È una piccola serie
australiana sia divertente che romantica Colin
from accounts (potremmo tradurlo Colin
della contabilità, BBC2, Paramount+ negli USA, ma per ora non disponibile in
Italia, da quanto mi risulta), che ha vinto il TV Logie Award (annuale premio
televisivo per quel continente), così come i due attori principali. Protagonisti sono Ashley e Gordon,
interpretati rispettivamente da Harriet Dyer e Patrick Brammall, che sono anche
ideatori e sceneggiatori della serie, e sposati fra loro nella vita reale.
Siamo a Sydney. Ashley,
studentessa tirocinante in medicina, come “ringraziamento” per averle fatto attraversare la strada, mostra per un istante una tetta a Gordon che sta guidando e,
distratto da quel flash, investe un cane ferendolo. Si sentono entrambi
responsabili, e dal momento che l’animale non sembra avere un umano di
riferimento, decidono di portarlo loro dalla veterinaria, la ex di lui (Annie
Maynard), di dividere le spese (ben 12.000 dollari, più ruote per le zampe
posteriori) e alla fine anche di prendersene cura. Lei viene sbattuta fuori di
casa perché dove affitta non è possibile tenere animali e finisce per essere
accolta temporaneamente da Gordon, che ha un’attività in proprio: una birreria
che è microbirrificio, l’Echo Park. Con lui lavorano Chiara (Genevieve Hegney) e
Brett (Michael Logo), che sono affascinati, ma anche preoccupati da quello che
è successo. Ashley e Gordon sono single – lei ha da poco rotto con James (Tai
Hara), che vede comunque al lavoro - e fra i due nasce un’attrazione, sebbene
lui sia più vecchio di lei, e la migliore amica di lei, Megan (Emma Harvie) ritenga
che farebbe meglio a concentrarsi sugli studi. Il cane, un delizioso Border
Terrier che vorrei usassero di più, è quello che alla fine li riporta sempre l’uno
all’altra, e fa un po’ da collante. È lui il “Colin from
accounts” del titolo, perché è così che scherzosamente decidono di chiamarlo.
La parte romantica
funziona perché i personaggi si conoscono gradualmente e si capisce che cosa li
attrae l’uno dell’altra, non è una storia d’amore istantanea, ma costruita e di
progressiva rivelazione reciproca, e si crea un bellissimo rapporto di complicità.
Bisticciano magari, ma con affetto. Nasce in primis un’amicizia, e poi ci si
interroga se possa diventare amore. E in un mondo in cui è facile finire a
letto al primo appuntamento l’ostacolo al consumo fisico del rapporto – il
classico lo-faranno o non-lo-faranno che è un tropo delle rom-com– è stato
creato in modo realistico. Gordon esce da poco da un tumore e deve fare una
uretroscopia in “Toyota Cressida” (1.03), per cui è richiesto del medico che
non abbia rapporti, ma lei non lo sa, ad esempio.
La parte umoristica è
credibile anche nelle situazioni apparentemente già battute da altri o
imbarazzanti – lui le manda per errore una foto in cui gli si vede l’organo
sessuale e non sembra assurdo quel “per errore”, ma ha tutto il senso del mondo
e se finiscono a parlarne sul letto di morte di qualcuno in una delle puntate
più esilaranti, poco male (1.03); lei gli fa per errore pipì in un cassetto?
Riescono a gestirla considerevolmente bene (1.02). Non si è al di sopra di
creare umorismo scatologico: lui, visto il nome che si ritrova, si fa
simpaticamente chiamare Flash, ma il suo cognome si scopre essere Crapp (“crap”
è “merda” in inglese); lei capita che debba evacuare a casa di lui, che ha da
poco conosciuto, ed ecco che non funziona lo sciacquone.
Si costruiscono dei
personaggi sfaccettati, tridimensionali, che a mano a mano che le puntate
procedono si approfondiscono, e si va oltre la facile battuta da sit-com, un
po’ sul principio di Catastrophe. Delle 8 puntate, è poco
riuscita “Bandit” (1.07), in cui gli amici di lei si riuniscono all’Echo Park
in occasione della festa per il suo trentesimo compleanno e vanno fuori
controllo, ma al contrario nella precedente “The Good Room” (1.06) si riesce a scavare
nella psicologia dei personaggi e a rivelarli in occasione di una cena a cui la
madre di lei Lynelle (Helen Thomson) li invita. Oltre a situazioni vagamente,
deliziosamente, umoristicamente creepy, garantite anche dal compagno della madre,
Lee (Darren Gilshenan), emergono delle dinamiche conflittuali e dolorose a cui Gordon
reagisce in modo impeccabile e che cementano l’intimità emotiva fa i due
protagonisti in modo notevole anche per una serie drammatica: proprio eccellenti.
Con genuino interesse
umano, trama imprevedibile, scambi di dialogo arguti, attori con una buona
capacità di rendere le battute frizzanti e dinamiche, situazioni dolci ma non
sdolcinate, Colin from accounts
riesce a confezionare un piccolo gioiellino che è già stato rinnovato per una
seconda stagione.
La serie, che ha una sigla che è un montaggio di homevideo con cani, è prodotta da Easy Tiger Productions and CBS Studios per Foxtel. Mi ha sorpreso che ogni puntata esordisse con una dichiarazione che dice: “Il Gruppo Foxtel riconosce i Proprietari e Custodi Tradizionali della terra su cui questo programma è stato prodotto. Rendiamo omaggio a tutte le persone delle Prime Nazioni e ringraziamo gli Anziani passati e presenti”. Immagino si possano scrivere pagine anche solo su questa dichiarazione. Affascinante.
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