venerdì 26 settembre 2014

Pordenonelegge 2014: HANIF KUREISHI, la scrittura, la televisione


Lo scorso sabato 20 settembre (ore 21.00), sono andata a sentire Hanif Kureishi intervistato da Giorgio Zanchini a Pordenonelegge. L’incontro era prevalentemente sull’ultimo romanzo dell’autore britannico, intitolato L’ultima parola. Gran parte della conversazione si è svolta proprio intorno al tema della parola e della scrittura, essenziali secondo lui per costruire la propria identità e crearne una alternativa a quella che dall’esterno ti attribuiscono gli altri, che sia tua e che cambi la conversazione.
Ad un certo punto Zanchini ha osservato che, nella sua opinione, almeno in Italia, la scrittura e i romanzi hanno un peso molto minore ora, nella vita delle persone, rispetto a quanto non accadesse 40 anni fa, e gli ha chiesto se la pensasse anche lui alla stessa maniera e se percepisse in Inghilterra la stessa cosa che lui percepiva in Italia. La risposta di Kureishi è stata che dipendeva molto da che cosa si intendeva per scrittura. Se si guardava a programmi televisivi come I Soprano, House of Cards, e ha nominato anche una o due altre serie che mi sfuggono, sui cui cofanetti ci si lancia non appena escono per guardarsi ogni puntata, e parlarne subito dopo, allora non poteva dire di ritrovarsi in quell’osservazione. Quel genere di scrittura, la buona scrittura quanto meno, è ancora molto rilevante, perché accende dibattiti, fa pensare, fa discutere, e ti confronti con quanto ti dice.
Rispetto al romanzo specificatamente, l’autore di Nell’Intimità ritiene che la sua fortuna abbia sorti storicamente ondulatorie, e ha ammesso che non conosce persone di sesso maschile adulte che leggano romanzi, mentre conosce persone di sesso femminile adulte che ne leggono. Se però non ci si limita alla scrittura del romanzo, ma appunto si concepisce la scrittura in senso più ampio, ha ribadito che un grande ruolo lo ha tutt’ora ed è molto viva e pregnante nel mezzo che ritiene quello primario nella nostra epoca: la televisione. Lì ci sono i materiali, per così dire, della buona scrittura su cui si discute e ci si anima e arrovella. Parafraso, naturalmente. Mi rammarico, anche, di non averlo potuto registrare per poter riportare in modo più dettagliato e preciso quanto ha detto.
Una cosa che, ammetto, mi è seccata molto, è che l’interprete, peraltro molto bravo, abbia saltato a piè pari, nella traduzione, qualunque menzione alle serie televisive citate da Kureishi. E purtroppo mi sono resa conto che è una cosa che avviene regolarmente. Anche quando recentemente sono stata a Mantova a vedere Jullian Fellowes (ne ho parlato qui), quell’autore ha citato, fra le altre cose, una serie seminale come The West Wing, di Aaron Sorkin, e l’interprete non l’ha minimamente menzionata.
Come sempre quando gli autori stranieri lodano la televisione e dicono che c’è ottima scrittura in televisione e che è probabilmente la scrittura più rilevante nella realtà contemporanea, e citano dei programmi specifici, questi programmi non vengono mai tradotti, ma vengono saltate quelle parti in cui questi autori si esprimono in questi termini nei confronti di testi specifici del piccolo schermo. Mi brucia. Per me, che mi batto  perché far capire l’importanza della scrittura in televisione e di quanto sia buona in questo momento, il fatto che questo avvenga continuamente mi irrita. È anche attraverso queste occasioni, è nel sentire autori importanti e noti per la narrativa cartacea che apprezzano la sceneggiatura televisiva, che si cambia un po’ idea alla gente, ed è uno dei modi attraverso cui la gente viene educata a prestare attenzione.
Purtroppo mi rendo conto che parte del motivo per cui i programmi specifici non vengono tradotti, o non vengono menzionati in traduzione lì dove il titolo è identico all’inglese, è che chi li cita dà per scontato siano titoli noti, perché sono le serie su cui si scrivono articoli su articoli, sono gli autori televisivi sulla cui scrittura si riflette. In Italia però evidentemente un po’ certi programmi arrivano in sordina, un po’ c’è meno questa sensibilità e consapevolezza nei confronti del peso culturale delle serie televisive, per cui gli interpreti semplicemente spesso non le conoscono, e altrettanto semplicemente non le traducono. Rimane una cosa che mi dispiace davvero.
Nella foto, Kureishi (a destra) con il suo interprete.

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