martedì 28 aprile 2015

MASTERS OF SEX: la seconda stagione


Attenzione spoiler. La seconda stagione di Masters of Sex si è tenuta qualitativamente sullo stesso livello della prima – di cui ho parlato estesamente in Osservatorio TV del 2014. Come avevano promesso gli autori però, si è concentrata su aspetti diversi rispetto alla prima, e in particolare sulla relazione, progressivamente sempre più intima, fra i protagonisti principali, William Masters e Virginia Johnson, esaminata in dettaglio, soprattutto attraverso il loro rapporto lavorativo-personale degli incontri clandestini in un hotel ad Alton. La scrittura qui ha raggiunto livelli davvero impareggiabili, e penso in particolare alla puntata “Fight” (2.03) scritta da Amy Lippman (Party of Five), quasi un bottle episode, in cui i due si rivelano l’un l’altra con sullo sfondo il contrappunto di un tanto scontro di boxe che va in onda sullo schermo della TV nella camera d’albergo in cui si trovano, tanto reale quanto metaforico – il tema della mascolinità nello specifico è eviscerato in modo acuto qui.
Nello stesso episodio il “caso medico” di un bimbo nato con organi sessuali ambigui ha reso la puntata ulteriormente pregnante su un altro livello, tratteggiando con pennellate tanto essenziali quanto efficaci la tematica molto attuale della discriminazione e della necessità di giustizia sociale nei confronti delle persone transgender.  Accanto a questa si è continuato ad approfondire quella già toccata nella prima stagione dell’orientamento sessuale. La terapia di conversione di Barton (Beau Bridges) seguita da un frustrato tentativo di fare l’amore con la moglie Margaret (Uallison janney) – doloroso da guardare per la sua violenta autenticità - e il suo successivo tentato suicidio sventato dalla figlia Vivian (Rose McIver) hanno aperto la stagione e veicolato l’uscita di scena di questi personaggi per altri vincoli contrattuali degli attori: Beau Bridges e Allison Janney sono impegnati sul fronte delle sit-com, e Rose McIver è diventata la protagonista di iZombie. Il testimone della famiglia Scully lo hanno raccolto Betty (Annaleigh Ashford) ed Helen (la comica Sarah Silverman in un ruolo drammatico), in una storia lesbica di forzate menzogne che ha danneggiato tutti.   
Il fondo della serie è rimasto quello che Bill ha bene espresso in una intervista per una stazione televisiva: “L’obiettivo è provocare una conversazione sulla sessualità umana che non sia condotta in sussurri fatti sottovoce. Il vocabolario del sesso (…) dovrebbe essere comune. (…) La censura perpetua la vergogna, che a sua volta favorisce l’ignoranza, e l’ignoranza impedisce il cambiamento, per cui è una traiettoria pericolosa ritirarsi intimiditi dal linguaggio del corpo” (2.11) È perfino sorprendente quanto ancora attuali siano le sue parole. E il come parlarne è emerso proprio rispetto al medium televisivo con Bill inizialmente riluttante,  poi comunque impacciato, a spiegare la propria ricerca attraverso un mezzo che, ancora agli esordi, doveva autocensurarsi molto e utilizzare circonlocuzioni e modalità costrittive e antitetiche all’essenza del messaggio che il ricercatore voleva trasmettere.
Questo arco è stato di fatto diviso in due parti, con uno stacco temporale di alcuni mesi fra la prima e la seconda parte della stagione – la prima fase si è chiusa con la morte per cancro della dottoressa DePaul (Julianne Nicholson): l’intenso rapporto fra lei e Virginia è culminato con decisioni difficili da entrambe le parti (Lillian di non continuare la terapia chemoterapica, Ginny di non chiamare i soccorsi quando l’ha trovata morente) che hanno mostrato quanta forzo e rispetto ci fosse in entrambe. E la seconda parte, con il dottor Masters che all’improvviso si è trovato non solo medico e scienziato, ma uomo incapace di avere un’erezione se non masturbandosi, ha spinto i due ricercatori verso una nuova tappa dei loro studi, quella non solo di osservare e descrivere il sesso da un punto di vista fisiologico, ma di cercare delle soluzioni per coloro che soffrono per disfunzioni di varia natura nel campo della sessualità. L’eterodosso approccio di Virginia alla psicologia ha reso giustizia sia a quest’ultima come disciplina autonoma con forti potenzialità che all’ignoranza dell’epoca sull’argomento.
Diverse altre le storie sono state sotto i riflettori: dal dottor Austin (Teddy Sears) che si è visto costretto a cedere alle avance sessuali del suo capo, Flo (Artemis Pebdani);  alle difficoltà fisico-relazionali di Barbara (Betsy Brandt), nuova segretaria, e Lester (Kevin Christy), documentarista del loro lavoro, poi divenuti pazienti; al fratello di William, Francis (Christina Borle, Smash), e l’alcolismo suo (di Francis) e del padre; fino alla storia di scoperta della realtà nera da parte di Libby (Caitlin Fitgerals), che si immagina dispensatrice di buone maniere e saggezza nei confronti della sua giovane baby sitter Coral (Keke Palmer) e scopre un mondo a colori e si impegna accanto al fratello di lei Robert (Jocko Sims) per la causa dell’uguaglianza razziale, su esempio e guida di Martin Luther King. La sua trasformazione è stata graduale e insieme alla maggiore consapevolezza c’è stata anche una certa disillusione: “Forse questa è la chiave, lasciar andare un qualche ideale per vivere la vita che hai, non la vita che pensavi che avresti avuto, per finalmente accettare ciò che è” (2.12).  
Su tutto però brillano sempre loro: William Masters e Virginia Johnson, e il merito è sì della scrittura, e nella regia – si pensi solo anche al significato e alla potenza dell’immagine Bill inginocchiato davanti a Ginny per praticarle sesso orale in “Giants” (2.05) - ma molto anche degli interpreti, sempre eccellenti,  Michael Sheen e Lizzy Caplan.
Il 12 luglio la serie torna con una terza stagione.

