STAGIONE 2
Questa stagione, in soli due episodi, potrebbe essere quasi un film per
la televisione, se non fosse che non ne ha il tono. Serrato è il legame con la
prima stagione di cui si riprendono motivi e atmosfere. Allo stesso tempo è un
racconto a sè. Si sente una maggiore compattezza e l’unitarietà dettata dalla
necessità di chiudere definitivamente la storia, dicendo tutto ciò
eventualmente mancasse da dire. C’è una maggiore esigenza di plot, che è più
teso. Le scene sono più aderenti allo scheletro della vicenda, che ha un
inizio, una metà, una fine. Le vicende di Nathan si intersecano meno con quelle
degli atri protagonisti. Assente Donna, per l‘indisponibilità dell’attrice a
causa di precedenti impegni.
È più un’epopea, poi, questa. C’è inoltre maggior rabbia. A scandirla, a
segnare il tempo, è un gesto che si ripete all’inizio della prima puntata, e
viene ripetuto in chiusura, tanto della prima, quanto della seconda: è quello
della pistola. La prima volta è Vince, che, con la prezzatrice, all’interno del
supermercato, spara idealmente al collega che, slealmente, cerca di farsi
promuovere al posto suo. La riprende poi Stuart in ospedale, che mette le mani
a forma di pistola e punta con aggressività sulla fronte della madre di
Alexander, rea di aver tagliato fuori il figlio dalle propria vita. Chiude
l’ideale circolo una pistola vera, puntata da Stuart, presente Vince, contro un
uomo che li aveva insultati quando si erano presi per mano. Insieme, lo
costringono a scusarsi. E’ un segno potente in una simmetria studiata per una
stagione molto più politica.
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