Penso che Our Flag means death (HBO Max, per ora inedita in Italia) sia una di quelle
serie che diventano progressivamente più divertenti a mano a mano che le si
riguardano, perché l’umorismo viene da piccoli dettagli gustosi che prendono
forza dalla ripetizione. Mi ha convinto solo mediamente in realtà, nonostante già
solo vedere il cast mi metta di buon umore.
Molto vagamente ispirato a
una storia vera, secondo cui un ricco signorotto inglese del Settecento avrebbe
abbandonato la propria vita e famiglia per diventare un pirata, la serie ideata
da David Jenkins (People of Earth),
si concentra su Stede Bonnet (vero nome del personaggio storico peraltro),
interpretato da Rhys Darby. Conosciuto come il “pirata gentiluomo” – “più
gentiluomo che pirata" (1.02) - è il capitano della Revenge (Vendetta). Ha modi
gentili e educati, ci tiene alle buone maniere e alle letture, e incoraggia il
proprio equipaggio, bizzarramente assortito, a parlare dei propri sentimenti e
a risolvere i problemi comunicando. Da parte loro lo vorrebbero più tosto e
aggressivo, e sono entusiasti quando incontrano il famoso Blackbeard (Taika
Waititi), Barbanera, leggendario corsaro marino il cui vero nome è Edward “Ed” Teach,
stufo però della propria reputazione e della propria vita. Bonnet e Barbanera
si innamorano, e la piega che prendono le vicende non piace al braccio destro
di quest’ultimo, Izzy Hand (Robert Con O’Neill, Cucumber). Nelle loro peripezie incrociano anche il capitano Nigel
Badminton (Rory Kinnear, Penny Dreadful),
della marina inglese, che da bambino tormentava Stede e ora non è da meno.
La colorita ciurma,
competente ma non troppo, comprende: Lucius (Nathan Foad) che registra
fedelmente in un diario di bordo le avventure e disavventure del comandante e
di tutti loro; Buttons (Ewen Bremner), che è in grado di parlare con i gabbiani
e ha un legame particolare con uno specifico, Karl; Black Pete (Matthew Maher),
che più di tutti vorrebbe comportamenti più aggressivi; Frenchie (Joel Fry),
che ama cantare le avventure dell’equipaggio; Oluwande (Samson Kayo), il più
affidabile; Jim (Vico Ortiz), in realtà Bonifacia, che ha una taglia sulla
propria testa, grande amico di Oluwande; Wee John Feeney (Kristian Nairn),
ossessionato dal fuoco; lo Svedese (Nat Faxon), spesso ignaro di ciò che sta
accadendo; Roach (Samba Schutte), il cuoco ma all’occorrenza anche medico
perché “un coltello è un coltello e la carne è carne”; Fang (David Fane) e Ivan
(Guz Khan) che erano membri dell’equipaggio di Barbanera. Per la gran parte
sono appena abbozzati, poco più di una caratteristica, anche per questo la
serie cresce quando impariamo a conoscerli meglio.
L’umorismo nasce in primo
luogo dall’aspetto fisico di tutti i protagonisti, per come sono vestiti e
truccati e per il loro modo di parlare, poi dalla critica indiretta al machismo
e alla mascolinità tossica, attraverso la gentilezza di Stede in contrasto con
la vita rude e crudele che ci si aspetta dai pirati – l’equipaggio che gli
suggerisce tutti possibili modi di torturare i prigionieri non può non far
ridere davanti a lui che è un animo pacifico, lo stesso dicasi quando si vede
che si rivolge ai propri uomini per parlare dell’allontanamento fra lui e Barbanera
come dei genitori parlerebbero a dei bambini del proprio divorzio. L’entusiasmo
che Stede ci mette - ad esempio prende appunti su come diventare un buon pirata
(1.05) – e le situazioni chiaramente assurde garantiscono un umorismo lieve e
garbato. E ci sono riflessioni su quello che desideriamo per noi stessi dalla
vita, su che cosa ci rende felici, su che cosa sia l’amore.
La serie è stata lodata, e
mi accodo al coro, per la rappresentazione dei personaggi LGBTQ+ molto naturale,
senza queerbaiting, innanzitutto, nel
senso che le scene di amore omosessuali che vengono messe in scena non sono
solo un’esca perché il pubblico che si riconosce in quelle identità continui a
guardare, ma sono svolte con naturalezza, in secondo luogo si rinuncia ai classici
tropi, non ci sono coming out eclatanti o contrasti legati alla sessualità dei
personaggi perché per fortuna non ce n’è bisogno. In questo senso, semplicemente
si è.
Bucanieri con un sorriso sincero e in fondo tanta dolcezza. La serie è stata confermata per una seconda stagione.