mercoledì 21 settembre 2011

DOWNTON ABBEY: aristocrazia e servitù in un drama in costume


Un grande successo di critica e di pubblico, sia in madre patria, l’Inghilterra, dove è andato in onda sulla ITV, che negli Stati Uniti, Downton Abbey è un drama in costume ambientato nell’omonima sontuosa residenza  - nella realtà il Castello di Highclere nel Berkshire - che si concentra sulle vite dell’aristocrazia e della servitù che lo abitano. Custodi ne sono il conte e la contessa di Grantham, ovvero Robert Crawley (Hugh Bonneville) e la moglie americana Cora Crawley (Elisabeth McGovern) – “è il mio terzo genitore e quarto figlio” dice Robert della proprietà. Hanno tre figlie femmine in età da marito, la primogenita Lady Mary (Michelle Dockery), restia ai matrimoni che le vengono proposti,  la trascurata secondogenita Lady Edith (Laura Carmichael) e la terzogenita Lady Sybil (Jessica Brown-Findlay), politicamente impegnata e interessata a questioni femministe. La famiglia conta anche l’anziana madre vedova di Robert, Violet Crawley (la sempre superba Maggie Smith, che per questo ruolo ha vinto l'Emmy) che vive però per conto suo. Se i Crawley abitano i piani alti, nei piani bassi sta la servitù, che si adopera “con orgoglio e dignità”,  in primis il maggiordomo Carson (Jim Carter) e la governante Mrs. Hughes (Phyillis Logan) e una lunga schiera di valletti, inservienti e cameriere, la cuoca, l’autista.... A questi si unisce durante il pilot Bates (Brendan Coyle), vecchio commilitone di Robert, ora zoppo, assunto come suo valletto personale.

La prima stagione, che consta di 7 puntate, si apre nell’aprile del 1912, quando a Downton Abbey arriva la notizia dell’affondamento del Titanic. È questo l’evento che mette in moto le vicende, poiché nella tragedia periscono due cugini di Robert che avrebbero dovuto ereditare la proprietà. Le sue figlie infatti, in quanto femmine, non hanno alcun diritto in proposito, e ora questa spetta a un lontano parente che non conoscono. Sulle complicate questioni legali  messe in scena  si può vedere, volendo, questo chiaro articolo in proposito. Il nuovo erede, il giovane Matthew (Dan Stevens), fa l’avvocato e non sa nulla di aristocrazia e ci mette un po’ a scaldarsi all’idea di doversi assumere l’oneroso compito di dirigere Downton Abbey. Arriva al villaggio (1.02) con la madre, la volitiva signora Isobel (Penelope Wilton), che subito si offre come volontaria per lavorare nell’ospedale locale. La prima stagione si chiude nell’estate del 1914, con l’annuncio dello scoppio della prima guerra mondiale. È la fine di un’epoca e la tecnologia avanza (la luce elettrica, il telefono…). Qualcuno ha definito le atmosfere edoardiane, anche se di fatto re Edoardo VII è morto da due anni quando la serie ha inizio e siamo perciò nella Gran Bretagna del regno di Giorgio V.

Paragonata alla notissima Upstairs, Downstairs, e a Gosford Park, film scritto da quello che di questa serie è l’ideatore e sceneggiatore, Julian Fellowes – su di lui vale la pena una corposa intervista sul New York Times -  Downton Abbey lascia la sensazione di immergersi in un romanzo ottocentesco (in senso cronologicamente ampio), dove pagina dopo pagina ci lasciamo coinvolgere dalle vite dei protagonisti. Si può pensare a Thomas Hardy, ad Anthony Trollope (anche citato in 1.03), a William Thackery, a Jane Austen, a P.G Woodhouse, alle sorelle Brontë, e anche a Louisa May Alcott, visto che qualcuno ha accusato Fellowes di plagio (smentito) per una storia di una cuoca che diventa cieca (1.05 -1.07), che sarebbe stato copiato appunto dalla Alcott.

All’inizio forse quello che stupisce di più è la magnificenza della cinematografia (per cui la serie ha appena vinto l’Emmy), efficace sia nei momenti di frenesia – memorabile l’inizio del pilot con la servitù che prepara la casa – che nei momenti più quieti, sia negli interni che negli esterni. Anche se qualche errore sarà stato inevitabile, c’è una attenzione certosina ai dettagli. Nell’intervista al New York Times sopra indicata, si cita l’esempio di come fosse stata preparata la tavola con piatti, forchette e tovaglioli per mangiare una torta. L’autore ne è rimasto scontento, e ha chiesto che venisse modificata, perché la nobiltà dell’epoca avrebbe mangiato con le mani. Niente forchette. E lo show si avvale di uno storico proprio per fare attenzione a queste cose. Se questo è quello che colpisce in prima battuta, poi complice anche una recitazione di prim’ordine, a conquistare sono le vicende con qualche colpo di scena davvero memorabile (non lo rivelo, ma uno per tutti quello in 1.03) e la complessità dei personaggi.

Ci sono cospirazioni, amori, amicizie, tradimenti, segreti, sesso… Ciascun personaggio, come è stato scritto sul Los Angeles Times, è “sia emblematico che completamente umano” ed è rispettato con i propri sogni personali e  professionali, con le proprie debolezze e aspirazioni e tenendo conto che “tutti abbiano cicatrici, dentro e fuori” (1.03). E per ammissione dello stesso autore (sempre dall’intervista sopracitata), che dice di essere “dalla parte di ciascuno” dei personaggi, “una delle cose che abbiamo fatto bene in ‘Downton’ è stato che trattiamo i personaggi della servitù e della famiglia esattamente allo stesso modo. Alcuni di loro sono gentili, altri non sono così gentili, alcuni sono divertenti, altri non lo sono, ma non è la distinzione fra la servitù e la famiglia a demarcarlo”. Mirabile è anche lo studio del sistema delle classi britannico, una realtà lì particolarmente sentita e dove “la differenza fra un valletto e un domestico è tanto importante quanto la differenza fra una duchessa e una contessa” (in The Guardian).

Downton Abbey, che è stato insignito del Broadcasting Press Guild Award - il premio dell’associazione britannica che raccoglie i giornalisti che si occupano di televisione, radio e media – come miglior serie e miglior sceneggiatura nel 2010, e che ha appena vinto L’Emmy come miglior miniserie (oltre che per la regia e per la sceneggiatura), è tornata il 18 settembre con la sua seconda stagione. Otto sono in questo caso gli episodi previsti, che coprono il periodo dalla battaglia sulla Somme nel 1916 fino all’Armistizio nel 1918, ma è prevista anche una terza stagione ambientata negli anni Venti.

Sotto, la sigla della prima stagione. 

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