Cuochi e Fiamme (la7d, ore 18.35), la gara culinaria fra due dilettanti ogni volta diversi, li vede sempre impegnati in quattro prove diverse: manualità, in cui devono realizzare una creazione (ad esempio preparare delle orecchiette) in un paio di minuti; abilità, in cui in 10 minuti realizzano e impiattano una ricetta scelta fra due dal vincitore della prova precedente; creatività, in cui dimostrano la propria fantasia a partire da due ingredienti differenti da cui ancora una volta ne è scelto uno; presentazione, in cui mettono alla prova il proprio gusto estetico. Quello che è diverso nelle puntate ora in onda è il conduttore che qui, oltre a presentare in qualche “a lato” delle sinteticissime proposte culinarie, ha il ruolo di collante, di addensante, potremmo dire, di spiegare i passaggi in cucina, presentare gli ospiti, interagire con i giudici. Alessandro Borghese ha ora passato il testimone a Simone Rugiati, e la trasmissione ne è stata rienergizzata. Lo chef che qualcuno definisce il Jamie Oliver di casa nostra è più brioso, birbante e burlone, pizzica di più i concorrenti, spesso troppo concentrati per farsi distrarre dalle chiacchiere. Gran parte del talento è qui quello di improvvisare e, qui è evidente che l’esperienza dietro ai fornelli sa traslarla nelle relazioni umane. Più deludente il rinnovo dei giudici. Sono state confermate l’immancabile Fiammetta Fadda, critica enogastronomia di esperienza, capace di citare un Heston Blumenthal come fosse un vicino di casa, e la food blogger Chiara Maci, e invece è stato tristemente sostituito il gastronomo Leonardo Romanelli. Non avere gli stessi giudici di Chef per un giorno è anche bene, per varietà, ma perché scegliere Riccardo Rossi che è un attore che in mezza alla trasmissione ammette candido che non ha i mezzi per giudicare, anche se chi lo ha chiamato lo sapeva in anticipo?
Nessun commento:
Posta un commento