domenica 16 agosto 2020

THE UNICORN: ricominciare dopo un lutto


Rinnovata per una seconda stagione, The Unicorn ha come protagonista Wade (Walton Goggins, The Shield, Justified), vedovo e ora padre single di due ragazzine adolescenti, Grace (Ruby Jay) e Natalie (Makenzie Moss), che cerca di capire come andare avanti dopo la morte della moglie. È quello che il suo gruppo di amici definisce un “unicorno” (da cui il titolo), ovvero una brava persona, senza grilli per la testa,  devota alla famiglia e con un buon lavoro – è un architetto paesaggista – che è in cerca di una nuova relazione e non ha paura di impegnarsi: una creatura elusiva che tutte le donne cercano, una rarità insomma. Un DILF (la versione maschile di MILF), come ha scherzato qualcuno. E i suoi tentativi di avviare una nuova relazione, sebbene con riluttanza, e il suo ruolo genitoriale ora che è sua sola responsabilità sono il fulcro di questa commedia scaldacuore dove il grande motore che fa sì che la vita continui è l’amicizia. Wade può infatti contare sul supporto, e le spinte, di Forrest (Rob Corrdry, The Daily Show with Jon Stewart) e Delia (Michaela Watkins, Casual), lui specialista in risorse umane, lei pediatra, e di Ben (Omar Benson Miller) e Michelle (Maya Lynne Robinson), genitori oberati di quattro figli.

La serie di ritrova necessariamente ad affrontare il tema della perdita. In 1.03 il protagonista viene spinto dagli amici a rivolgersi a un gruppo di aiuto-aiuto di persone che hanno perso il  proprio partner di vita, come modo di affrontare la propria rabbia. Il primo impatto non è dei migliori, perché le vedove son tutte donne, parlano molto di sesso e sebbene lui non sia puritano, si sente fuori luogo. Ci riprova però e riesce a trovare una connessione proprio sul tema della rabbia, trova la legittimazione a provarne – ha diritto di essere arrabbiato di quello che gli è successo -  e a sfogarla in modo produttivo. La figlia minore a sua volta trova il modo di manifestare la propria rabbia per le cose che stanno cambiano e per il modo in cui lei si sente lasciata in disparte.

In realtà però non è tanto il lutto a farla da padrone. Altrimenti, come After Life, ben ha dimostrato recentemente, uscire con qualcuno che ha appena subito la perdita di una persona tanto amata tanto facile non è. Qui è trascorso più di un anno dal funerale e sono le piccole grandi quotidianità delle vita ordinaria a dominare la scena, in particolare la difficoltà a trovare una persona con cui si possa davvero andare d’accordo al punto da condividere la vita su base stabile, con la prospettiva di una persona ormai matura. La forza del programma è quella di trattare con una certa intelligenza la propria premessa: anche nel mostrare l’inesperienza del protagonista  in certi aspetti dell’educazione delle proprie figlie, ma di non lo fanno apparire un’inetto ai fini di strappare una facile risata.

Nulla di quanto accade sulle schermo è in realtà particolarmente divertente. Si sorride, ma non ci sono grandi risate, ma c’è un tono fine e gentile che la rende amabile. E in finale di stagione (1.18), in cimitero, grazie a una puzzola, si mette in campo quello che con ogni probabilità potrà essere l’interesse sentimentale (Natalie Zea) del protagonista nel prosieguo delle vicende.

Ideata da Bill Martin, Mike Schiff e Grady Cooper, questa sit-com non rivoluziona certo il genere, ma rinverdisce il classico “una famiglia di amici” con un cast davvero di prim’ordine.  

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