mercoledì 25 gennaio 2017

INSECURE: esperienze di una donna afro-americana contemporanea


Ideata da Issa Rae e Larry Wilmore e in parte basata sulla webserie della Rae The Misadventures of Awkward Black Girl, Insecure (della HBO) è una comedy sulle esperienze di una donna afro-americana contemporanea: lavoro, amore, amicizie, vita sociale… Da un lato è fortemente intrisa di cultura e sensibilità nera (nel seguirlo in originale lo si nota anche molto nell’aspetto linguistico, anche da una cosa banalissima come il riferirsi delle donne l’una all’altra come “bitch” o agli uomini come “nigger” –  in un qualunque altro contesto termine diversamente fortemente insultante); dall’altro ha un potenziale di “relazionalità” molto più ampio. Riesce a gestire l’equilibrio fra i due aspetti in modo mirabile.

Issa (Issa Rae) lavora per un’associazione no-profit, la We Got Y’All, che si occupa di aiutare e potenziare le prospettive future per studenti delle medie svantaggiati perché provenienti da quartieri di minoranza etnica. Lei è la sola afro-americana dello staff e per questo la sua opinione viene considerata come di particolare rilievo, allo stesso tempo viene anche percepita un po’ come un’aliena –  in qualche caso viene in mente un parallelismo con black-ish, anche se lì si cerca un più esplicito umorismo. In particolare Issa collabora con Frieda (Lisa Joyce). Nella vita privata, convive con Lawrence (Jay Ellis), a inizio serie disoccupato e a una impasse rispetto  ai propri sogni professionali che non decollano. Il loro rapporto procede ad alti e bassi e non si può negare che lei abbia ancora una certa attrazione per il suo ex-compagno di liceo e college, Daniel (Y’Lan Noel). All’epoca erano cosiddetti “amici con benefici” (amici di letto, come si direbbe in italiano). Issa sfoga le sue frustrazioni componendo canzoni rap amatoriali che solitamente recita di fronte allo specchio – una storyline riguarda proprio la sua canzone “Broken Pussy” (Figa Rotta) - e si confida con le amiche. Fra tutte spicca Molly (Yvonne Orji), avvocatessa di successo, dalla disastrosa vita personale: agogna con tutte le sue forze una relazione stabile, ma non riesce mai a formarne una.

Nelle 8 puntate che compongono la prima stagione, vediamo Issa e Molly sia in contesto lavorativo che personale, e hanno più successo nel primo ambito che nel secondo. Entrambe fanno errori e si comportano anche male. ATTENZIONE SPOILER. Issa tradisce Lawrence andando a letto con Daniel (1.05) e poi, pentita, lo ignora, e quando lui finalmente la affronta, lei lo liquida senza troppe cerimonie con un “Eri un prurito che avevo bisogno di grattare” (1.07). Molly viene umiliata da un amico (1.05) che si fa passare per il  suo fidanzato perché pensa così di “salvarla” dall’imbarazzo di non avere un uomo; in Jared (Langston Kerman) trova un brav’uomo da cui è pure attratta, ma prima lo scarica perché non ha, sulla carta, il grado di istruzione che ritiene adeguato, poi dopo un ripensamento si raffredda nuovamente (1.06) perché, come lei confessa di aver avuto una esperienza lesbica ai tempi dell’università, lui dice di averne avuta una gay e questo la spiazza, e quando poi cerca di tornare con lui lo fa perché ha deciso di “abbassare i suoi standard” e glielo dice in un modo che è  grossolanamente insultante.

