Condivido questa foto, indicata come di “artista sconosciuto”, presa da me da un articolo di Michael Barret su PopMatters, perché semplicemente “mi allarga il cuore”: che bella efficace sintesi di due strumenti narrativi che troppo spesso vengono dipinti in opposizione, ma che non lo sono, né devono esserlo.
giovedì 29 marzo 2012
martedì 27 marzo 2012
TOUT LES HABITS DU MONDE: abbigliamento come cultura
Spesso trattiamo moda e modi di vestire come qualcosa di frivolo, dimenticando che raccontano della cultura di un popolo, dell’identità e dei costumi di un Paese. Questo ricorda e illustra la ghiotta serie documentaristica Tout Les Habits du Monde, andato in onda Rai5, alle ore 17.55 e mi auguro presto in replica.
Sono rimasta davvero affascinata da questo programma perché spiega l’abbigliamento in modo nuovo, decodificando veramente elementi del vestiario che diversamente avrei letto con i criteri miei. All’interno di una cultura sono talmente interiorizzati da non necessitare spiegazioni, e invece attraverso questi video si fanno viaggi culturali all’estero che davvero spezzano un codice e aprono inusitate prospettive. Formalmente non è nulla che non si sia già visto altrove – filmati corredati da spiegazioni di una voce fuori campo, brevi interviste – è proprio il contenuto, e come viene affrontato, come connessione con la cultura, a costituire la novità.
Recentemente sulla Thailandia, ad esempio, si è scherzato dicendo che forse l’abito non fa il monaco, ma fa il bonzo, seguendo giovani ragazzi per cui vestire secondo la tradizione religiosa è una sorta di rito di passaggio all’età adulta anche quando avviene solo per alcuni giorni. Si rasano la testa e i capelli vengono abbandonati nel fiume e con essi simbolicamente i peccati, poi indossano l’abito monacale color zafferano: è in otto parti e non possono uscire finché non sanno indossarlo alla perfezione, perché diversamente nuocerebbe alla reputazione del tempio. Ci si è soffermati sull’amore di quel popolo per le uniformi: tutti ne hanno una, a seconda della categoria o del lavoro di appartenenza, ed è spesso motivo di orgoglio. Gli studenti ad esempio hanno gonna o pantaloni neri e camicia bianca. Quello che li distingue sono non l’abito, ma i distintivi e le spille. E, fintanto che i rigidi criteri di abbigliamento sono seguiti, gli uomini possono usare le uniformi femminili, poiché i katoi (donne rinchiuse in corpi maschili) sono accettati senza problemi, anche in accordo alla filosofia buddista. È ammessa la “confusione” fra generi sessuali più di quella fra classi sociali.
In Egitto, ci si è soffermati sulle differenze fra l’abbigliamento di campagna, dove la galabia è portata con orgoglio e ha un taglio laterale per poterci infilare un lembo per sollevarla con agilità, e la città, dove gli uomini portano i pantaloni; si è riflettuto sul valore simbolico che ha la camicia alla Nasser; si sono dotate le differenze fra i veli indossati dalle varie donne, e su come per le occasioni importanti ci siano saloni di bellezza che li sistemano come fossero autentiche acconciature…
Affascinante.
venerdì 23 marzo 2012
TRUE BLOOD: la terza stagione
Dopo una potente seconda stagione, molto metaforica (specie in direzione della critica social-religiosa) e politica, mi ha deluso la terza stagione di True Blood.
In questo arco assistiamo a un forte arricchimento della mitologia: l’introduzione del re del Mississippi Russell Edgington (Denis O’Hare), e del suo consorte degli ultimi 700 anni Talbot (Theo Alexander), e della regina della Louisiana Sophie Anne (Evan Rachel Wood); la presenza in modo più massiccio dei licantropi, in particolare di Alcide (Joe Manganiello), assegnato da Eric per proteggere Sookie; l’allargamento della presenza dei mutaforma, con l’introduzione di Tommy (Marshall Allman), il fratello di Sam, e di Crystal (Lindsay Pulsipher), una donna di cui si innamora Jason, e il degrado umano a cui è accompagnata; la luce del mondo delle fate, credute estinte per colpa dei vampiri, con la scoperta del segreto sull’identità di Sookie e dei poteri del suo sangue; la rivelazione che Jesus (Kevin Alejandro), il boyfriend di Lafayette, è un brujo, una strega, e che Holly, una delle cameriere da Merlotte’s è una Wicca.
