mercoledì 1 febbraio 2012

GRANDE FRATELLO: una citazione di Aldo Grasso


Siamo alla dodicesima edizione del Grande Fratello. Come spunto di riflessione propongo una lunga citazione tratta dalle pagine 96, 97, 98 e 99 della “Prima lezione sulla televisione” di Aldo Grassi (Edizioni Laterza), che ha giudicato comunque questa edizione come la peggiore di sempre.
 “All’inizio il Grande Fratello è stato una eccezionale cerimonia di iniziazione (…). (U)n manipolo di nuovi eroi, o più semplicemente di tipi, è passato dall’anonimato alla notorietà (…). Chiamati a superare alcune prove, a dimostrare la loro povera sintassi interiore, a stringere alleanze, a ‘conoscersi’, a odiarsi, i dieci ‘reclusi’ di Cinecittà si sono abbeverati alla fama, più nel suo principio che nel suo dispiegarsi, indifferenti verso ogni forma, verso ogni qualità. Ma quel gruppo è la società tutta; la Casa del Grande Fratello, spesso villaneggiata, è il luogo in cui è possibile racchiudere l’intero corpo sociale.
Per questo il GF è anche una brillante metafora sociale. Il programma mette in scena alcune modalità espressive e alcuni modelli di comportamento molto efficaci per capire le trasformazioni in atto nella società. La caricatura della grande fratellanza, messa in atto da gruppi di concorrenti, sta per esempio a indicare che in certi conflitti sociali non c’è più un vertice, non c’è più un centro.  
Il GF è un processo mediatico complesso quanto un mosaico, che ibrida media (da Internet alla radio, dai giornali al telefonino), accumula e mescola linguaggi e generi televisivi, suscita le più difformi parodie, produce notizie, titoli, servizi, commenti, racconti paralleli, psicogrammi collettivi”. È “una grandiosa seduta di autocoscienza che curiosamente intercetta un bisogno esteso, uno psicologismo già molto diffuso nei giornali (…). A ogni pubblico corrisponde una diversa modalità di fruizione (…). Per molti è diventato un gioco di società (…), (p)er altri il GF è una soap opera senza trama, un talk show senza conduttore, padre e padrone, un flusso di coscienza che finalmente si sposa con il flusso televisivo, un notevole salto in avanti della televisione, Per altri ancora è una fucina di mascalzonate da svergognare in pubblico: i ragazzi sono etero diretti, seguono un copione, recitano spudoratamente, lo fanno per soldi. (…) (R)ecitano in senso pirandelliano, interpretano cioè parti di un’esistenza costrittiva dove l’attività principale è confessarsi. (…) Lo spettatore, da tempo deprivato di esperienze estetiche, non guarda più la televisione per giudicare la bontà o meno di uno spettacolo, ma per giudicare il simulacro di vita che lì vi scorre.
Nulla come l’avversione o la parodia rende grande un testo. Soprattutto nelle ultime stagioni (…), a decretare il vero successo del GF non sono gli ascolti ma il numero infinito di attacchi e prese in giro allestite (…)”.

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