Insecure mostra le insicurezze di due donne adulte con una voce molto distintiva. Parla di essere neri in un mondo di bianchi (a Molly, ad esempio, viene chiesto di parlare a una giovane stagista nera su come questa si comporta proprio per via di una “dissonanza culturale” che i colleghi percepiscono), ma si parla fortemente di amicizia, e di sessualità: ci sono scene, basti pensare alla 1.08, in cui gli atti sono molto espliciti, e il ruolo della sessualità è in generale significativo. Si riflette anche sulla sessualità in rapporto alla mascolinità (1.06). Quando le amiche si confrontano sulla confidenza di Jared a Molly sul fatto di aver avuto un’esperienza omoerotica, emerge un doppio standard fra uomini e donne, e  dopo l’appassionata difesa di Issa di non ricadere in stereotipi eteronormativi e di ricordarsi che la sessualità è fluida, la risposta delle amiche è sia di consapevolezza, sia in qualche modo di vaga bonaria derisione del tono accademico dell’amica.

Si sono richiamate alla mente Girls, Girlfriends, Sex and the City, in diverse recensioni, e ce ne sono sicuramente echi in questa commedia che riesce però a staccarsi da eventuali modelli e a risultare fresca, coinvolgente, autentica. Di efficace complemento anche la musica originale di Raphael Saadiq. Consulente musicale è Solange Knowles (che è stata parte delle Destiny’s Child).

La serie è stata rinnovata per una seconda stagione. 

lunedì 16 gennaio 2017

PITCH: baseball e femminismo


È terminata con il futuro della protagonista in bilico così come quello della serie, la prima stagione di Pitch (dell’americana Fox) che ha raccolto buoni consensi di critica – era una delle più attese del 2016 – ma ascolti minori del previsto.

Ginny Baker (Kylie Bunbury) è una giocatrice di baseball che diventa la prima donna a venire assunta come lanciatrice da una squadra della Major League, quella dei Los Padres di San Diego. Fin da piccola il padre (Michael Beach), ora scomparso, intuendone le potenzialità, l’ha allenata duramente – se doveva scegliere fra il ballo scolastico e gli allenamenti, erano sempre questi ultimi ad avere la meglio (1.04). Da adulta a prendersi cura dei suoi interessi professionali è la sua agente, Amelia Slater (Ali Larter), che insieme ad Eliot (Tim Jo), che diventa direttore dei social media, lascia la sua carriera precedente per dedicarsi completamente al nuovo astro nascente dello sport. La posizione di Ginny non è facile, anche perché si ritrova in un ambiente, anche storicamente, completamente maschile. Del fatto che non sia una situazione usuale sono molto consapevoli tutti, in primis il manager generale, Oscar Arguella (Mark Consuelos, All My Children) e il presidente ad interim Charlie Graham (Kevin Connolly, Entourage). Presto Ginny guadagna la stima del capitano della squadra, Mike Lawson (Mark-Paul Gosselaar, noto soprattutto per il suo ruolo di Zack in Saved By the Bell / Bayside School), che è alla fine della carriera, e dell’allenatore Al (Dan Lauria). Fra i colleghi trova un vecchio compagno di quando giocava in squadre minori, Blip Sander (Bo McRae), che, con la moglie Evelyn (Meagan Holder), è per lei un vero amico. Il fratello Will (BJ Britt), che agli inizi seguiva la sua carriera, è più interessato a sfruttare la sua fama che altro, messo alle strette da debiti contratti con persone con pochi scrupoli.

È probabilmente dai tempi di Friday Night Lights che non c’è una serie così fortemente incentrata sullo sport. In questo caso, come in quello, non è necessario conoscerne le regole per apprezzare quello che accade, ma di certo aiuta a comprendere finezze e riferimenti. E come in quel caso la vita personale dei protagonisti è centrale. Qui, essenziale è specificatamente Ginny in quanto donna. La serie è consapevole della politica di genere e delle filosofie femministe, anche con riferimento specifico a dibattiti molto attuali. Il personaggio stesso nella diegesi è cosciente che è come se facesse una dichiarazione per il fatto stesso di esistere. Diventa un simbolo e un modello da emulare per milioni di ragazzine. Come viene vista e trattata proprio in quanto femmina è occasione di ripetuta riflessione. Al deve scusarsi pubblicamente (1.02) per aver fatto delle osservazioni su di lei che la riducono a suo solo aspetto fisico. È una giocatrice, ma allo stesso tempo un brand. Questo le provoca anche momenti di panico: si sente sopraffatta dalla responsabilità che sente addosso.  Essendo la prima, infrange il cosiddetto soffitto di cristallo, e uno spot che prepara su di lei una nota marca di scarpe (1.06) la dipinge proprio come una pioniera che con la sua pallina lanciata verso l’alto spacca un muro di vetro.

