Prometteva bene e ha mantenuto la promessa: Smash, ovvero “Grande Successo”, ha tutti i numeri (musicali e non) per esserlo di nome e di fatto - sulla NBC negli USA, su Mya in Italia. Avevo aspettative alte per questa serie, e non mi ha delusa, conquistandomi subito, pur non essendo io una grande amante del genere musical, con personaggi complessi, storie ben intrecciate e calibrate, ed esibizioni canore e di balletto degne di Broadway.
Ideato da Theresa Rebek e con Steven Spielberg (che pare abbia avuto l’idea originaria) fra i produttori esecutivi, si tratta di una drama che segue la messa in scena di un musical dedicato a Marilyn Monore. Gli autori Julia Houston (Debra Messing, Will & Grace) e Tom Levitt (Christian Borle, vincitore del prestigioso Tony Award nel musical Legally Blonde) vengono ispirati da quest’idea – dell’assistente di lui Ellis (Jaime Cepero), ci tiene a precisare quest’ultimo - e decidono di mettere su un nuovo spettacolo, nonostante lei avesse promesso al marito Frank (Brian D’Arcy James), un insegnante, di prendersi un anno sabbatico per potersi dedicare all’adozione di un bambino. Alla conduzione dello spettacolo viene chiamato un rinomato regista inglese, Derek Willis (Jack Davenport, Coupling, FlashForward), donnaiolo e noto per il suo brutto caratteraccio, mentre il ruolo principale se lo contendono in partenza la burrosa, bionda veterana del palcoscenico Ivy Lynn (Megan Hilty), sostenuta dagli amici, e la verde, bruna Karen Cartwright (Katharine McPhee, attrice divenuta famosa originariamente grazie alla sua partecipazione alla quinta stagione di American Idol, dove è arrivata seconda) che in attesa di sfondare lavora come cameriera ed è sostenuta moralmente dal fidanzato Dev (Raza Jaffrey), che lavora nell’ufficio del sindaco. A credere e produrre l’idea c’è un pezzo grosso del settore, Eileen (Angelica Houston), che dal lato personale sta affrontando un difficile divorzio dal marito.
Il telefilm funziona su tutti i livelli: nel plot che ha cuore e testa, anche lì dove magari non è particolarmente originale; nelle performance che si alternano fra i veri momenti delle prove e quelli immaginati sul palco; come lettera d’amore a Marilyn Monroe e come autentico studio del suo lavoro e riflessione sul mito che è diventata; nelle canzoni originali scritte dai veterani scrittori di musical, vincitori di Tony e Grammy, Marc Shaiman e Scott Wittman, pure co-produttori esecutivi; nel “catturare il grandioso e trascinante gesto che è il teatro musicale” iniettandovi “l’immediata intimità della televisione. O forse è il contrario. In ogni caso nessun altro lo ha mai fatto prima”, come scrive Mary McNamara, che sul Los Angeles Times acutamente osserva: “Il teatro e la televisione potranno raccontare storie simili, ma lo fanno in modo molto differente. Il palcoscenico è grande; lo schermo della TV è piccolo. Sul palco, gli attori recitano per la prima fila e per la galleria; in televisione, gli attori recitano per la telecamera, spesso a meri centimetri di distanza. Il teatro è allo stesso tempo più magniloquente della televisione e più minimalista – una nuda piattaforma può essere un balcone, una macchina, una camera da letto”, e continua osservando come in Smash si onorino entrambi i generi, evitando di farne un Frankenstein. Smash procede senza sforzi e senza scossoni. Almeno per ora, davvero impeccabile.
coupling e flashforward.. ecco dove avevo già visto quel jack davenport!
RispondiEliminaio comunque su smash rimango scettico, soprattutto per via dei personaggi che per ora non mi hanno convinto...
mi è piaciucchiato abbastanza invece il pilot di GCB, l'hai già visto?
Sì, l'ho visto. L'ho trovato un po' troppo "over the top", ma mi è piaciuta la satira social-religiosa. Di certo qualche altra puntata la guardo, ma mi auguravo fosse un po' più sottile. Spero di postare una recensioncina prossimamente. Purtroppo nei periodi in cui insegno le mie energie sono troppo limitate per riuscire a fare granchè di altro.
RispondiElimina