La serie si fa serie più sessualizzata (anche se in fondo la rappresentazione del sesso è ancora contenuta) e, ragione che me l’ha fatta piacere di meno, decisamente molto più violenta - Lorena (Mariana Klaveno) che tortura ferocemente Bill (3.06), o Tara che fracassa il cranio di Franklin (James Frain), in una scena (3.06) che ho trovato particolarmente disturbante - e splatter – una per tutte la puntata 3.07, in cui Sookie impala Lorena il cui corpo trasformato in sangue si liquefa su Bill, e in cui viene tagliata la testa al Magister (Zeljko Ivanek). Comune è anche l’associazione sesso-violenza, si pensi alla citatissima scena di sesso fra Bill e Lorena in cui lui le torce il collo (3.03), o all’intera relazione fra Tara e Franklin che appropriatamente è stata esplicitata in termini di stupro e di rapporto vittima-carnefice psicopatico. Richiami a bondage e sado-masochismo si sprecano. Certo, è parte dell’estetica del programma, che da sempre ha puntato sul gore, e come tale la prendo, ma non posso dire di apprezzarla. Mi fa pensare che ci sia troppo l’influsso non dico degli snuff movie, ma della recente moda di horror che mescolano sesso e tortura sicuramente.
Da questa stagione sono anche molto più accentuati i toni omoerotici, cosa questa che invece non mi dispiace: dalla relazione fra Lafayette e Jesus, ai reali consorti, al sogno erotico di Sam su Bill, a Eric che flirta con Russell, alla regina che tiene a sua disposizione un’umana.
Tanti i temi della stagione: la legge (chi è l’autorità, chi l’ha definita tale? Conta solo la legge di natura, la sopravvivenza del più forte?); vendetta e perdono (con Eric e le vicende familiari, ad esempio); il passato; l’attrazione e la capacità di resistervi o meno (Bill, Jessica)…
martedì 20 marzo 2012
GIRLS: debutta ad aprile, ma se ne parla già bene
Debutta il 15 aprile sull’americana HBO Girls, ideato da Lena Dunham e con Judd Apatow (Freaks and Geeks) e Jennifer Konner (Undeclared) come produttori esecutivi, e già se ne sta parlando bene, definendo la serie brillante, onesta e dalla voce originale. A giudicare dai primi promo (sotto), non vedo l’ora di vederla.
lunedì 19 marzo 2012
LUCK, con bassi ascolti, chiuso dopo alcuni incidenti
Avevo scritto che Luck, la nuova serie del celebrato David Milch, era una serie su cui scommettere, nonostante apparisse piuttosto difficile e volendo noiosa, in partenza. Ebbene, avrei perso la scommessa. Come è appropriato! Nonostante fosse già stata confermata per una seconda stagione, la HBO ha fatto marcia indietro e ha sospeso la produzione della serie.
Due cavalli sono morti durante la prima stagione e quando un terzo cavallo ha subito la stessa sorte durante le riprese della seconda puntata della seconda stagione queste sono state sospese e dopo 24 ore si è optato per una cancellazione definitiva.
Come riporta TV Guide, il direttore medico del consiglio per le corse equestri della California ha dichiarato che questo genere di morti non sono poco comuni, perché gli incidenti capitano, e che le notizie sono state esagerate. Non c’era niente di particolare nelle circostanze in questione, anzi, l’ultimo dei cavalli non è nemmeno morto mentre stavano girando. Si è deciso di praticarle l’eutanasia perché era caduta e aveva battuto la testa mentre la si stava riaccompagnando alla stalla.
