lunedì 20 maggio 2019

IL TRONO DI SPADE: la conclusione


SPOILER PER CHI NON HA VISTO L’ULTIMA PUNTATA

Sono probabilmente nella minoranza, ma sono rimasta soddisfatta di come si è chiuso Game of Thrones. La sera prima dell’ultima puntata (8.06), ovvero ieri, stavo riflettendo su come l’aspetto più elettrizzante in fondo  fosse il senso di eccitazione generale, il coinvolgimento globale, nei confronti di una storia su cui moltissimi erano investiti e su cui era un piacere stare a parlare e a discutere, senza confini. L’ho provato altre volte, ma mai probabilmente in questa dimensione, sentendo che effettivamente c’era tutto il mondo che guardava. Questo è il potere della  televisione, o forse ancora meglio, come in fondo ha detto nella diegesi dell’ultima puntata la serie stessa, questo è il potere delle storie, della narrazione. Per cui, con questa ratio, non posso che accettare il modo in cui hanno deciso di concluderla e che cosa hanno scelto di dire. E sorridere poi nel vedere Samwell (John Bradley) consegnare a Tyrion (Peter Dinklage) un libro con “Le cronache del ghiaccio e del fuoco”, nome del ciclo di romanzi da cui è tratto Il Trono di Spade.

La prima metà della puntata è stata epica, e con una cinematografia impeccabile, precisa, mozzafiato. Molte sono state le immagini memorabili. Quadri. Jon (Kit Harington) che uccide Dany (Emilia Clarke),  pugnalandola, dopo un bacio che seguiva la sua dichiarazione che lei sarebbe stata per lui sempre la sua regina, sa anche di leggenda giapponese, e chiude degnamente questo segmento di trama. Ci sono stati echi di storia e di politica, importanti semi di riflessione filosofica. 

E tutta la seconda parte, più mesta, più dimessa e prosaica, più quotidiana e realistica anche, aveva il tono di una coda, ma ha chiuso sufficienti storie, e dato sufficienti risposte, compresa la possibilità per Jon di salutare finalmente Ghost, il suo metalupo, cosa di cui si erano lamentati tutti che non l’avesse fatto precedentemente. La quiete e la ricostruzione dopo la tempesta. E con gli Stark in fondo si era aperto, con loro si è chiuso. 

Rimane una delle serie migliori di sempre, nonostante la fine abbia scontentato molti. In particolare, la rotta presa da Daenerys, nella penultima puntata “The Bells – Le campane” (8.05), ha fatto arrabbiare tanti. Io penso che fosse una svolta coerente, per quanto forse affrettata. E per Cersei (Lena Headey), il più shakespeariano dei personaggi, una fine tragica era nelle stelle - che sia stata mitigata dall’abbraccio finale con l’amato Jamie (Nicolaj Coster-Wandau) in un destino comune è stato commovente. Del resto credo che sia una di quelle situazioni in cui difficilmente tutti rimangono contenti - si legga in proposito l’equilibrato pezzo del critico di punta dell’Hollywood Reporter, Tim Goodman. Per parafrasare quello che Tyrion dice in conclusione, forse il fatto che nessuno sia completamente contento è un segno che è stata la decisione migliore. 

 Io ero convinta che sul trono si sarebbe seduta una donna,  ma in realtà va bene così. Nessuno ha davvero avuto il trono di spade perché è stato squagliato da Drogon. Bran (Isaac Hempstead Wright) non avrebbe avuto un senso nella narrazione se non fosse diventato a questo punto lui re dei sei regni, con il settimo, quello del Nord, con Sansa (Sophie Turner) come regina. Tyrion mano del re; Jon “esiliato” fra i Guardiani della Notte, che sceglie di andare oltre la Barriera; Arya (Maisie Williams), come una novella Cristoforo Colombo, che naviga ad ovest di Westeros.

Gli autori David Benioff e D.B. Weiss (tra l’altro sceneggiatori e registi della finalissima) hanno detto la loro e hanno il mio applauso. Per una conclusione diversa, ai fan scontenti rimane la fan fiction, a George R.R. Martin di terminare i suoi libri. 

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