lunedì 20 aprile 2015

THE MESSENGERS: mal realizzata


Avrebbero fatto meglio a mandare in onda le prime due puntate una attaccata all’altra, probabilmente, perché il pilot di The Messengers da solo non svolge la sua funzione: spiegare che cosa vuol essere la serie. Per questo risulta lento e fuori fuoco. L’idea portata sullo schermo da Eoghan O’Donnell poteva anche essere entusiasmante, peccato che sia stata così mal scritta. Quando un uomo scopre che la moglie incinta in realtà l’ha ingravidata il padre e questi, senza il minimo cenno di ironia, gli dice che in fondo che il bambino sia suo figlio o suo fratello non importa perché sarà pur sempre di famiglia, si tocca il fondo con quella che potrebbe facilmente essere una delle peggiori battute dell’anno.

Un meteorite, o qualcosa di relativamente similare, cade sulla terra lasciando un grosso cratere. Coperto di sporco, non visto, ne esce  un uomo, L’Uomo (Diogo Morgado). Si mente alla popolazione su quello che è accaduto, ma i militari si fiondano sul luogo. Al momento dell’impatto si sprigiona un potente onda che investe e fa morire alcune persone che si risvegliano subito dopo. Si tratta di Erin (Sofia Black-D’Elia), mamma dell’Arizona, che vuole proteggere la figlia dal comportamento negativo dell’ex-marito poliziotto; di Vera (Shantel Van Santen), una radio-astronoma del New Mexico, il cui figlio è scomparso anni prima e che, per ritrovarlo, viene presto indirizzata da un’infermiera in coma, Rosa (Anna Diop); di Joshua (Jon Fletcher), tele-evangelista di seconda generazione del Texas, la cui moglie aspetta un bambino; di Peter (Joel Courtney), un ragazzo del Arkansas che vive in una casa-famiglia, è vittima di bullismo da parte dei compagni di scuola e ha un tentato suicidio alle spalle; di Raul (JD Pardo), un agente federale che si trova in Messico sotto copertura. Geograficamente insomma siano sul confine fra Stati Uniti e Messico. Al loro risveglio i protagonisti hanno dei poteri, anche se non se ne rendono ancora conto, e anche a noi non è così chiaro del tutto in che cosa consistano. Se li si guarda attraverso specchi, vetri, lenti si vede che delle enormi ali hanno dietro la schiena e questo significa che in qualche modo sono diventati degli angeli.