L’organizzazione animalista PETA si era opposta al programma dall’inizio, accusando la serie di usare cavalli vecchi e fuori forma e di drogarli. Accusa a cui ha fatto subito seguito una dichiarazione del network che assicurava che le droghe a cui la PETA faceva riferimento erano state amministrate in seguito alle ferite per calmare gli animali e permettere la visita veterinaria e che mai alcuna droga, per nessuna ragione, è stata somministrata prima delle riprese, ma l’organizzazione animalista insiste che la necropsia ha rivelato droghe che non ci sarebbero dovute essere e ha chiesto alle autorità di avviare delle indagini.
Ufficialmente perciò la serie chiude a causa degli incidenti ai cavalli, che sicuramente è una parte del motivo, ma ufficiosamente si dice che le ragioni sono anche altre: gli ascolti stavano andando male e l’ippodromo di Santa Anita, dove si facevano le riprese, voleva terminare ogni rapporto con Luck perché secondo loro stava dando una cattiva reputazione alle corse di cavalli. Diciamo che, per come la vedo io, incidenti di normale amministrazione, per quanto incresciosi, sono stati ingigantiti un po’ per dare una scusa alla HBO di fare un bell’inchino e chiudere senza troppe cerimonie una serie che ha come star principale Dustin Hoffman, ma di cui non voleva più saperne.
domenica 18 marzo 2012
BEAUTIFUL a maggio in Puglia
Secondo quanto riporta Soaps in Depth, Beautiful torna in Italia per girare 8-10 puntate che andranno in onda negli USA nella tarda primavera, e per noi un bel po’ più in là. Destinazione: Puglia! Le scene verranno girate nella zona di Savelletri, una frazione di Fasano (BR) e in particolare alla Masseria San Domenico e a Borgo Egnazia. Fra gli attori confermati, per riprese, che dovrebbero avvenire fra il 7 e l’11 maggio, ci sono Katherine Kelly Lang (Brooke) e Ronn Moss (Ridge). Altri verranno annunciati in seguito.
Dopo Como (1997), Venezia (1999) e Portofino (2002), questa sarà la quarta volta chela soap decide di venire a girare on location nel nostro Paese.
venerdì 16 marzo 2012
GCB: satira social-religiosa divertente, ma pacchiana
Come gli abiti che indossano le protagoniste, è un po’ pacchiana GCB la nuova serie in onda sull’americana ABC dallo scorso 4 marzo. Se fosse più sottile sarebbe molto più godibile. Il titolo, è risaputo, doveva essere “Good Christian Bitches”, che potremmo rendere con “Buone Cristiane Stronze” o con "Brave Stronze Cristiane", come il titolo del libro di Kim Gatlin da cui è tratto. Qualcuno però aveva storto un po’ il naso per quel “bitches”, e il titolo della serie ideata da Robert Harling era diventato “Good Christian Belles”, dove le “belles” sono tradizionalmente le belle donne del sud degli USA. Quello poi però suonava come un ripiego e non era abbastanza graffiante e così si è optato per GCB, e ognuno pensa alla sigla nel modo in cui più gli aggrada.
Amanda Vaughn (Leslie Bibb, Kings) al liceo era una ragazza “cattiva” che tormentava le compagne di scuola. Ora, adulta, perde il marito - l’attore Greg Vaughn, che i fan di General Hospital conoscono per essere stato il terzo Lucky e che evidentemente ha lasciato in eredità alla serie il suo vero cognome, per così dire. Per un pompino fattogli mentre guidava, l’uomo ha perso il controllo del volante e ha fatto precipitare la sua auto giù per una scarpata. Amanda, giovane vedova con due figli e sul lastrico, giura che mai tornerà al suo paese d’origine, e a vivere con sua madre, Gigi (Annie Potts). Sono le ultime parole famose. Tornata a Dallas, incontra le vecchie compagne di scuola, ora donne timorate di Dio, ma decise non di meno a renderle la pariglia. Sono: Carlene Cockburn (Kristin Chenoweth, Pushing Dasies, Glee), queen bee della situazione, ovvero l’ape regina della cricca femminile, o queen bitch, come si scherza in proposito, sposata con Ripp (David James Elliott, JAG); Sharon Peachman (Jennifer Aspen), un tempo gran bellezza, ma ora insicura per il suo peso a yo-yo; Cricket Caruth-Reilly (Miriam Shor, Swingtown), il cui marito Blake (Mark Deklin, The Ex List) è segretamente gay; e Heather Cruz (Marisol Nichols, The Gates, 24), agente immobiliare.
