Due scene del pilot fanno capire bene quale potrebbe essere l’attrattiva di Franklin & Bash, il legal dramedy ideato da Bill Chais e Kevin Falls, che ha debuttato sull’americana TNT il primo giugno. Nell’ultima scena i due colleghi del titolo sono in una specie di tavola calda dove sono soliti mangiare sotto una scritta che annuncia gelati e milk-shake, e Peter Bash (Mark-Paul Gosselaar) propone a Jared Franklin (Breckin Meyer) una situazione ipotetica: potrebbe andare a letto con Scarlett Johansson, ma a una condizione. Jared replica che niente lo potrebbe tenere distante da ScarJo. La condizione è questa: deve prima ricevere un pugno in faccia da Mike Tyson. Jared chiede i dettagli: in che modo lo colpisce? È il Tyson degli anni ’80 o successivo? Può far sesso prima e poi ricevere il pugno? Si diverte Peter a dirgli che gli dispiace, no… Tutto qui: Peter e Jared sono amiconi, scanzonati, ragazzi come tanti. In una delle prime scene poi, una loro testimone, alla sbarra in tribunale, fa uno spogliarello (l’azione è rilevante al loro caso e meno odiosa di quanto possa sembrare detta così), “tattica provocatoria” che viene rivelata subito per quello che è, assicurando però loro in ogni caso la vittoria. Come avvocati insomma, sono completamente fuori dagli schemi, pronti a metter in piedi le idee più pazze per vincere, a patto che sia un vittoria giusta però.
Se la serie avrà mai un qualche successo lo dovrà a questa venatura un po’ da ragazzacci pronti a tutto, ma in fondo onesti. Ed è per quello che Stanton Infeld (Malcolm McDowell), il socio anziano di un potente studio legale, decide di assumerli, per scuotere un po’ l’ambiente, dove lavora anche il nipote Damien (Reed Diamond) e la ex di costui, Hanna (Garcelle Beauvais). E insieme a loro viene assunta anche la loro “squadra”: Carmen (Dana Davis), che si definisce un’ex-truffatrice, e Pindar (Kumail Nanjiani) agorafobico e ornitofobico. Si aggiunga un pizzico di storia romantica fra Peter e il procuratore distrettuale – lei si è appena fidanzata, lui è chiaramente ancora interessato - e l’interesse di Jared per Hanna, ed è fatta.
Per il resto non c’è molto altro. I due sono poco credibili, ragazzetti a cui nemmeno sembra di stare coi grandi e sbruffoncelli auto-compiaciuti che giocano con la wii in una delle sale dello studio legale adibito alle riunioni, e che se ne escono con frasi tipo “noi non seguiamo la legge, noi facciamo la legge”, e che più che citare precedenti giuridici citano film e serie TV. Così come gli autori che sembra che più che guardare ai tribunali abbiamo guardato ai telefilm legali. Tanto per fare un esempio, per difendere una dominatrix (1.01) accusata di prostituzione, ma che era a letto con il presunto cliente non per soldi ma per amore, invitano la giuria a cercare la verità negli occhi degli interessati, mentre il presunto cliente non riesce a guardare in faccia l’accusata mentre le dice che non era vero che l’amava. Ma per piacere! Non si può scrivere un telefilm legale senza confrontarsi con l’ampia produzione di David E. Kelley (The Practice, Ally McBeal, Boston Legal…), ma le lezioni da lui imparate sono stata quelle sbagliate, ovvero le eccentricità e i trucchetti ad effetto, le aule di tribunale come circo, più che quello che lo ha saputo rendere grande ovvero la sostanza e i dilemmi morali.
Un dettaglio mi è piaciuto molto – e mi fa dire che c’è comunque stata tanta attenzione anche in un telefilm che non mi sprecherò a guardare una seconda volta: Jared a un certo punto indossa una cravatta con delle tartarughe, che Damien gli nota, e gli apprezza, con una certa ironia si direbbe. In realtà, è appropriata: la tartaruga (con la sua lentezza, o forse dovremmo dire con il suo deliberato procedere) è spesso considerata il simbolo della giustizia, tanto che la stessa Corte Suprema americana, perfino nel negozio online, vende cravatte con le tartarughe. Viene detto che Jared è il figlio di un famoso avvocato, per cui ha ancora più senso che sia cresciuto anche a contatto con questo genere di informazioni. L’ho trovato un bel tocco.
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