Energetico e solare, il
pilot di Supergirl mi ha conquistata,
e per due ragioni fondamentali: reinventa la storia della cugina di Superman
rimanendo fedele allo spirito del fumetto e riesce ad essere una storia di empowerment femminile esplicita e consapevole
ben intrecciata all’azione, senza rifilare un predicozzo. Che questo accada su
una rete come la CBS, di regola più conservatrice (nonostante, è vero, The Good Wife), “vecchia” e di mainstream,
e che è l’ultima arrivata nel mondo dei supereroi, e non in una rete
giovanilistica, è magnifico.
Kara Zor-El, alla
distruzione del pianeta Krypton, è una pre-adolescente e viene mandata sulla
Terra per seguire e aiutare il cuginetto Kal-El, che è poco più che neonato. Solo
che rimane intrappolata in una diversa dimensione spazio-temporale e arriva sul
nostro pianeta quando non solo lui è adulto, Clark Kent, ma è già ben noto a
tutti per le sue imprese come Superman. Viene adottata (e i suoi genitori
adottivi, in una mossa di brillante casting, sono interpretati da Dean Cain e
Helen Slater, che hanno interpretato in passato Superman e Supergirl) e vive
una vita da persona normale. Ora ventenne (interpretata con grinta, dolcezza e
il giusto grado di vulnerabilità da una perfetta Melissa Benoist) lavora come assistente
di una magnate dell’editoria, Cat Grant (Calista Flockhart di Ally McBeal, in un ruolo che riesce ad
essere allo stesso tempo tosto e venato di lieve umorismo), presso il National
City Tribune, un giornale dove presto conosce il fotografo amico di Superman
James Olsen (Mehcad Brooks). Vuole di più però, vuole avere la possibilità di realizzarsi
nel suo pieno potenziale, e nonostante le iniziali titubanze della sorella adottiva
Alex (Chyler Leigh, la “piccola Grey” di Grey’s
Anatomy, una abituata a rendere efficace il ruolo di sorella, potremmo
scherzosamente dire), una scienziata, decide di utilizzare i suoi poteri a
servizio dell’umanità.
Sviluppata per la TV da
Greg Berlanti, Ali Adler e Andre Kreisberg, la serie promette avventura
leggera, in modo abbastanza tradizionale, e un pizzico di romanticismo. Quello
che la rende vincente è, come dicevo in partenza, il tono. Ultimamente gli eroi
dei fumetti sono sempre stati molto tormentati e rivisitati con toni piuttosto
dark. Qui c’è uno spirito giovanile, ma non infantile, edificante e pieno di
promesse a aspettative. Anche il costume tiene le curve morbide e i colori
brillanti del passato, rifuggendo da quelle linee spigolose e tonalità cupe che
io non ho mai saputo apprezzare più di tanto. In passato ci si lamentati spesso
del fatto che la controparte femminile di Superman, il Superuomo, non fosse una Superwoman, una Superdonna, ma
una Superragazza. È sempre stato visto come una forma di sessismo. Qui si è acuti
e brillanti a sufficienza per affrontare
esplicitamente di petto la questione di petto. È facile vedere come Kara
possa diventare il modello per molte giovani donne di adesso e come la serie
possa avere successo. Supergirl volerà alto.