È stato avvicinato tanto a Twin
Peaks, quanto a La famiglia Brock
e a Un medico tra gli orsi: magari
per lui! Purtroppo Everwood, saccente
e grassamente irritante, non ha nulla del mistero del primo, né della
profondità e delle stravaganze del secondo, né della brillante eccentricità del
terzo. Potrà condividere con quest’ultimo la gelida ambientazione, lì l’Alaska,
qui un paesino del Colorado, “Everwood” (in replica dall’inizio su Italia1, ore
8.45) ma le somiglianze finiscono lì. Non bastano premesse simili e una serie
di personaggi bizzarri a dare spessore ad un telefilm.
Greg Berlanti (Brothers and
Sisters, Political Animals), che
è la forza creativa dietro la serie, scriveva per Dawson’s Creek nel periodo dopo Williamson prima di ideare questo
telefilm. Ha fatto tutt’altro che una buona impressione. Ero pronta a dargli il
beneficio del dubbio, perché dopotutto allora scriveva una serie non sua. Non
se lo meritava. Everwood è il
caramelloso che nausea perché mal cotto.
La storia vede un neurochirurgo famosissimo (interpretato da Treat
Williams) rimanere vedovo all’improvviso e decidere di trasferirsi di sana
pianta in un paesino di montagna che la moglie gli ha sempre decantato. Con sé
porta i suoi due figli: Ephram (Gregory Smith), un ragazzo adolescente, con cui
ha un rapporto difficile (una delle storie a cui do effettivamente un credito),
e una ragazzina più giovane. Si devono adattare tutti alla nuova realtà e agli
abitanti di Everwood. Il protagonista decide di lavorare solo per la gloria e
apre una clinica gratuita proprio davanti a quello che è, in pratica, l’unico
medico in città. E si sorprende se a questi non va a genio! Se poi sento un
altro personaggio di un telefilm che parla con un familiare defunto, urlo. In
questo caso naturalmente è la “visione” della moglie che “intrattiene” il
dottore. Molto Providence, in una
versione sbiadita. Anche la storia di Ephram con una ragazza, che si interessa
a lui perché ha il fidanzato in coma e vuole per questi il parere medico del
padre, sa di scontato.
Questa è stata la mia reazione all’inizio, ma un pilot è pur sempre un
pilot, per cui margini di miglioramento sono enormi e ci sono effettivamente
stati. Molti hanno lodato quello che hanno visto come un nuovo Settimo cielo, capace anche di storie
originali. L’atmosfera quasi fatata di bianco e di neve c’è. E’ la compagnia
quella che delude, ma magari sono io che non l’ho capito e dovrei darci una
seconda possibilità.
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