Con una narrazione veloce
e una mitologia estremamente densa e delineata, Vampire Academy (su Peacock),
tratta dagli omonimi libri YA di libri di Richelle Mead (6 volumi pubblicati in
Italia da Rizzoli), è una godibilissima, trascinante serie
adolescenzial-vampiresca, portata sullo schermo dall’esperienza di Julie Plec
(fra gli altri The Vampire Diaries, The Originals, Legacies) e Marguerite MacIntyre. È un po’ The Vampire Diaries (ovviamente, viste le autrici appena citate),
ma anche Buffy, True Blood, Bridgerton, Harry
Potter, the Hunger Games e perfino The
Handmaid’s Tale, come sarà facile intuire già dal paragrafo
successivo. In più c’è un forte legame
con alcune figure tradizionali folkloristiche di questo genere di racconti.
Siamo in un mondo in cui i
vampiri vivono separati dagli esseri umani, in un regno chiamato Dominion, dove
sopravvivono grazie al sangue di donatori che ne hanno in cambio effetti
simil-droga. Sono i Moroi, e fra loro ci sono alcuni che sono di sangue reale,
divisi in casate. I giovani entrano in società con un rituale di passaggio in
cui dichiarano il proprio elemento di appartenenza: acqua, fuoco, terra o aria.
Presto si scopre che non per tutti è però così: alcuni non si "specializzano" perché c'è un "quinto" elemento, lo Spirito. A difenderli e proteggerli ci
sono i Dhampir (o Dhampyr, secondo uno spelling alternativo), una sorta di
casta inferiore, incroci fra vampiri e umani. Le donne che non vengono
addestrate come guardie del corpo sono confinate in comuni e destinate alla
procreazione con i vampiri che decidono di averle come compagne di sesso. I
Moroi vengono minacciati, e per quello hanno bisogno di protezione, dagli
Strigoi, i cattivi della situazione, una sorta di ferali vampiri-zombie molto
veloci e aggressivi. Moroi, Dhampir e Strigoi non sono invenzioni dei libri o
della serie, ma sono appunto legati ad antiche leggende e mitologie dei Balcani
e rumene. E questa tripartizione viene spiegata subito e ripetuta all’inizio
delle nuove puntate, quindi si entra subito nel vivo.
Le due protagoniste
principali della serie sono Vasilissa “Lissa” Dragomir (Daniela Nieves), una
principessa moroi, e la sua guardiana ancora in formazione Rosemarie “Rose”
Hathaway (Sisi Stringer), una dhampyr che frequenta la St Vladimir’s Academy,
una scuola estremamente rigorosa. Le due sono come sorelle, ma si scopre in
corso di via che fra loro c’è un legame molto diverso e più forte (a scanso di
equivoci, non è di natura sessuale). Rose presto si innamora di Dimitri (Kieron
Moore), suo superiore, anche se a lei è interessato il suo compagno di
Accademia, Mason (Andrew Liner), mentre il cuore di Lissa batte per Christian
(André Dae Kim), osteggiato perché i suoi genitori sono diventati strigoi. Dal momento
che Lissa ha perso i genitori, suo tutore è lo zio Viktor Dashkov (J. August
Richard, Angel), membro del coniglio reale e consulente della regina, malato,
sposato con Robert e padre di Sonya (Jonetta Kaiser) e dell’adottata Mia (Mia
McKenna-Bruce), che diversamente dal padre non sono però reali. Sonya è la
ragazza di Mikhail (Max Parker), Mia è quella di Meredith (Rhian Blundell), una
delle più brave studentesse dell’Accademia di St Vladimir, e compagna di corso
di Rose. La regina (Pik-Sen Lim) deve annunciare chi la succederà sul trono.
Victor si vede forzato ad ambire alla carica per ostacolare le ambizioni
politiche di Tatiana Vogel (Anita-Joy Uwajeh), estremista che rischia di
portare il regno indietro di secoli.
Con un cast multiculturale – quando mai prima si è vista una protagonista attratta da un ragazzo dai tratti orientali, tanto per dirne una? –, e un’ambientazione opulenta con scenografie che ti trasportano subito in modo convincente in una realtà alternativa, Vampire Academy tratta temi come l’amicizia, l’amore, il potere, il dovere, il lutto, i rapporti genitori-figli, le differenze sociali, i rapporti stato-chiesa, la dialettica tradizione-progresso…lo fa con dinamismo. Le redini sulla mitologia, il gergo e i rituali sociali sono da esperte e, anche se se ne sente la sovrabbondanza, non ci si sente persi, ma si riesce a seguire tutto con agio. C’è poco spazio per l’approfondimento però, lì dove si è presi dal vortice degli eventi. È un melodramma sovrannaturale che non teme di essere anche cheesy, mescolato a un pizzico di intrigo politico, recitato con sufficiente dignità, pieno di colpi di scena e coppie per cui schippare. Non sarà alta televisione, ma è facile immergervisi: avvincente.