Vanitose, venali e vendicative, le donne in questione non perdono occasione per fare gossip, malignare e punzecchiare la loro nuova vittima, magari usando i passi della Bibbia per farlo, sempre formalmente impeccabili e sempre presenti in chiesa. Sono scoppiata in una fragorosa risata quando nel pilot, chiamata ad accogliere nel comunità Amanda, Carlene, che canta nel coro, si è alzata e le ha dato il benvenuto ricordando alla congregazione tutta che loro devono sempre tenere a mente che l’umiliazione del peccato, la degradazione e la mancanza di decenza morale non stava a loro giudicarle. Le parole apparentemente impeccabili non erano che una lista di insulti alla nuova arrivata. In quella scena c’è tutto lo spirito della serie.
Come critica social-religiosa è azzeccata perché mostra come, a volerlo, le parole della Bibbia possono essere utilizzate e deformate piegandosi a qualunque intenzione, e consumare i banchi della chiesa a forza di stare a pregarci su o sfogliare di continuo la Bibbia, non è certo garanzia di moralità o comportamento corretto. GCB lo dice facendoci fare su due risate, e la lezione del momento scritta, come è tradizione negli USA, con una citazione o un motto fuori dalla chiesa (ad esempio “Raccogli ciò che semini”) sono un esilarante commento a ciò che avviene. La serie, però, almeno in partenza, ci prova troppo. Grida. E per questo è un po’ fastidiosa. Se reggerà a lungo termine o meno dipenderà proprio da questo, dal tono. Per ora è eccessivo.
mercoledì 14 marzo 2012
IL GIOVANE MONTALBANO: per appassionati
Hanno la revisione della sceneggiatura di Andrea Camilleri i copioni de “Il Giovane Montalbano”, oltre a basarsi sui suoi racconti: sarà anche per quello, ma mi è sembrata azzeccata e fedele al personaggio come abbiamo imparato a conoscerlo interpretato da Luca Zingharetti l’interpretazione da “picciotto” che ne fa ora Michele Riondino, al di là della macroscopica differenza che tutti notano: il commissario più amato d’Italia ha ancora tutti i capelli, e che chioma ricciuta.
La prima delle sei puntate trasmesse da Rai1 (giovedì, prima serata) si è aperta con Salvo ancora in servizio nel paesino di Mascalippa, prima del trasferimento a Vigata. La squadra che lo circonda è per ora appena abbozzata, ma già si è fatto notare l’agente Catarella (l’attore Fabrizio Pizzuto), affidato al centralino.
Narrativamente c’è un piccolo spazio anche per la vita personale di Montalbano, l’amore con Mery (Katia Greco) prima e Livia (Sarah Felberbaum) poi, e il difficile rapporto con il padre, che rimarrà un personaggio privo di nome (a interpretarlo è Adriano Chiaramida).
Stilisticamente è più calcato il siciliano, cosa che colora positivamente la serie, senza appesantirla, e si mantiene il ritmo impossibilmente lento, quasi soporifero, che rispecchia bene la Sicilia, e che ti sembra non portare da nessuna parte, non avere vera scrittura dietro, ma che poi ti accorgi di dove vuole andare, della cultura locale che traspare e noti le sfumature del non detto, del mezzo-detto e del sottointeso che il personaggio naviga a suo favore così bene, fra un piatto di pesce e l’altro (i dialoghi ci prendono gusto ad enunciarti i menù del ristorante come se ci dovessi andare sul serio). Per appassionati.
lunedì 12 marzo 2012
PREMIO REGIA TELEVISIVA 2012: i vincitori
Sono stati svelati ieri sera i vincitori della 52esima edizione del Premio Regia Televisiva, che di per sé con la regia non ha nulla a che vedere, ma comunque… Eccoli di seguito.
