seguito a 3.14).
Non che non ci siano state
cose buone. Da sempre il telefilm ha voluto essere dalla parte dei “perdenti” e
ha dimostrato coraggio nel trattare storie difficili: il tentato suicidio di
Karofsky in seguito al bullismo, la violenza domestica contro l’allenatrice Beiste
(3.18), l’introduzione del personaggio di Unique, le pressioni culturali di “la
F asiatica” (3.03), il gioco di palla avvelenata usato per attaccare i compagni
(3.06)…
I numeri musicali spesso sono spettacolosi, o ci sono autentiche idee geniali (la puntata natalizia - 3.09 - , Tina che
batte la testa e vede tutti con i ruoli “scambiati”- 3.20), peccato che troppo
spesso sembrino più un abbozzo appiccicato lì che non una vera e propria storia,
pagliuzze setacciate da un filone poco d’oro.
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