Nelle librerie (americane) esce il primo dicembre, ma online (sul sito della Amazon) è già disponibile, un libro dedicato ad un genere che sta morendo, quello delle soap opera. Si tratta di The Survival of Soap Opera: Transformations for a New Media Era, ovvero “La sopravvivenza della soap opera: trasformazioni per un’Era di Nuovi Media”, curato da Sam Ford, Abigail De Kosnik e C. Lee Harrington, edito da The University Press of Mississippi. Il testo cerca di andare a fondo delle ragioni del calo di popolarità di questo genere, di fronte al contempo a un crescente interesse per i suoi stili all’interno di altre forme di televisione, e esamina, proprio alla luce di questo, l’impatto sia sul piccolo schermo che sulla cultura dei media in generale, cercando di trarne degli insegnamenti.
Gli studiosi hanno spesso sottolineato come le soap opera siano il più squisitamente televisuale fra i generi televisivi, unico nella sua capacità di sfruttare le potenzialità di intimità, accesso costante e narrativa serializzata che si spalma nel tempo che solo la televisione è in grado di offrire. Rimane un artefatto culturale tipicamente americano unico, e forse l’unica forma di arte televisiva in cui la finzione narrativa è “sovra-codificata”, come suggerisce Allen, ovvero “ i personaggi, gli eventi, le situazioni, e le relazioni sono investite di possibilità di significato grandemente in eccesso rispetto a quelle necessarie per le loro funzioni narrative”. La storia vede il genere delle soap opera spesso deriso e sottovalutato e, come si sottolinea anche nell’introduzione al testo, per molti lo stesso termine ‘soap opera’ è sinonimo di cattiva recitazione, trame risibili, dialoghi scritti in eccesso, e bassi valori produttivi, e la valutazione negativa si estende ai fan di questo genere.
Negli ultimi anni l’influenza delle soap nei programmi del prime-time è stata notata come sempre più significativa: storie che continuano di episodio in episodio, cast di ensemble, personaggi che si sviluppano nel tempo e che sviluppano le proprie relazioni umane nel tempo, conversazioni intime, setting domestici, conflitti romantici e familiari, personaggi femminili ritratti in un contesto professionale e in ruoli di potere, personaggi maschili più emozionalmente consapevoli e sensibili… e proprio queste caratteristiche vengono lette come indice di qualità per le serie. Nonostante caratteristiche comuni ai telefilm che si “soapizzano”, le soap del daytime mantengono anche delle caratteristiche uniche che sono loro proprie. Ford, uno dei curatori, le raggruppa in 6 elementi - backstory molto ampie, personaggi in ensamble con alcuni sul frontburner e altri nel backburner, i legami, l’essere ideati da forze creative multiple, le storie serializzate, il senso di permanenza di questi mondi – che costituiscono quelli che chiama “mondi narrativi immersivi”.
Dagli anni ’90, ben 10 soap sono state cancellate, e il genere ha cercato di reagire attraverso sperimentazioni narrative e stilistiche e ristrutturazioni finanziarie. Gli stessi fan consumano il genere in modo in parte differente. La tesi di questa raccolta di saggi è che è cruciale comprendere questi cambiamenti di produzione e ricezione. Non vuole essere un elogio funebre di un genere ormai spacciato, ma offrire delle strategie perché possa sopravvivere a lungo, individuando tre sfide chiave che l’industria si trova a dover affrontare: capitalizzare sulla sua storia, sperimentare nella produzione e distribuzione, apprendere da audience diverse.
Il libro vanta la partecipazione di molti noti studiosi del genere. Partecipo anch’io con un’intervista allo sceneggiatore Patrick Mulcahey, che in questo momento lavora a Beautiful.
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