Trasmissione dell’anno: Il più grande spettacolo dopo il weekend
Miglior fiction: Don Matteo 8
Personaggio maschile dell’anno: Fiorello
Personaggio femminile dell’anno: Geppi Cucciari
Personaggio rivelazione dell’anno: Rocco Papaleo
Evento televisivo straordinario dell’anno: Lo spettacolo sta per iniziare
Miglior TG: TG la7
Altri premiati:
Ballando con le stelle
L’eredità
Ballarò
La vita in diretta
La storia siamo noi
Italia’s got talent
Le Iene
Striscia la notizia
Zelig
Ammetto che, nonostante questo premio abbia avuto nel tempo anche un certo lustro, l’ho sempre sentito vecchio e stanco in partenza. Non dico che diversi dei premiati non siano anche meritevoli, ma mi pare sempre così scialbo e scontato – nella concezione, non nella effettiva serata che ammetto di non aver seguito. Davvero Don Matteo 8 è la miglior fiction italiana? Siamo davvero ancora alle scuole elementari?
giovedì 8 marzo 2012
SMASH: il musical di Broadway incontra la TV
Prometteva bene e ha mantenuto la promessa: Smash, ovvero “Grande Successo”, ha tutti i numeri (musicali e non) per esserlo di nome e di fatto - sulla NBC negli USA, su Mya in Italia. Avevo aspettative alte per questa serie, e non mi ha delusa, conquistandomi subito, pur non essendo io una grande amante del genere musical, con personaggi complessi, storie ben intrecciate e calibrate, ed esibizioni canore e di balletto degne di Broadway.
Ideato da Theresa Rebek e con Steven Spielberg (che pare abbia avuto l’idea originaria) fra i produttori esecutivi, si tratta di una drama che segue la messa in scena di un musical dedicato a Marilyn Monore. Gli autori Julia Houston (Debra Messing, Will & Grace) e Tom Levitt (Christian Borle, vincitore del prestigioso Tony Award nel musical Legally Blonde) vengono ispirati da quest’idea – dell’assistente di lui Ellis (Jaime Cepero), ci tiene a precisare quest’ultimo - e decidono di mettere su un nuovo spettacolo, nonostante lei avesse promesso al marito Frank (Brian D’Arcy James), un insegnante, di prendersi un anno sabbatico per potersi dedicare all’adozione di un bambino. Alla conduzione dello spettacolo viene chiamato un rinomato regista inglese, Derek Willis (Jack Davenport, Coupling, FlashForward), donnaiolo e noto per il suo brutto caratteraccio, mentre il ruolo principale se lo contendono in partenza la burrosa, bionda veterana del palcoscenico Ivy Lynn (Megan Hilty), sostenuta dagli amici, e la verde, bruna Karen Cartwright (Katharine McPhee, attrice divenuta famosa originariamente grazie alla sua partecipazione alla quinta stagione di American Idol, dove è arrivata seconda) che in attesa di sfondare lavora come cameriera ed è sostenuta moralmente dal fidanzato Dev (Raza Jaffrey), che lavora nell’ufficio del sindaco. A credere e produrre l’idea c’è un pezzo grosso del settore, Eileen (Angelica Houston), che dal lato personale sta affrontando un difficile divorzio dal marito.
