Ho proprio pianto alla
fine della prima puntata di And just like
that… (che tradurrei “E in un attimo…”), sequel della iconica Sex & The City. L’ho seguita tutta
in passato, e apprezzata su più livelli, ma non possono dirmi una grande fan
della serie: è sempre stata troppo lontana dalla mia esperienza di vita e dalla
mia realtà per parlarmi sul serio. E se qualcuno mi chiedesse se sono una
Carrie, una Charlotte, una Miranda o una Samantha, risponderei nessuna di loro.
Ho sempre un po’ aderito alla teoria che le protagoniste fossero gli
equivalenti di fantasia di uomini gay metropolitani, una serie di uomini gay
mascherata da serie di donne – chi fosse curioso di questa lettura, proposta da
Mandy Merk, può leggere il suo saggio “Sexuality in the city” all’interno della
raccolta di saggi Reading Sex and the City, a cura di
Kim Akass e Janet McCabe. Se non è mai stata così significativa per me come ho
sentito esserlo per altre donne, percepisco comunque il legame della
familiarità ed ero curiosa di vedere il prosieguo, sans Samantha (Kim Cattrall), che viene nominata sia nel pilot, sia
in seguito: si è trasferita a Londra e ha tagliato i contatti con tutte.
Dopotutto, la serie ha fatto scuola ed è stata una pietra miliare della cultura
televisiva e non solo.
Ho pianto alla fine della
puntata e non rivelerò perché per non fare spoiler, anche se a tre quarti della
puntata era già evidente dove sarebbe andata a parare. Le amiche sono ora
cinquantenni, sono accoppiate con chi le ricordavamo accoppiate e hanno i figli
grandi. Carrie, felicemente sposata con Mr. Big (Chris Noth), partecipa a un
podcast che tratta argomenti sessuali condotto da Che Diaz (Sara Ramirez, Grey’s Anatomy), una comica non binaria.
Miranda (Cynthia Nixon) è tornata a scuola per studiare diritti umani, un corso
tenuto dalla professoressa Nya Wallace (Karen Pittman), ed è ancora sposata con
Steve (David Eigenberg), che per l’età sta diventando sordo. Hanno un figlio
adolescente, Brady (Niall Cunningham, Life
in pieces), a cui permettono di far andare in camera la fidanzata, anche se
la cosa sembra sfuggire loro un po’ di mano. Charlotte e Harry (Evan Handler)
hanno due figlie adolescenti, Lily (Cathy Ang) e Rose (Alexa Swinton). Nel
pilot Lily deve tenere un importante saggio di pianoforte, in cui è una sorta
di prodigio, e Carrie, che si tiene ad essere una buona amica mostrando il suo
supporto, accetta a posticipare la sua partenza per il week-end con il marito
per essere presente. Presenziano anche Stanford (Willie Garson, che ha girato
le scene poco prima della sua recente scomparsa) e Anthony (Mario Cantone),
sempre cari amici delle non-più-giovani-donne.
L’immediata nota
distintiva è proprio quest’ultima: giovani donne non sono più giovani. Sono donne
mature sui cinquanta e sono consapevoli, in modo diverso, di esserlo. Bene: si
parla troppo poco di questo. E non lo dico solo da persona che ricade nella loro stessa
fascia d’età. È essenziale moltiplicare le prospettive e una diversità di età
è davvero una prospettiva significativa, per quanto trascurata. Men of a Certain Age ci aveva
provato con gli uomini ed era stata cancellata troppo presto. Dovrebbe esserci
in generale molto di più. E se una serie come Hacks mette in contatto due generazioni diverse attraverso due
donne diverse, qui sono le stesse donne in momenti della vita altri. Assistere
a come la vita le ha cambiate è potenzialmente rivoluzionario – chi mai lo ha
fatto fuori dalle soap e la serie di film documentaristici Up? È una rarità. Il fulcro non
è più il sesso e le conversazioni su di esso. E si è aumentato il quoziente di
diversità, aspetto sui cui la serie di partenza era sempre stata criticata, anche
con un’amica nera di Charlotte, Lisa (Nicole Ari Parker).
Questa creazione di Darren
Star ha fatto una mossa audace, con il twist narrativo che mi ha fatto
piangere, ma forse anche di più per una scelta che non mi aspettavo: ha deciso
di rendere le proprie eroine out-of-touch,
un po’ – oso dirlo? - attempate. Non vecchie, ma nemmeno in contatto con lo Zeitgeist. Se prima erano cool e sulla
cresta dell’onda, rampanti, ora hanno perso consapevolezza di quello che è
innovativo e all’avanguardia, faticano a stare al passo coi tempi. Solo in campo di moda d'abbigliamento sembrano essere rimaste aggiornate: sempre elegantissime. A Carrie nel
podcast viene chiesto se si è mai masturbata in pubblico. È in imbarazzo a rispondere
e zigzaga per evitare di farlo sul serio. Lei è abituata alla carta stampata.
Essere così verbalmente esplicita la mette a disagio: lei che ha sempre
trattato questi temi? Non è sembrato troppo plausibile, a dire il vero. E
davvero vogliono farci credere che non sapeva se Mr Big si masturbava? Andiamo,
la sospensione dell’incredulità ha i suoi limiti. Miranda fa una figuraccia la
prima volta a lezione, con insegnanti e compagni, inanellando una serie di
commenti infelici - razzismo, binarietà e privilegio bianco incapsulati in
poche frasi che solevano gli sguardi inorriditi dei compagni. Charlotte insiste
con la figlia Rose perché indossi un abito tutto fiori che lei non è
evidentemente a suo agio nell’indossare. Rispetto ai dibattiti odierni,
sono rimaste indietro. E quello sì è un confronto che è importante fare.
Applaudo il coraggio di And Just Like That
di intraprenderla. Forse sapranno proprio essere rilevanti nella conversazione
extradiegetica perché hanno il coraggio di essere uncool in quella diegetica. Hanno ancora molto da imparare, e forse
noi con loro.
Poi in definitiva, uno degli aspetti più pregnanti di quella che a questo punto diventata a tutti gli effetti un dramedy (anche nella durata degli episodi) era l’amicizia fra queste “donne archetipo”. E quella sembra rimasta. Non pare che sia un programma travolgente che non si deve assolutamente perdere, non è grande televisione, ma dalle prime due puntate assaggiate fa credere di avere ancora qualcosa da dire.
Nessun commento:
Posta un commento