domenica 10 aprile 2022

THE GILDED AGE: il vero erede di "Downton Abbey"

The Gilded Age (HBO, su Sky in Italia) è il vero erede di Downton Abbey. Julian Fellowes aveva provato con Belgravia a replicare il successo della sua più famosa creazione (se escludiamo Gosford Park che gli era valso l’Oscar per la sceneggiatura originale), ma non aveva avuto troppa fortuna. Sembra invece esserci riuscito con questo nuovo altrettanto gustoso period drama ambientato nella New York fa 1870 e 1900, quando la luce elettrica domata da Edison illumina per la prima volta gli edifici e le strade della città nello stupore generale (1.07). All’economia dà impulso la costruzione delle ferrovie, ed è proprio un treno che viaggia fra titoli e azioni bancarie l’immagine con cui esordisce la sigla, per portarci poi fa cilindri, orologi da panciotto e carrozze, spalancando le sue porte su sontuose residenze con imponenti scalinate e lampadari di cristallo, e chiudersi con cesellate rifiniture architettoniche.

Stupisce per opulenza, che è poi quello che vuole fare la famiglia Russell, quando nel 1882 di stabilisce nella (fittizia) villa progettata per loro da (il molto vero) Stanford White. Vi vanno ad abitare George (Morgan Spector), un tycoon delle ferrovie con la moglie Bertha (Carrie Coon, The Leftovers), che mira alle più alte sfere sociali, insieme ai figli Gladys (Taissa Farmiga, American Horror Story), che scalpita per debuttare in società, e Larry (Harry Richardson, Doctor Thorne), che contro i desideri del padre aspira a fare l’architetto. Il loro maggiordomo, Church (Jack Gilpin) ha ancora molto da imparare. Di fronte a loro vivono due sorelle della New York antica, Agnes van Rhijn (Christine Baranski, The Good Fight), che si considera superiore a questi arricchiti con cui non vuole mescolarsi, e Ada (Cynthia Nixon, And just like that) che, meno scaltra e più accomodante, vive sotto la sua ala protettiva. Agnes ha un figlio, Oscar (Blake Ritson), segretamente gay, che punta a un matrimonio di interesse con la figlia dei Russell, Gladys. Nonostante poi Agnes e Ada disprezzassero il fratello, perché le aveva abbandonate a sé stesse dopo la scomparsa del padre, alla sua morte ne accolgono in casa la figlia, Marian Brook (Louisa Jacobson Gummer, una delle figlie di Maryl Streep, al suo debutto televisivo in questo ruolo), che si innamora e frequenta Tom Raikes (Thomas Cocquerel), un giovane avvocato con la carriera in ascesa, contro i desideri di zia Agnes. Le due sorelle tengono sotto il proprio tetto anche Peggy Scott (Denée Benton, apprezzata attrice di teatro) una scrittrice afro-americana che aiuta Marian al suo arrivo, e con cui fa presto amicizia, che viene assunta da Agnes per evadere la propria corrispondenza. Bannister (Simon Jones) è il loro maggiordomo di lunga data.

Al centro delle vicende c’è il braccio di ferro fra due forme di potere, quello del denaro, vilipeso ma cercato, degli snobbati nouveaux riches, in cerca di approvazione e inserimento nei circoli esclusivi, e quello del passato, della vecchia New York arroccata in soffocanti e superate convenzioni che escludono chiunque tranne pochi eletti che si autoproclamano arbitri elegantiae. In questa lotta l’ideologia e i mores mutano e, con un tema che è caro a questo autore, assistiamo a chi a questo cambiamento è resistente e chi invece lo cerca. Come nella migliore tradizione di Downton, quella delle prime stagioni non ancora annacquate da storie melodrammatiche di scarsa qualità, sotto il microscopio sono gli snervanti dettagli di etichetta che si ergono a parametro di appartenenza, e quindi di inclusione o esclusione all’alta società, e appunto di potere.

Fellowes qui in generale si sarebbe ispirato alla letteratura di Edith Wharton, ed in particolare a The Custom of the Country – L’usanza del paese (1913). Un interessante pezzo di Sophie Glibert su The Atlantic, che invito a leggere, si sofferma su questo modello e aspirazione, stroncando la serie. Afferma che “afferra i temi della Wharton ma in qualche modo elude completamente la sua osservazione fondamentale: che questa cultura è così corrotta che le uniche persone che possono prosperare al suo interno sono senza cervello o irredimibili”. Non credo sia il suo obiettivo, non solo perché è più favolistico, ma proprio perché il suo ethos lo porta proprio nella direzione opposta. Tuttavia pur non condividendo molto del contenuto di quell’articolo (anche rispetto a Downton), per quanto interessante, concordo quando dice che “gli occasionali cenni di critica sociale troppo stantii” e che manca completamente una nota essenziale ovvero che “la New York di Wharton è un panottico a cui nessun abitante può sfuggire” dove “la vita dei personaggi è una performance tanto quanto tutto ciò che viene recitato davanti a loro” e loro ne hanno una consapevolezza che qui semplicemente non c’è.

Si può applaudire però la scelta di mostrare per una volta una società nera che è prospera, istruita e socialmente attiva: Marian deve vergognarsi quando va in visita ai genitori di Peggy con l’idea di portar loro dei vecchi stivali usati (1.04) e li vede che vivono in una bellissima brownstone, con personale. Il padre Arthur (John Douglas Thompson) possiede una farmacia, la madre Dorothy (Audra McDonald, The Good Fight) è una pianista. Fellowes ha dichiarato al Los Angeles Times che prima di leggere "Black Gotham", di Carla Peterson non aveva idea che ci fosse una prosperosa comunità nera di classe medio-alta a New York verso la fine del XIX secolo, ma ha voluto incorporarlo perché non sarebbe riuscito a rendere la serie “distintamente americana” se non lo avesse fatto. In quell’articolo si dice anche che Erica Armstrong Dunbar, professoressa di storia alla Rutgers University, il cui lavoro si concentra sulle donne nere americane del XVIII e XIX secolo, è stata assunta come consulente storica e co-produttrice esecutiva per aiutare a garantire l'autenticità e "fare anche una lettura di sensibilità". Il personaggio di Peggy è ispirato a diverse pioniere, non da una persona specifica

Il cast è superbo, anche con personaggi secondari come Jeanne Tripplehorn nel ruolo di Sylvia Chamberlain, una socialite esclusa dalle cerchie più in vista a causa del suo passato, o Nathan Lane nel ruolo di Ward McAllister, arbitro di stile nella vecchia New York.

Dopo una prima stagione di 9 episodi, la serie è già stata confermata per una seconda.  

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