È dedicata alla memoria di James Gandolfini The Night
Of,
eccellente limited series della HBO
ideata da Steven Zaillian (Shindler’s
List, che ha firmato la regia di 7 puntate su 8) e Richard Price (The Wire, che ha scritto o comunque
co-scritto insieme al collega tutti gli episodi) sulla base della serie della
BBC Criminal Justice. Il compianto
attore qui doveva avere una parte (un diverso pilot era già stato girato) e
risulta comunque tutt’ora fra i produttori esecutivi.
Un mite giovane studente
universitario americano di origine pakistana, musulmano che vive con i genitori
Salim e Safar (Peyman Moaadi e Joorna Jagannathan) nel Queens, Nasir “Naz” Khan
(Riz Ahmed) una sera decide di prendere in prestito per andare a una festa il
taxi che il padre usa per lavoro. Scambiandolo per un effettivo taxista, sale
sul veicolo una ragazza, Andrea (Sofia Black D’Elia), e dopo aver conversato
finiscono a casa di lei. Su istigazione della ragazza lui consuma delle droghe
e fanno sesso. La mattina dopo lui si sveglia in una stanza diversa dalla
camera da letto, ricordando molto poco. Vi si reca per salutare la giovane, ma
la ritrova riversa sul letto morta, in un bagno di sangue, accoltellata
numerose volte. Preso dal panico, scappa, portandosi dietro l’arma del delitto.
Al suo arresto, quasi fortuito, lo interroga il detective Dennis Box (Bill
Camp), ormai prossimo alla pensione. L’accusa è portata avanti dall’assistente
procuratrice distrettuale Helen (Jeannie Berlin). Si prende a cuore il suo caso
e si offre a difenderlo l’avvocato John Stone - John Turturro, nel ruolo che
doveva appunto essere dell’amico scomparso Gandolfini, che doveva essere inizialmente
sostituito da Robert DeNiro prima che questi vi dovesse rinunciare per altri
impegni (SFGate)
-, un uomo divorziato e solo, un legale
che si occupa di casi minori e che gode di scarsa stima presso i colleghi, e
una persona che ha terribili problemi di dermatite, che colpisce
prevalentemente i piedi, cosa che lo costringe ad andare in giro con i sandali,
a peregrinare fra vari tentativi di soluzione e a frequentare gruppi di
auto-aiuto. A prendere la direzione del suo caso per la difesa sarà poi un’avvocatessa
con poca esperienza, Chandra (Amara Karan), scelta per la sua etnicità. In
carcere Naz accetta presto la protezione di un potente criminale ex-campione di
boxe, Freddy (Michael Kenneth Williams).
Sicuramente una delle
migliori dell’anno, priva di cadute di stile o di tono, The Night Of è una criminal
story con attenzione sì all’aspetto procedurale, ma non come sinonimo di
“formulaico”, come troppo spesso ormai viene inteso quel termine; si avvicina
filosoficamente, come
ha notato il New York Times, al
podcast Serial, a Making a Murderer di Netflix, alle
recenti serie su OJ Simpson. Lenta, tensiva e meticolosa nella costruzione dei
dettagli, è prevalentemente un character study, uno studio su come il
sistema carcerario può trasformare una brava persona in un criminale, su come
gli ingranaggi della giustizia, anche quando tutti o quasi cercano di agire al
meglio delle proprie possibilità, possano portare a risultati men che perfetti,
e su come anche la miglior intenzionata delle persone agli occhi del mondo possa
apparire come un perdente. Non sfugge a nessuno come i tormenti cutanei
dell’avvocato siano una metafora di quello a cui si assiste. Secondini e
carcerati vengono spesso dallo stesso ambiente, ci sono scambi di favori
reciproci. Tutti i coinvolti sono esseri umani – si tiene nel rapporto il fatto
che un poliziotto novellino ha vomitato sulla scena del crimine (1.03), perché
è umano – e ciascuno di loro ha la
propria legittima prospettiva – una conferenza stampa in seguito all’arresto (1.03)
viene proprio vista da diverse prospettive: i carcerati, i familiari, tutti i
coinvolti nel perseguire o difendere l’accusato.
