Mi rammarico che la BBC1
abbia deciso di non rinnovare per una terza stagione Upstairs Downstairs, continuazione dello storico successo andato in
onda per cinque stagioni fra il 1971 e il 1975 sulla ITV in Inghilterra. Il
titolo fa riferimento al fatto che le vicende riguardano tanto le persone
“upstairs”, quelle che abitano di sopra, i “signori”, quando quelli che abitano
“downstairs”, al piano inferiore, la servitù cioè.
Ideata da Heidi Thomas (Call the Midwife), è ambientata nel
1936, poco dopo la morte di Giorgio V, a sei anni dalla conclusione della serie
originaria. Ora Rose Buck (interpretata ora come allora da Jean Marsh) diventa
la governante della casa di 165 Eaton Place, storica residenza dove vanno a
vivere un diplomatico e sua moglie, Sir Hallam Holland (Ed Stoppard) e Lady
Agnes Holland (Keeley Hawes). Con loro si stabilisce anche la madre di lui,
Lady Maud Holland (Eileen Atkins). E parte integrante delle vicende è la
sorella di lei, Lady Persephone Towyn (Claire Foy), simpatizzante nazista.
In tempi più recenti si
è sempre fatto un paragone con Downton
Abbey, ma quest’ultima è più corale e melodrammatica, mentre Upstairs Downstairs è più urbana e
politica.
La prima stagione, di
soli tre episodi, è un po’ frettolosa, per me. Si sarebbe avantaggiata di un
respiro maggiore, e avrebbe potuto spiegare passaggi narrativi che in realtà
sono piovuti dal cielo: un esempio è l’autista Harry Spago (Neil Jackson, Make it or break it), che ha una
relazione con Lady Persephone. Inizialmente segue anche lui la politica e
rimane affascinato dal nazismo, ma poi gli si fa dire che semplicemente ha
cambiato idea, senza spiegare che cosa abbia motivato questo sua svolta.
La seconda stagione
invece fa prendere quota a una serie che si chiude con l’inizio della seconda
guerra mondiale e fa un eccellente uso del fondale storico delle vicende.
L’attrice Jean Marsh, in seguito ad un infarto, ha dovuto lasciare la serie, e
la sua assenza è stata giustificata mettendo il suo personaggio, fa solo un
paio di brevi comparse, in sanatorio per via della tubercolosi. L’attrice
Eileen Atkins invece, scontenta della direzione che avrebbe preso il suo
personaggio, ha deciso di lasciare volontariamente il ruolo, e Lady Maud
semplicemente è morta nel passaggio fra le due stagioni. Al suo posto entra in
scena la sorella, un’archeologa, la dottoressa Blanche Mottershead (Alex
Kingston) che finisce per collaborare con l’ex-segretario personale della
sorella, Amanjit Singh (Art Malik), un indiano.
Molti sono i temi
toccati da questa seconda stagione, e vengono anche mostrate realtà meno note
di quegli anni: la guerra imminente e i rapporti diplomatici fra i Paesi, con Hallam
e con il duca di Kent (Blake Ritson), ma anche con la fugace apparizione dei
Kennedy, ospiti della famiglia Holland per una cena; il nazismo e lo spionaggio politico (con Lady
Persy); il salvataggio dei bambini ebrei
adottati da famiglie inglesi, un’attività curata da Blache e Amanjit; il ruolo
delle colonie, che si inferisce dai discorsi e dalla posizione di Amanjit; i rapporti omosessuali, con la storia lesbica
di Blanche; l’aborto, allora illegale (con Lady Persy); la povertà delle
famiglie dell’epoca con la cuoca Clarice (Anne Reid) che decide temporaneamente
di andare in pensione e di trasferirsi dal figlio; l’obiezione di coscienza, con
il maggiordomo Pritchard (Adrian
Scarborough) che vive in modo doloroso il giudizio degli altri per questa sua
presa di posizione in questi senso in passato; l’emigrazione verso gli Stati
Uniti , che l’autista e la cameriera Beryl Ballard (Laura Haddock) meditano di fare; lo sport, con il pugilato, nella storia di Spago che aiuta
Johnny Proude (Nico Mirallegro) negli allenamenti, e con la nascita delle prime
palestre dove donne di vari ceti sociali si esercitavano gomito a gomito, con
Agnes che quasi costringe la servitù a parteciparvi; le organizzazioni sindacali
a favore dei diritti dei lavoratori (in cui viene coinvolta Beryl)… temi forti
trattati con umanità e leggerezza e in modo sia toccante che avvincente,
all’insegna di una filosofia di fondo che possiamo trarre dalle note
biografiche che Lady Maud dettava al suo segretario: il domestico è politico.
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