Dall’11 gennaio arriva su FX Tell me you love me, sottotitolato in italiano “Il sesso. La vita”, una serie che è durata una sola stagione e che personalmente amo molto. Quello che epidermicamente incuriosisce e intorno a cui è stato fatto tutto il can can sono le scene di sesso, molto esplicite. “Lo faranno davvero?” tanti si sono chiesti. No, è la risposta, non lo fanno davvero. E il motivo per guardare la serie, davvero, non è quello: si cerca forse il sesso, quello che si trova è un piccolo gioiellino inteso ad indagare la vita di coppia. Bello davvero. È vero, ci sono parecchie scene di sesso MOLTO esplicite, ma non sono volgari e sono appropriate. Mi sembra che il nucleo della serie sia esplorare il rapporto amore-relazione-sesso. Questi tre elementi si attorcigliano l’un l’altro come fili per crearne uno unico. Come si condizionano e come si riavvolgono l’uno sull’altro e si fondono sono ciò che è in primissimo piano.
Ci sono tre coppie, più una, potremmo dire. Jamie (Michelle Borth) e Hugo (Luke Kirby) sono due giovani fidanzati, prossimi al matrimonio alle prese con il quesito della fedeltà a lungo termine e del suo senso. Carolyn (Sonya Walzer, Lost) e Palek (Adam Scott, Party Down) dono due trentenni che cercano invano da molto di avere dei figli. Dave (Tim DeKay) e Katie (Ally Walker, Profiler; Santa Barbara) sono una coppia sulla quarantina, sposata da tanti anni. Hanno dei figli, si amano molto, ma non fanno più sesso da molto tempo. Le loro storie sono in primo piano. Accanto a loro anche una terapeuta da cui alcuni dei personaggi (non tutti, almeno con il pilot) si fanno seguire. Anche della dottoressa May Foster (Jane Alexander, 68 anni, nominata all’Oscar più volte) viene mostrata la vita personale. È anziana (dettaglio che mi è piaciuto molto, perché è molto raro veder ritratte persone di quest’età, e tanto più come sessualmente attive) e con una vita personale felice accanto al marito Arthur (David Selby, 66 anni). Trasversale l’età: dai 20 ai 70. C’è uno sguardo in questo modo a diverse “fasi” della vita, anche.
Lo stile di narrazione è molto intimo (sia nel racconto, che nella regia). Intimità è la parola chiave, ciò a cui aspira la serie: nelle inquadrature, nel focalizzarsi molto sui personaggi protagonisti tralasciando gli altri a un ruolo marginale ed essenziale, nell'andare ai momenti che costruiscono intimità, tralasciando il resto. Il sesso è una delle componenti. È quasi come se ci fosse una sorta di elisione di tutto ciò che non è intimo. A un certo punto, due dei protagonisti si parlano al telefono. Il fatto che sono al lavoro, il fatto che la chiamata costituisce un’interruzione di quello che stanno facendo e che prende magari solo qualche minuto della loro giornata si capisce da come la scena vene strutturata, ma tutto è focalizzato su quell’intenso minuto, sul quel momento a parte, a latere della vita vissuta davanti a tutti, un momento che è intenso e privato e importante, e appunto intimo. “Siamo testimoni di silenzi che mettono a disagio, sguardi evitati, brandelli di conversazioni, documentati con una telecamera a mano che ha solo l’effetto di incrementare la sensazione voyeuristica delle cose”, scrive Rick Porter. Il New Yorker (Sept 3 & 10, 2007) fa in proposito questa interessante osservazione: “Quello che è diverso in “Tell Me” è che si ferma dopo il momento in cui gli altri vanno in dissolvenza – cioè, nelle scene dove la tradizionale conclusione sarebbe una dissolvenza che lascia intendere il sesso, le telecamere continuano a girare, ed eccoci qui, improvvisamente in territorio vergine, per così dire, a guardare coppie di finzione che vanno fino in fondo”. È un programma che denuda anima e corpo, come è stato scherzosamente detto, recitato molto bene, ma ancor prima ben scritto da Cynthia Mort, l’ideatrice/produttrice esecutiva. E la critica è unanime nel dire che la serie migliora a mano a mane che si procede con le puntate, anche se io l’ho trovato invece coerente nella sua consistenza.
