Gli autori di Masters of Sex avevano promesso che ogni
stagione sarebbe stata diversa dall’altra, e così è stato anche per questa
terza, che si è da poco conclusa e che ha però deluso rispetto alle precedenti,
pur essendo comunque qualitativamente migliore della maggior parte dell’offerta
televisiva. Il motivo principale è che si è scostata dalla loro ricerca sul sesso
concentrandosi su relazioni personal-familiari che esulano dalla relazione fra i
due ricercatori William Masters e Virginia Johnson (i sempre eccellenti Michael Sheen e Lizzy Caplan) .
Se la prima stagione si
è focalizzata sulla novità delle loro ricerche e la seconda sull’irrobustirsi
del loro rapporto personale, questo arco si direbbe sia stato concentrato sulla
famiglia, figli e genitori, partendo con un salto temporale che ci ha spostati
alla metà degli anni ’60, in corrispondenza con la pubblicazione del loro
storico testo “Human Sexual Response” - “Siamo noi la rivoluzione sessuale” dice
Virginia in conferenza stampa - e
deviando dalla realtà storica dei personaggi per andare sull’invenzione. Alla
fine di “Parliament of Owls” (3.01) appare il disclaimer: “Questo programma
tratta degli importanti risultati di Masters e Johnson. I figli Tessa, Henry,
Johnny e Jenny sono interamente di finzione”. Virginia si ritrova a gestire una figlia adolescente
trascurata e ribelle che chiama in aiuto i nonni ancorati a vecchi modelli di comportamento
in cui il solo ruolo della donna è quella di procacciarsi un marito e stare a
casa, un figlio che vuole arruolarsi e poi un bebè appena nato, dato che è incinta
e partorisce alla fine di 3.02; Bill lega di più con il bambino colpevole di
bullismo nei confronti si suo figlio,
dopo che lo minaccia, che non con il sangue del suo sangue, nonostante si ritagli
del tempo per fare da viceallenatore.
Meglio ancora, la serie in
questo arco mette al centro dei riflettori il difficile rapporto fra vita
professionale e personale, fra carriera e famiglia, dove per gli uomini è
storicamente squilibrata a favore della prima, e per le donne a favore della
seconda – il discorso che fa Bill a Virginia alla fine di “Three’s a crowd” (3.02)
in cui la invita a vedersi come una pioniera per le donne che lavorano,
conversazione poi ripresa da lei a fine stagione, ne è una prova tangibile. I figli
vanno progressivamente in secondo piano. È stato anche un tema
importante da affrontare – come impatta la vita di chi è loro vicino quello che
i due ricercatori fanno? - ma non ha mai avuto il nitore desiderato. Si ri-decolla negli ultimi episodi.
Libby (Caitlin
FitzGerald) ha una relazione con un vicino di casa, Paul; Virginia si lega ad
un investitore della loro clinica un magnate dei profumi Dan Logan, (Josh
Charles, che non sbaglia un colpo nella scelta dei ruoli); Bill, contro il
parere di Virginia inizia un programma che prevede l’uso di soggetti “surrogati”
che li metterà nei pasticci e comincia ad essere geloso del tempo che Virginia
passa lontano da lui. Continua ad essere affrontata la “questione omosessuale”,
con una sensibilità certamente di oggigiorno, con Betty (AnnaLeigh Ashford) e
la sua compagna che vogliono avere un bambino e Baston (Beau Bridges) che
comincia una relazione con Jonathan (Rob Benedict). E con Margaret (Allison
Janney), che dopo il divorzio cerca di ricostruirsi una nuova vita, si è addirittura
provato a parlare di un tema sicuramente poco esporato, quello delle relazioni sentimental-sessuali
a tre.
Si è combattuto con
onore, ma alla fine della terza stagione, si è un po’ “battuti”, come il
protagonista che in apertura dell’ultima puntata si sogna in un ring
(riprendendo una metafora pugilistica già utilizzata nel corso della seconda
stagione) e in chiusura si ritrova emotivamente sconfitto, solo e desolato. Tenere
un buon equilibro fra casa e lavoro è difficile sullo schermo quanto nella vita
privata, a quanto pare.
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