La realtà ritratta dietro
le sbarre è brutale, severa, de-umanizzante. Un ragazzo viene preso a calci da
un atro perché sta male (1.02). I secondini nel loro discorso di apertura
avvisano che se qualcuno oserà alzare le mani su di loro, avranno le ossa
spaccate e saranno mandati in ospedale. È un quotidiano
sopravvivere, fra angherie, violenze e alleanze. A volte aiuta la droga. Ogni
sguardo può fare la differenza. E gli sguardi qui contano, anche fuori dal
carcere, siano quelli di Naz con Chandra, o di Naz con la madre – lui rimane
ferito nel rendersi conto che lei ha dubbi su di lui e sulla sua innocenza. Noi
stessi ne abbiamo. La serie lascia intendere che è innocente, anche perché lui
si crede tale, ma in corso di via c’è sempre un minimo di sospetto che possa
poi di fatto essere anche colpevole, dato che sotto l’effetto di droghe non
ricorda tutto ciò che è avvenuto. In fondo la soluzione è irrilevante. Conta di
più quello che l’evento ha provocato, nella vita di Naz, ma anche di chi lo
circonda. La madre è costretta ad andare a pulire i bagni per racimolare del
denaro. Il padre si trova nei guai con i co-proprietari del taxi che guida per
lavoro, dal momento che il veicolo in questione fa parte delle prove e non può
essere utilizzato. Vorrebbero che denunciasse il suo stesso figlio per furto. “Guarda
che cosa ha fatto a tutti noi” gli dicono. È solo imputato, ma già
solo questo si ripercuote sull’intera comunità, in una società già islamofobica.
Le due vere stelle, sottili
quanto brillanti, sono Ahmed che interpreta Naz, e Turturro nel ruolo di Stone.
Il primo è eccellente, anche attraverso dialoghi molto succinti, a mostrare la
trasformazione da innocente (in tutti i sensi) ragazzo – un “unicorno” lo
definisce Freddy (1.08) – a uomo indurito e disilluso, costretto per
sopravvivere a comportamenti che mai avrebbe messo diversamente in atto e nel
mostrare la crescente consapevolezza di quello che l’ambiente che lo circonda
gli richiede. Il secondo è un uomo sconfitto e solo che sa di essere meglio di
quanto gli altri non credano e che cerca di aiutare il suo prossimo (che siano
i suoi assistiti, la collega o un gatto a cui vuole evitare la morte in quanto
randagio, e di cui cerca di prendersi cura pur essendo allergico). È un
personaggio tenero e tragico, agrodolce, che potrebbe rischiare di risultare
patetico se non fosse per l’interpretazione impeccabile di Turturro, che riesce
a trasmettere nella trasandatezza del suo personaggio tutta la stanchezza per
le ingiustizie quotidiane. Semplicemente spettacoloso. Sostenute puntata dopo
puntata queste interpretazioni realizzano un ricamo sottile e prezioso di
cicatrici di vita.
Il tono è cupo,
totalmente privo di glamour, ma un’ineccepibile illuminazione fa sì che ci sia
molto nitore. Nell’insegnargli a sopravvivere, il grande tema di fondo, Freddy
suggerisce a Naz alcuni titoli di narrativa: L’arte della Guerra di Sun Tsu (anche titolo della puntata 1.04) Il richiamo della foresta di London
(titolo scelto anche per la season finale)
e L’altra faccia di mezzanotte di
Sidney Sheldon. L’attenzione alla narrativa, e a come le vicende vengono
raccontate, si nota in filigrana nella costruzione di accusa e difesa, dove in
una certa misura la verità è irrilevante, viene ribadito al di qua e al di là
delle sbarre, perché non lo aiuta. Conta la storia che si racconta. E la
storia, o meglio le storie in competizione che costituiscono “The Night Of” -
“La notte in questione”, potremmo tradurre, parole che Stone pronuncia nella
sua arringa finale riferendosi ovviamente alla notte che ha portato Naz in
tribunale - sono squisitamente costruite. Una visione trascinante.