In un certo senso è una sorta di anti-Nip/Tuck. Lì le cose sono gridate e sbattute in faccia, qui sussurrate e conservate al riparo di sguardi indiscreti. Penso a una storia presente in entrambe le serie: alla figlia dei protagonisti arrivano le mestruazioni molto presto, quando è molto giovane. In Nip/Tuck questo diventa una occasione quasi sociale, l’occasione di una festicciola perfino. In TMULM c’è la bimba che va sulla soglia della camera dei genitori e al padre, che si alza per chiederle di che cosa ha bisogno, la bimba chiede che sia la madre ad occuparsi di lei e lei dice quasi sottovoce che le è arrivato il ciclo. Carolyn e Palek vanno dalla terapeuta. Chiudete la porta, si affretta a dire lei. Sono conversazioni che si fanno dietro una porta chiusa.
Per quello che ne capisco io anche la rappresentazione della psicologa è genericamente ben fatta. Sicuramente è mostrata come una persona competente che sa svolgere il proprio lavoro, anche se non è un tecnico a rappresentarla, e si vede. Ci sono diversi “errori di scrittura” rispetto a quello che sarebbe professionalmente adeguato per uno psicologo. Faccio qualche esempio. È capitato che la dottoressa Foster abbia chiesto: “Come è andata?”: non si dovrebbe porre una domanda nei termini di successo o insuccesso. Quando ha chiesto a uno dei protagonisti l’età in cui ha avuto il primo rapporto sessuale, ha di rimando commentato che la persona in questione era giovane: non si dovrebbero dare giudizi di valore. Appropriatamente nel suo ruolo assegna ai suoi clienti dei “compiti per casa”. Diversamente da come ha fatto però non si danno compiti al negativo (non fare questo) come lei invece ha fatto, ma si danno compiti postivi (fai questo). Non avrebbe dovuto dire, come le è capitato di fare, un generico ‘vedrai che le cose andranno meglio di come pensi’, come accade nella seconda puntata, ad esempio. Non serve e non si può dire (magari poi le cose vanno peggio). Bisognerebbe semmai stabilire prima che cosa ci si aspetta, altrimenti è troppo vago e non si possono promettere cose che non si possono anticipare. Tell Me You Love Me ignora tutto ciò, e in questo senso non è ben scritto dal punto di vista psicologico-tecnico, ma sono elementi di cui solo un professionista si accorgerebbe, non un profano.
Durante tutto il corso della serie (10 puntate) i personaggi delle diverse coppie non si incrociano praticamente mai, se non in una manciata di occasioni, e in modo casule o quasi. Questo ha un effetto molto specifico. In primo luogo rende tutto molto “reale”, nel senso che come per la maggior parte delle persone che incrociamo nella vita, queste ci sono estranee, e hanno inevitabilmente una loro vita intima che ci è invece nascosta. Un altro effetto è che elementi di per sé insignificanti, come due persone che si incrociano, possono nella vita di una persona avere comunque una valenza “intima”, interiore, importante. Nell’ultima puntata Katie è al tavolo di un ristorante, insieme al marito e a un amico. Il ristornante è quello in cui lavora Jamie. Hugo è andato a trovarla per pranzo. Quando Hugo entra nel locale, Katie lo guarda ed è evidente, anche se non è esplicitato, che pensa a qualcosa (un qualcosa di indefinito che siamo noi eventualmente a ricostruire nel suo significato). Quello stesso sguardo verso, poi, la coppia è anche oggetto di conversazione per Jamie e Hugo ed è importante nel modo in cui in quel momento costruiscono la loro nuova fase del rapporto. Sono accadimenti praticamente insignificanti, irrilevanti, eppure di una pregnanza molto potente e intima. Un altro effetto è quello di far saltare agli occhi come il comportamento apparentemente sproporzionato agli eventi in determinate situazioni è giustificato da quello che le persone sono in quello momento nel loro complesso, non solo dall’evento in sé asetticamente considerato. Palek e Dave, sempre nell’ultima puntata, si scontrano per una fornitura che Palek doveva ricevere di cui non è soddisfatto. C’è un vero scontro fra i due. Volano insulti anche, ed è evidente che c’è una tensione in ciò che avviene che non è completamente giustificata dagli eventi specificatamente lavorativi. Abbiamo appena visto, e a lungo, che cosa accade nelle rispettive vite dei due uomini. Questo incrocio di vite ha il sapore quasi di una digressione e un po’ il senso degli accadimenti privati ne viene amplificato.
L’American Film Institute ha incluso Tell Me You Love Me fra i suoi 10 migliori programmi del 2007.
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