SPOILER
PER CHI NON HA VISTO L’ULTIMA PUNTATA
Sono
probabilmente nella minoranza, ma sono rimasta soddisfatta di come si è chiuso Game of Thrones. La sera prima
dell’ultima puntata (8.06), ovvero ieri, stavo riflettendo su come l’aspetto
più elettrizzante in fondo fosse il senso di eccitazione generale, il
coinvolgimento globale, nei confronti di una storia su cui moltissimi erano
investiti e su cui era un piacere stare a parlare e a discutere, senza confini. L’ho
provato altre volte, ma mai probabilmente in questa dimensione, sentendo che
effettivamente c’era tutto il mondo che guardava. Questo è il potere della
televisione, o forse ancora meglio, come in fondo ha detto nella diegesi
dell’ultima puntata la serie stessa, questo è il potere delle storie, della
narrazione. Per cui, con questa ratio,
non posso che accettare il modo in cui hanno deciso di concluderla e che cosa
hanno scelto di dire. E sorridere poi nel vedere Samwell (John Bradley)
consegnare a Tyrion (Peter Dinklage) un libro con “Le cronache del ghiaccio e
del fuoco”, nome del ciclo di romanzi da cui è tratto Il Trono di Spade.
La prima
metà della puntata è stata epica, e con una cinematografia impeccabile,
precisa, mozzafiato. Molte sono state le immagini memorabili. Quadri. Jon (Kit
Harington) che uccide Dany (Emilia Clarke), pugnalandola, dopo un bacio
che seguiva la sua dichiarazione che lei sarebbe stata per lui sempre la sua
regina, sa anche di leggenda giapponese, e chiude degnamente questo segmento di
trama. Ci sono stati echi di storia e di politica, importanti semi di
riflessione filosofica.
E tutta
la seconda parte, più mesta, più dimessa e prosaica, più quotidiana e
realistica anche, aveva il tono di una coda, ma ha chiuso sufficienti storie, e
dato sufficienti risposte, compresa la possibilità per Jon di salutare
finalmente Ghost, il suo metalupo, cosa di cui si erano lamentati tutti che non
l’avesse fatto precedentemente. La quiete e la ricostruzione dopo la tempesta.
E con gli Stark in fondo si era aperto, con loro si è chiuso.
Rimane
una delle serie migliori di sempre, nonostante la fine abbia scontentato molti.
In particolare, la rotta presa da Daenerys, nella penultima puntata “The Bells –
Le campane” (8.05), ha fatto arrabbiare tanti. Io penso che fosse una svolta
coerente, per quanto forse affrettata. E per Cersei (Lena Headey), il più
shakespeariano dei personaggi, una fine tragica era nelle stelle - che sia
stata mitigata dall’abbraccio finale con l’amato Jamie (Nicolaj Coster-Wandau)
in un destino comune è stato commovente. Del resto credo che sia una di quelle
situazioni in cui difficilmente tutti rimangono contenti - si legga in
proposito l’equilibrato
pezzo del critico di punta dell’Hollywood
Reporter, Tim Goodman. Per parafrasare quello che Tyrion dice in
conclusione, forse il fatto che nessuno sia completamente contento è un segno
che è stata la decisione migliore.
Io
ero convinta che sul trono si sarebbe seduta una donna, ma in realtà
va bene così. Nessuno ha davvero avuto il trono di spade perché è stato
squagliato da Drogon. Bran (Isaac Hempstead Wright) non avrebbe avuto un senso
nella narrazione se non fosse diventato a questo punto lui re dei sei regni,
con il settimo, quello del Nord, con Sansa (Sophie Turner) come regina. Tyrion
mano del re; Jon “esiliato” fra i Guardiani della Notte, che sceglie di andare
oltre la Barriera; Arya (Maisie Williams), come una novella Cristoforo Colombo,
che naviga ad ovest di Westeros.
Gli
autori David Benioff e D.B. Weiss (tra l’altro sceneggiatori e registi della
finalissima) hanno detto la loro e hanno il mio applauso. Per una conclusione
diversa, ai fan scontenti rimane la fan fiction, a George R.R. Martin di
terminare i suoi libri.
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