Continuo a pensare che
sia ignobile che, pur essendo una serie TV, sul satellite italiano trasmettano “Il
Trono di Spade” su Sky Cinema e non all’interno del pacchetto di reti dedicato ai
telefilm. La sola ragione che riesco a immaginare è che lo facciano perché sanno
che la saga ha moltissimi appassionati che, se vogliono seguirla, si vedono
costretti a fare un abbonamento che diversamente potrebbero evitare.
Se il mantra della prima
stagione è stato “L’inverno sta arrivando”, quella di questa seconda stagione è
stata “La guerra sta arrivando” e non per niente il superlativo sottofinale (“L’assedio”,
2.09) ha avuto una scena di praticamente mezza puntata con una spettacolosa
epica battaglia alla “Enrico V”. Le vicende tratte dai libri di Martin, anche sceneggiatore
dell’episodio appena citato, continuano ad essere fra quanto di meglio il
piccolo schermo abbia da offrire, anche se c’è stato un calo rispetto al primo
capitolo, forse per la difficoltà di seguire così tanti personaggi e il poco
tempo di approfondire quelli nuovi.
Caratteristica è stata ancora
una volta la fusione da un lato della sanguinolenta e feroce barbarie che siamo
abituati ad associare al mondo medievale (le torture legate alla storia di
Arya, il sadismo del re adolescente Joffrey), dall’altro delle sottigliezze
intellettuali e psicologiche e i certosini intrighi alla Shakesperiana maniera
(Tyrion, il ragno tessitore, Ditocorto). Con i vari regni in guerra e i
rispettivi re in lotta per la conquista del trono, questa stagione è stata una
vera e propria riflessione sul potere, praticamente per ogni personaggio (si
pensi anche solo a Khaleesi). Una citazione per tutte: “il potere risiede lì
dove gli uomini credono risieda. È un trucco, un’ombra
sulla parete. E un uomo molto piccolo può proiettare un’ombra molto lunga”.
L’ultima puntata si è
aperta con l’occhio di Tyrion (Peter Dinklage), ferito in battaglia, che si
apre. È davvero difficile ormai vedere un’inquadratura del genere e
non pensare a Lost. Ho molto
apprezzato perciò la regia di Alan Taylor che ha saputo rinnovare un’immagine così
pericolosa perché “consumata” concentrandosi sulla pupilla. Purtroppo invece è
stata deludente, nel paragone con un antecedente, la scena in cui Shae (Sibel Kekilli)
toglie dal volto la benda a Tyrion. Non può non richiamare la celeberrima scena
degli anni ’80 di Days of Our Lives – Il tempo
della nostra vita in cui Kayla (Mary Beth Evans) toglie la benda dall’occhio
di Steve “Patch” Johnson (Stephen Nichols). Purtroppo in questo caso, Game of Thrones non regge il paragone.
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