Basato sui fumetti di Robert Kirkman, The Walking Dead ha esordito negli Stati Uniti il 31 ottobre, appropriatamente nella notte di Halloween, sulla AMC (Mad Men, Breaking Bad, Rubicon). In Italia le sei puntate della prima stagione (si parla già di una possibile seconda) hanno debuttato il primo novembre (su Fox, in versione "tagliata"), con replica il 3. Protagonisti, come è chiaro dal titolo che nella sigla in modo efficace fa apparire prima la scritta “dead” e poi “walking”, sono i morti che camminano, gli zombie. Un vice sceriffo del Kentucky, Rick Grimes (Andrew Lincoln) viene colpito da un pallottola. Il suo risveglio è in ospedale, in un futuro apocalittico, circondato da macerie e corpi in decomposizione, con mosche e vermi che banchettano. Pochi sono i vivi - incontra un padre e un figlio, e un gruppo di sopravvissuti, fra cui il suo ex-collega che ora sta con sua moglie Lori (Sarah Wayne Callies, Prison Break), alla cui ricerca si mette lui, cerca invano di contattare altri. Molti sono i morti viventi, scarnificati e putrescenti, con lo sguardo vuoto e la camminata faticosa e disarticolata, ma affamati di carne e feroci. Il solo modo di fermarli ed evitare il loro morso è sparare loro in testa, cosa che in modo molto esplicito si vede fare più e più volte.
Al cinema, come ha ricordato Barbara Maio in un suo recente post, agli zombie ci ha pensato soprattutto George Romero; in TV, di recente, si sono fatti vedere nella casa del Grande Fratello nella acclamata serie britannica Dead Set, dove sono stati indiscussi protagonisti. Ideato, scritto e diretto (almeno il pilot) da Frank Darabont (The Shawshank Redempition - Le ali della libertà), anche produttore esecutivo insieme a Gale Anne Hurd (Terminator, Aliens), The Walking Dead come sensazione mi ha richiamato soprattutto La Strada di Cormac McCarthy, Cecità di José Saramago e Survivors della BBC.
La cifra stilistica più marcata è quella di una forte visualità, con effetti speciali molto convincenti, e per converso c’è un tessuto sonoro e verbale minimale: la musica è quasi assente, il dialogo si riduce a pochissime conversazioni. Contenutisticamente gli zombie si prestano sempre ad una lettura metaforica, con tematiche legate alla sopravvivenza e alla propria e altrui umanità. Qui, da notare, almeno in partenza, ci sono anche un fortissimo ed esplicito maschilismo e una marcata misoginia.
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