In un cliffhanger che nonostante il contenuto della rivelazione risulta fiacco, la puntata si chiude con un voice over di Joshua (per noi, nella diegesi è invece una voce che proviene dal televisore) che lancia un avvertimento: il Diavolo è qui in carne ed ossa, usa contro di noi i nostri segreti e le nostre paure, è tentazione e peccato, è il male incarnato, è il principe delle tenebre. Intanto, c’è un movimento di camera che si avvicina per un primo piano dell’Uomo, a cui gli occhi diventano neri e poi cominciano a fiammeggiare -  è il Lucifero meno carismatico della storia.

Che i protagonisti sono angeli dell’apocalisse e che il loro compito sarà combattere, e si spera sconfiggere, il demonio, non si viene a sapere se non dai flash che annunciano la puntata successiva e dal materiale promozionale. Ecco perché dico che il pilot non ha saputo svolgere il suo compito. La recitazione è passabile, ma non di più, e del resto saranno anche angeli, ma non si possono pretendere miracoli lì dove il materiale non lo consente. The Messengers, che va in onda sulla CW, è il classico esempio di una buona idea andata sprecata perché non la si è saputa realizzare.  

giovedì 16 aprile 2015

PEABODY AWARDS: i vincitori


Sono appena stati annunciati i vincitori dei Peabody Awards. Sotto (in ordine alfabetico) i vincitori e qui maggiori dettagli. Proprio belle le scelte, le condivido.

The Americans
Black Mirror
Fargo
The Honorable Woman
Inside Amy Schumer
Jane the Virgin
The Knick
Last Week Tonight with John Oliver
Rectify
Personal Award: Sir David Attenborough
Institutional Award: Afropop Worldwide

mercoledì 15 aprile 2015

ORPHAN BLACK: un poster nuovo per ogni episodio

 
Orphan Black, che riparte con una terza stagione il prossimo 18 aprile, farà uscire ogni settimana un poster diverso con indizi su quello che avverrà nella puntata successiva.
Sopra vedete il primo, ma potrete via via trovare gli altri cliccando qui.

mercoledì 8 aprile 2015

UPFRONTS 2015 - 2016: USA NETWORK

 
La maggior parte degli upfronts, ovvero delle presentazioni dei nuovi programmi televisivi scelti per la stagione 2015-2016, sarà presentata a maggio. Intanto però abbiamo quelli del USA Network. La programmazione di questa rete, sulla base degli anni passati, non è mai stata di eccellenza, ma allo stesso tempo non è nemmeno mai stata becera. Non si vedranno programmi di questa rete sulle passerelle delle premiazioni, ma spesso ci sono idee solide che vengono realizzate in modo dignitoso e anche apprezzabile (un esempio recente è Satisfaction). I programmi che seguono sulla carta sono sicuramente accattivanti e originali. Cerco di non farmi troppe illusioni aspettandomi una qualità eccelsa (ma sono prontissima a ricredermi), ma voglio sperare che siano comunque buone serie. La fonte delle notizie è in questo caso l’Hollywood Reporter e per notizie più dettagliate le trovate qui.  Per ora non sono disponibili foto. Se/quando lo fossero le aggiungerò a questo stesso post, eventualmente.
Allora, di seguito ci sono le nuove serie presentate (è previsto anche un reality che non indico).
 
PARADISE PICTURES
Siamo a Hollywood, negli anni ’40, nell’età dell’oro della “fabbrica dei sogni”, prima della fine del monopolio degli studios, della lista nera e dell’arrivo della televisione, e un gruppo di persone ambiziose cerca di scalare i vertici dell’ambiente. L’autore è Rick Muirragui (Suits).
 
STARCHITECTS
Scritto da Mark Steilen (Mozart in the Jungle), questo workplace drama serializzato è ambientato del mondo dell’architettura internazionale e del design e segue l’ascesa di giovani architetti di talento in uno studio di Los Angeles dove la competizione è feroce.  
 
AMPED
Un nevrotico uomo di famiglia compra online una “smart pill”, una pillola che lo aiuta a diventare più brillante e focalizzato, ma ottiene più di quello che si aspettava, ottenendo molta forza e potere. Basato su un fumetto di prossima uscita di Eric Kripke (Supernatural), intende esaminare i portentosi alti e gli umilianti bassi dell’essere un supereroe nella vita reale.
 
