In partenza Shark
(ora su Giallo – canale 38 – dopo essere passato su Rete4 nel 2008) è stato
presentato come un Dr House versione
avvocato. Sebastian Stark in detta professione è un vero squalo (da cui il
titolo, che significa proprio quello) e quando decide di accettare la proposta
di lavorare per l’ufficio del procuratore distrettuale, quindi per lo Stato
anziché per privati, gli avversari cominciano a tremare. I suoi metodi, così
come quelli del dottor House, sono anticonvenzionali e ha poca pazienza per le
regole: “la verità è relativa, scegline una che funzioni”, è una delle sue
massime, insieme a “il processo è una guerra, arrivare secondi è la morte”.
Come il dottore più amato d’Italia ha anche lui un seguito di giovani colleghi
a cui fa da mentore che indirizza e un po’ tiranneggia, anche lui ha un capo
che fa esasperare che cerca di farlo rigare dritto (qui Jeri Ryan nel ruolo di
Jessica Devlin), anche lui infine deve svolgere una parallela attività in
qualche modo investigativa per venire a capo dei sui casi e si affida ad una lavagna
per tracciare punti chiave da ricordare.
James Woods è carismatico almeno quanto il suo
personaggio, ma le similarità fra la sua serie e quella a cui è accostato in
realtà sono più superficiali che altro. L’etica di House è molto meglio
definita, pratica quello che predica, è ricco di umorismo, nella sceneggiatura
stacca di molte lunghezze altri telefilm trascendendo lo schema rigido in cui
sceglie di ingabbiarsi e ha una squadra alle spalle che risalta molto di più,
nella apparente inutilità sottolineata da qualcuno. Shark è molto più blando e
comune, le storie non sono troppo distintive e per quanto sia una boccata
d’aria fresca vedere una fiction ambientata in tribunale che per una volta non
sia uscita dalla penna di David E. Kelley, non sembra che sia più profonda di
quattro slogan cuciti insieme. Di certo non appare una critica al sistema
legale, al suo funzionamento, ai suoi limiti e pastoie, né la proposizione di
un’alternativa personale in materia da parte del personaggio. Hanno addolcito
Stark accordandogli una figlia, Julie (Danielle Panabaker), che raggiunta l’età
di 16 anni ha deciso di scegliere di vivere con lui, piuttosto che con la madre
nel tentativo di recuperare un rapporto mai veramente significativo. Anche qui,
niente di sorprendente.
La serie, di due stagioni, è ideata da Ian
Biederman.
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