Conversations with Friends
– Parlarne tra amici (BBC3 – Hulu, RTÉ one, per ora inedita in Italia), il romanzo di Sally
Rooney da cui è stata tratta l’omonima miniserie televisiva, è stato quello che
meno mi è piaciuto dei suoi tre che ho letto, e questo forse si è riversato un
po’ anche sulla trasposizione televisiva, che ho trovato molto ben realizzata e
fedele allo spirito del testo, ma non imperdibile come lo è stato Normal People – Persone Normali. In scena c’è comunque, come sempre con il
materiale di questa autrice, un’interiorità cerebrale autoconsapevole, ma che non
rende felici nella conoscenza di sé, ma al contrario mesti, a momenti
agonizzanti.
Siamo nell’Irlanda dei
giorni nostri. Frances (Alison Oliver) e Bobbi (Sasha Lane), due studentesse
universitarie molto amiche che in passato erano state amanti e che ora sono
impegnate insieme in progetti di spoken-word
poetry, una forma di performance art poetica orale, incontrano e cominciano
a frequentare una coppia sposata, Melissa (Jemina Kirke, Sex Education), scrittrice (nel libro anche fotografa, qui no), e
Nick (Joe Alwyn), attore. Bobbi si avvicina a Melissa (si scambiano un bacio),
mentre Frances intreccia una relazione erotico-sentimentale con Nick, cosa
rispetto alla quale poi escono allo scoperto. Insieme passano molti momenti,
anche una vacanza in Croazia, e parlano della propria vita. Frances,
probabilmente il personaggio di maggior rilevanza e di cui più in dettaglio è
tratteggiato il ritratto psicologico, è molto riservata e quieta, aspira a fare
la scrittrice, ha un padre alcolista e soffre di grandi problemi di
endometriosi, anche se inizialmente non sa che si tratta di quello: sta male,
ma non sa il motivo.
Due aspetti, che si
intersecano e riavvolgono l’uno nell’altro, sono fulcro dell’interesse
speculativo di questa serie: l’espressione delle emozioni e la creazione di
intimità, e le relazioni interpersonali e la loro natura. Francis tende a
tenere molto per sé, non è molto aperta, e questo fa sì che venga criticata o
fraintesa. Spesso è a disagio nelle situazioni sociali. Sostiene che non tutti
abbiano una vita emotiva intensa (1.06), e critica la posizione di chi ritiene
che chi non ne parla nasconda qualcosa, i fatti però la smentiscono. Si
riconosce che non c’è nessuno che non stia affrontando qualcosa, più o meno
intenso che sia. Come creare connessione e comunicare è un’esigenza narrativa
che traspare dal testo verbale come da quello visuale. E che cosa comporta
avere una relazione sentimentale è declinato in un intreccio di reciproci avvicinamenti
e allontanamenti su cui sembra non scriversi mai la parola fine. Si ripudia la
monogamia come scelta pre-confezionata, si parla in termini di “consenso
spontaneo” come alternativa, come modo di creare legami forse impermanenti, ma
autentici e onesti e rispettosi. Di fronte ai tormenti emotivi dei protagonisti
è chiaro però che è un esperimento per creare delle alternative alla norma che
non sono necessariamente riuscite o ideali, ma appunto tentativi.
In una serie dove la
protagonista discute con un ragazzo incontrato su Tinder se Yeats sia fascista
o meno (1.08) e dove la Francis anche teme il proprio snobismo culturale, ci si
interroga – forse in modo meno diretto e pregnante di quanto avrei voluto –
sulla permanenza o meno dell’arte. Le protagoniste non la vogliono “impacchettata”,
perché qualcuno la possieda, ed è lo stesso approccio che hanno all’amore. Qui,
come in Normal People, ci sono
abbondanti scene di sesso, ma non altrettanto carnali o voraci. Il desiderio
con le sue contraddizioni e i suoi scatti inaspettati sfugge anche all’iper-analisi
e all’overthinking della protagonista
che, presa nelle sue contraddizioni, passa da momenti di profonda vulnerabilità
e fragilità ad altri di apparente freddezza e distacco.
Applaudo la
rappresentazione dell’endometriosi, che credo sia l’unica che ho visto, a mia
memoria. Tra l’altro su dodici puntate, solo in 1.11 lei riceve una diagnosi,
prima la vediamo solo stare male: avere perdite improvvise, crampi, cicli molto
dolorosi e vomito. Una volta addirittura sviene (1.09) e viene portata in
ospedale per delle indagini.
La serie è scritta da Alice Birch, Mark O'Halloran, Meadhbh McHugh e Susan Soon He Stanton, ed è diretta da Lenny Abrahamson e Leanne Welham. Il tono è pacato, understated, dimesso. L’atmosfera sgombra da eccessi e malinconica.