THE TAP
Siamo all’Università di Yale, nel 1969, e si esplora il culmine delle rivoluzioni politiche e culturali dell’America di quegli altri attraverso uno studente, Jay Butler, reclutato contemporaneamente dalla CIA e dalla Skull and Bones.  La serie è scritta da Andrew Lenchewski (Royal Pains) e Aaron Tracy (Law and Order: SVU).
 
MYTHOS
Dalla penna di Spenser Cohen (Macklemore’s Big Surprise), questa serie è ambientata in un mondo in cui tutto ciò che abbiamo creduto essere un mito in realtà è una verità segreta custodita dai membri di due gruppi rivali che hanno idee opposte su quello che debba essere il destino dell’umanità. Nel mezzo di ritrova Nate Brigman, uomo ordinario catapultato in circostanze straordinarie dalla misteriosa scomparsa della moglie.  Fra i produttori esecutivi c’è Charlize Theron (Monster).
 
AWOL
Un ex-militare torna a casa ma ha difficoltà a reinserirsi e a mantenere la sua famiglia. Disperato, entra in contatto con la criminalità di Los Angeles dove utilizza il suo expertise miliare in modi inaspettati. È scritto da Carey e Shane Van Dyke (Chernobyl Diaries).
 
SWAMPLANDIA!
Sviluppato per la TV da Liz Tigelaar (Life Unexpected), sulla base dell’omonimo best-seller finalista al Pulitzer di Karen Russell, si concentra sulla famiglia Bigtree, proprietaria di una parco a tema in cui si fa wrestling con gli alligatori. Sono stati colpiti di recente da una tragedia e faticano a mantenersi quando alla palude arriva la concorrenza.
 
COOLEY & THE TANK
Pensato come omaggio alla decade che ha portato alla televisione moderna, Cooley & The Tank va dietro le quinte di un telefilm di detective degli anni ’80 e esplora le vite dei due attori protagonisti, fra cui non scorre buon sangue. Autori sono Daniel Arkin e Anton Cropper (Suits).  
 
MILE HIGH
Due migliori amici, un broker di Wall Street e un imprenditore in difficoltà, decidono di avviare una attività di vendita di marijuana in Colorado, dove è legale, ma sebbene gli affari siano lucrativi e in crescita, devono vedersela sia con pericolosi criminali che con le forze dell’ordine. La serie è scritta da Josh Parkinson (Eastbound & Down).
 
THE RECESSIONISTAS
Scritto da Melissa London Hilfers, sulla base di un libro della dirigente di Wall Street Alexandra Lebenthal, questo drama segue le vicende un gruppo di donne dell’elite di Manhattan e dei loro mariti senza scrupoli che lavorano a Wall Street e mostra come devono adattarsi alla nuova situazione subito dopo il tracollo finanziario del 2008. È una limited series.

mercoledì 1 aprile 2015

DOWNTON ABBEY: la quinta stagione

 
È stato da poco annunciato che la prossima stagione di Downton Abbey, la sesta, sarà l’ultima, e va bene così, ritengo, perché ha fatto il suo corso.
La quinta stagione intanto è stata davvero impeccabile, molto misurata e senza quei cedimenti melodrammatici che in passato ne hanno indebolito la vocazione.
Di questa porzione della storia ho particolarmente apprezzato che siano state affrontate due tematiche. La prima è quella della vergogna personale e sociale, con storie come il passato in carcere di Miss Baxton (Raquel Cassidy),  la storia di droga di Thomas (Rob James-Collier) o il figlio fuori dal matrimonio di Edith (Laura Carmichael). La seconda è il nuovo ruolo che le donne cominciano ad avere nella società, e le nuove libertà, con Cora (Elisabeth McGovern) che esce di casa da sola, Daisy (Sophie McShera) che decide di studiare matematica per migliorare se stessa e le proprie possibilità lavorative in futuro, e Mary (Michelle Dockery) che concepisce il sesso come slegato dal matrimonio e rivendica per sé la possibilità di goderselo facendo uso di anticoncezionali.
La puntata finale dello speciale natalizio è stata lussureggiante, in un tripudio di sensi e di equilibrata perfezione, con l’appagamento emotivo di “lieto fine” che la serie tende di regola ad abbracciare, e che qui, con la pacata unione di Carson (Jim Carter) e Mrs Hughes (Phyllis Logan), è stata particolarmente gradita.