sabato 18 gennaio 2020

HIS DARK MATERIALS: una serie senza "daimon"


Tratto dal’omonima trilogia di Philip Pullman, in His Dark MaterialsQueste Oscure Materie (su Sky Atlantic, in Italia) siamo in una realtà parallela in cui ogni essere umano è accompagnato da un “daemon – daimon”, l’anima della persona che assume fattezze di animale e che non le si allontana fisicamente mai di molto. Se qualcosa succede all’una si riflette sull’altra, e viceversa. In ogni caso, finché una persona non diventa adulta, il suo daemon può cambiare fattezze.

Protagonista è una ragazzina, Lyra Belacqua (Dafne Keen), sempre credutasi orfana, cresciuta nel prestigioso Jordan College di Oxford – e il suo daimon si chiama Pantalaimon, “Pan”. Si ritiene che la sua vita sia legata a un’antica profezia: è destinata a liberare l’umanità dal potere repressivo del Magisterium, la più alta autorità religiosa del suo mondo – questa è un’informazione che leggo su IMDB, nella serie in sé si è molto più vaghi. Qualsiasi scoperta che abbia un'attinenza con le dottrine della Chiesa deve essere annunciata attraverso questo potente organo clericale, che è anche censore, per evitare che si sviluppino eresie. Lyra è l’unica persona in grado di leggere senza dei libri che aiutano a decifrarlo un prezioso strumento chiamato aletiometro, un misuratore di verità. Lyra vorrebbe unirsi a quello che pensa essere suo zio, il brillante studioso ed esploratore Asriel (James McAvoy), ma finisce per andare lei stessa in un viaggio avventuroso alla ricerca, insieme al popolo dei gyziani, di bambini, fra cui il suo più caro amico Roger (Lewin Lloyd), rapiti dai temibili “ingoiatori”, e poi alla scoperta del misterioso fenomeno della Polvere. Nella sua vita entra presto Mrs Coulter (Ruth Wilson, The Affair), una donna molto potente, le cui intenzioni non sono troppo chiare. Alla ragazzina si affianca anche un avventuriero, Lee Scoresby (Lin-Manuel Miranda).

Nonostante una trama e una mitologia molto ben definita e intrigante, la serie è un polpettone lento e pesante. Le prime due puntate intrigano, poi si affloscia, e si riprende un po’ con la sesta puntata. Sebbene non manchino continui eventi, non c’è verve, manca il dinamismo. Scene lunghe per dire nulla, per cercare di creare una suspense che non c’è. E ci sono stati momenti, specie in una sottotrama,  in cui sembrava di essere capitati in una puntata di A Discovery of Witches. Lo stesso destino di Lyra non è mai chiarito. Si capisce che ha un qualche ruolo da svolgere, ma è tutto così inconsistente e vago che non si sa perché dovrebbe importarci.

Non ho letto i libri, ed evidentemente la storia sulla carta stampata aveva un fascino che qui semplicemente sfugge. Sembra una buona idea sprecata da una cattiva costruzione narrativa. Tutti fanno un lavoro più che dignitoso,  ma il look è spento, sa già di vecchio, nonostante effetti speciali buoni e credibili. Dovrebbe essere una fantasia epica con mondi paralleli, streghe e orsi guerrieri. Non dico che condivido la posizione dello Spectator che arriva a scrivere che sembra una produzione scolastica realizzata con un alto budget – il più alto mai speso dalla BBC per una produzione, riportano – ma quando leggo che la giudicano goffa e deludentemente piatta con posso che concordare.

Poco vale che l’autore che ha adattato la saga per lo schermo, Jack Thorne, veda un parallelismo fra il Magisterium e il governo britannico e fra Lyra e Greta Thunberg, quando non si è nemmeno riusciti a trasmettere le basi del sottotesto intellettuale che rendeva ricchi i romanzi. Se c’è un elemento che mi è chiaro dal successo dei libri è che sono intrisi di considerazioni morali e teologiche, che ci si interroga sulla natura dell’anima, sul valore della religione organizzata e dell’autorità, sull’ambiguità della verità anche. Tutto questo nella diegesi televisiva è completamente obliterato. Se si è fortunati, verso la fine se ne può intravedere qualche spiraglio, ma proprio aiutati da tanta, tanta buona volontà.  Chi ha seguito la prima stagione – ce ne sarà anche una confermata seconda - capirà al volo perché mi esprimo così, ma è come se la serie stessa avesse un suo  daimon, e avessero fatto l’esperimento di taglierglielo via.

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