Amo Sex Education, e penso che abbia confezionato una magnifica seconda stagione, come ho avuto modo di scrivere nel mio post in proposito. Purtroppo però
non sono mancati gli scivoloni. Penso a una storia del quinto episodio (2.05),
scritto da Alice Seabright, piena di errori su tutta la linea. Jean (Gillian
Anderson) tiene a casa sua un seminario rivolto ad un gruppo di donne sui “punti
di piacere all’interno della vagina”.
Punto primo, mi rendo
conto che nell’usare un modellino in plastica delle pudenda femminili (come da immagine che è un fotogramma della puntata), si usa quello che si trova sul mercato, ma nell’indicare
il clitoride, che qui sembrava una specie di chiodino e che per ragioni umoristiche
si commenta non essere estraibile nella realtà, si poteva magari cogliere l’occasione
proprio per ricordare come se ne conosca poco la forma, tanto che molti non lo
sanno riconoscere. Se le scuole francesi dalle elementari alle superiori
possono avere primo clitoride 3D open-source al mondo, anatomicamente corretto,
utilizzato per l'educazione sessuale nelle scuole (si legga qui
sul Guardian in proposito),
sicuramente potrà permetterselo anche la produzione della serie.
Punto secondo, se si
parla di punti di piacere all’interno della vagina, non si può sicuramente
partire dal clitoride, che non fa parte della vagina, ma semmai della vulva.
Ora, anche qui, sono consapevole che nel linguaggio si usi regolarmente ‘vagina’
per intendere ‘vulva’, ma sono altrettanto consapevole che il fatto che farlo regolarmente
non lo rende corretto. Non solo, culturalmente è molto criticata questa
riduzione che è storicamente vista come una visione patriarcale intesa a dare
valore solo al piacere maschile e non a quello femminile (che può esserci anche
senza il coinvolgimento della vagina). Non serve avere chissà quali approfondite
conoscenze femministe o di critica freudiana o chi sa che cosa. Sono le basi,
proprio. E qui proprio non ci sono. Un delitto in una stagione che mi sembra
abbia cercato di dare un peso maggiore alla parte femminile della sessualità.
Punto terzo. Il
personaggio in questione è una sessuologa professionista che trova ragionevole
lasciare il gruppo a cui sta facendo lezione per una litigata a latere con il
compagno che sta installando in cucina delle mensole. Sebbene sia chiaro l’intendo
umoristico, è stato fuori luogo e professionalmente svalutante per il
personaggio. È stato imbarazzante, ma per le ragioni sbagliate.
Punto quarto. Si sta
parlando di piacere femminile e di scoperta dell’anatomia femminile. Quando
Jean rientra dal suo alterco con il compagno e riprende la lezione, subito
prima di staccare su un’altra scena e situazione, invita la compagnia muliebre
a tirare fuori degli specchietti. Uno evidentemente si immagina che, secondo
quanto si faceva già negli anni ’70 se non prima, si guarderanno poi le proprie
parti intime. Tutto bene. Ma allora perché
quando la moglie del preside, che poco prima aveva manifestato la
preoccupazione del fatto di essere molto arrugginita, per così dire, si sente l’esigenza
di dire quasi sottovoce “Venga a
trovarmi dopo, ho una cosa che potrebbe aiutarla”? Quella cosa che poteva
aiutarla, lo vediamo in seguito quando questa lo usa, è un semplicissimo
vibratore. Vuol dire che per tutte le altre che erano lì quell’oggetto non era
contemplato? Ma andiamo! Va bene che per una ragione di costi non poteva magari
regalarne uno a destra a manca, ma in un corso del genere esce una domanda di
questo tipo e lei non coglie la palla al balzo per parlarne a tutte? Ma che
corso è? Di questi tempi è già tanto che non sia una marca
di vibratori a sponsorizzarglielo.
Punto quinto. G. No, così, giusto per
battuta. Almeno quello ci rimane. Non ho altre obiezioni. Le quattro sopra
direi che sono più che sufficienti. E con qualcun altro si poteva anche
soprassedere, con questa serie proprio no. Non sono stati punti di piacere, posso dirlo.
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