La serie è davvero molto attenta alla questione femminista e non solo è quasi emozionante per come trasmette un messaggio di empowering, ma diventa soggetto attivo di un dibattito che intende cambiare la conversazione. In un momento in cui nella realtà americana è molto presente il problema degli stupri nei campus universitari e in cui c’è il riverbero del danno delle parole dell’allora ancora candidato alla presidenza Trump che diceva che le donne basta “afferrarle per la figa” per far fare loro quello che si vuole, dichiarazioni da lui definite come semplici chiacchiere da spogliatoio, e in un’epoca in cui si ragiona sul modello di mascolinità che si vuole proporre, ha una pregnanza non da poco entrare in quel tipo di spogliatoi per sentirne le chiacchiere. Che gli autori del programma facciano dichiarare alla giovane sportiva, in occasione della sua ospitata nella diegesi al live di Jimmy Kimmel, che “una donna non è responsabile del fatto che la assalgano sessualmente perché era nello spogliatoio sbagliato. Questo non solo è sbagliato, è pericoloso. Non dobbiamo assicurarci che ogni ragazza entri nella stanza giusta, dobbiamo assicurarci che ogni ragazzo sappia che è sbagliato stuprare” (1.02). Queste parole hanno se non il senso di una risposta, sicuramente quello di una presa di posizione.

Che per superare atteggiamenti di “due pesi due misure” ci voglia il sostegno e l’impegno di tutti si è ben visto, ad esempio, un una puntata come “San Francisco” (1.07). C’è il rischio che delle foto nude di Ginny vengano rese pubbliche contro la sua volontà. I manager sono preoccupati. Nella discussione su come gestire la situazione, sottolineano ad Amelia che gli uomini non vengono resi oggetto come le donne. “Thanks for mansplaining that to me!” replica lei. “Grazie di spiegarmelo!” tradurrei in italiano in mancanza di soluzioni migliori. In inglese viene utilizzato però il neologismo “mansplaining”, che si usa quando un uomo assume nei confronti di una donna un tono di spiegazione su un argomento che presumibilmente lei conosce meglio di lui.  Si trattava di un selfie e Ginny senza imbarazzo dichiara “It’s my body, it’s my business – È il mio corpo, sono affari miei”, mostrando una forte consapevolezza del proprio potere sul proprio corpo, terreno di battaglie femministe da sempre. Lì dove si vede che è la collaborazione di tutti che porta a demolire double standard sessisti è quando per sostenerla l’intera squadra decide di posare nuda. In generale, si riesce ad evitare di essere didattici perché si mostra la necessità della parità, per una vita sana, per un buon lavoro.

L’infanzia e i suoi risvolti nell’età adulta (con i flashback non solo di Ginny, ma anche di Mike), la lealtà familiare e amicale, il rapporto con i media, il rapporto fra il singolo e il gruppo, l’amicizia uomo-donna ed eventualmente i rapporti sentimentali (con il rapporto fra Ginny e Mike che ha sempre anche un sottotesto di potenziale intesa romantica) sono pure argomenti di molto rilievo. Ideata da Dan Fogelman (This is us, Galavant) e Rick Singer, Pitch è distante dai vertici raggiunti dalla summenzionata Friday Night Lights, ma  nondimeno è un racconto solido.  

lunedì 9 gennaio 2017

GOLDEN GLOBE 2017: i vincitori


Ieri sono state consegnate le statuette per i Golden Globe. Qui avevo indicato le nomination.
I vincitori sono stati:

Miglior drama

The Crown

Miglior attore in un drama

Billy Bob Thornton, Goliath

Miglior attrice in un drama

Claire Foy, The Crown



Miglior comedy o musical

Atlanta

Miglior attore in una comedy o musical

Donald Glover, Atlanta

Miglior attrice un una comedy o musical

Tracee Ellis Ross, black-ish



Miglior miniserie o film-TV

The People vs. OJ Simpson: American Crime Story

Miglior attore in una miniserie o film-TV

Tom Hiddleston, The Night Manager

Miglior attrice in una miniserie o film-TV

Sarah Paulson, The People vs OJ Simpson: American Crime Story


Miglior attore non protagonista in una serie, miniserie o film-TV

Hugh Laurie, The Night Manager

Miglior attrice non protagonista in una serie, miniserie o film-TV

Olivia Colman, The Night Manager




Per i vincitori in campo cinematografico, si veda il New York Times

mercoledì 4 gennaio 2017

THE HALCYON: intrighi d'epoca


Pubblicizzato come l'erede di Downton Abbey e avvicinato a Mr Selfridge, The Halcyon (da non confondersi con il fantascientifico Halcyon) è meglio accostabile al remake del 2010 di Upstairs, Downstairs, pur non essendone all'altezza da un punto di vista narrativo, almeno a giudicare dal pilot.

Siamo a Londra, nel 1940, in periodo di guerra perciò, e l'ambientazione è quella di un albergo a 5 stelle, il Halcyon del titolo. Proprietario della struttura è Lord Hamilton (Alex Jennings, The Crown) che tradisce la moglie, lady Priscilla (una apprezzatissima Olivia Wiliams), con l'ennesima amante, Miss Charity Lambert (Charity Wakefiled), simpatizzante per il nazismo, non è chiaro se per convinzione o per dispetto. Gli Hamilton hanno due figli. Il primo, Freddy (Jamie Blackley), è destinato a una carriera militare nella RAF. Il secondo, il gemello Toby (Edward Bluemel), di soli pochi minuti più giovane, ha un rapporto conflittuale con il padre. A gestire con rigore l'albergo e a mantenere i segreti del nobiluomo è Richard Garland (Steven Mackintosh), vedovo inviso a lady Priscilla e con una figlia che lavora alla reception, Emma (Hermione Corfield). Fra lei e Freddy, amici fin dall'infanzia, c'è il potenziale per un futuro sentimentale. La giovane donna ha un’amica e confidente nella cantante dell'albergo, Betsey Day (Kara Tointon) che ha attirato l’attenzione del musicista nero Sonny Sullivan (Sope Dirisu). Nelle stanze d’albergo sono ospiti in varia misura politici, spie, aristocratici e si discute il futuro dell’Inghilterra. Un giornalista radiofonico americano, Joe O’Hara (Matt Ryan), tiene occhi e orecchie ben aperti.

Spogliata dell’epoca e della lussuosa scenografia, questa serie in 8 puntate per la ITV, ha una premessa più banale che insipida. Il pilot è costruito su due fondamentali colpi di scena, che non rivelo. Uno all’inizio: con una tecnica ormai abusata si parte con il cinquantesimo anniversario dell’hotel per poi tornare indietro ad alcuni mesi prima; il secondo, alla fine, lascia credere che questa creazione di Charlotte Jones, che ha messo immediatamente molta carne al fuoco, possa avere un buon margine di costruzione narrativa sugli assi portanti dell’ostilità fra lady Priscilla e il manager Garland e dell’amore nascente fra i giovani Freddy ed Emma. Non ci sono sottigliezze, ma ampie e vistose pennellate su una tela di intrighi e passioni familiari e sociali.