Il telefilm funziona su tutti i livelli: nel plot che ha cuore e testa, anche lì dove magari non è particolarmente originale; nelle performance che si alternano fra i veri momenti delle prove e quelli immaginati sul palco; come lettera d’amore a Marilyn Monroe e come autentico studio del suo lavoro e riflessione sul mito che è diventata; nelle canzoni originali scritte dai veterani scrittori di musical, vincitori di Tony e Grammy, Marc Shaiman e Scott Wittman, pure co-produttori esecutivi; nel “catturare il grandioso e trascinante gesto che è il teatro musicale” iniettandovi “l’immediata intimità della televisione. O forse è il contrario. In ogni caso nessun altro lo ha mai fatto prima”, come scrive Mary McNamara, che sul Los Angeles Times acutamente osserva: “Il teatro e la televisione potranno raccontare storie simili, ma lo fanno in modo molto differente. Il palcoscenico è grande; lo schermo della TV è piccolo. Sul palco, gli attori recitano per la prima fila e per la galleria; in televisione, gli attori recitano per la telecamera, spesso a meri centimetri di distanza. Il teatro è allo stesso tempo più magniloquente della televisione e più minimalista – una nuda piattaforma può essere un balcone, una macchina, una camera da letto”, e continua osservando come in Smash si onorino entrambi i generi, evitando di farne un Frankenstein. Smash procede senza sforzi e senza scossoni. Almeno per ora, davvero impeccabile.
martedì 6 marzo 2012
SENTIERI, cancellata da Rete4, forse passa online
Secondo quanto annunciato dal palinsesto di Rete4, domani va in l’ultima puntata di Sentieri su quella rete. Si tratta della puntata numero 15.084. Già a gennaio si era parlato di questa possibilità.
In base a quanto riposta lo Springfield Journal, c’è la possibilità che le rimanenti puntate, vadano in onda sul web, a partire da dove si è interrotto in TV. Ci sarebbe una programmazione regolare di cinque puntate a settimana, in lingua originale con i sottotitoli italiani, con puntate in archivio per un mese visibili in qualunque momento. Per accedere alla visione sarebbe previsto un abbonamento mensile di €3,80 al mese, pagabile con carta di credito o prepagata.
lunedì 5 marzo 2012
I SIMPSON omaggiano IL TRONO DI SPADE
I Simpson fanno un omaggio alla serie Game of Thrones - Il trono di Spade, con gli opening credits (sotto) che ne riprendono la sigla, visivamente e sonoramente.
sabato 3 marzo 2012
AMERICAN HORROR STORY: qualche indizio sulla seconda stagione
Ero incerta se American Horror Story mi avrebbe conquistata al di là del convincente inizio. Sono rimasta tiepida per tutta la prima metà della prima stagione, poi nella seconda metà mi ha proprio trascinata, con un colpo di scena in particolare, nell’episodio scritto da James Wong “Smoldering Children – Giù la maschera” (1.10), per me davvero inatteso: non rivelo nulla in proposito per non dare spoiler a chi non l’avesse visto. Non ho trovato nulla nella serie che facesse paura, ma questa è un’altra questione. Tema portante della prima stagione, per esplicita ammissione del co-ideatore Ryan Murphy (nella foto), erano gli orrori che ci sono nel matrimonio in seguito alle infedeltà, e questo era una colonna portante evidente.
La seconda stagione, da quanto si sa già dalla fine dello scorso anno, non avrà la stessa ambientazione e gli stessi protagonisti o lo stesso tema. Quello che abbiamo visto nella finale è stata la fine della casa degli Harmon e nella seconda stagione dello show ci saranno una casa o un edificio nuovi di zecca, aveva dichiarato all’Hollywood Reporter, aggiungendo che ogni stagione del programma avrebbe avuto un inizio, un mezzo e una fine: “È un’idea divertente fare un programma antologico. Questo è stato il progetto dello show dall’inizio; è un modo davvero forte e interessante di narrare un storia dell’orrore: in ogni stagione c’è ciò che costituisce un orrore americano”.
L’autore poi in questi giorni, in occasione del PaleyFest 2012, ha rivelato che ci si sposterà da Los Angeles alla costa Est degli USA, ha confermato la presenza di molti degli attori del cast originario, in particolare Jessica Lange e Zachary Quinto, ma anche Evan Peters, Sarah Paulson e Lily Rabe, solo che interpreteranno personaggi diversi (se non addirittura opposti) da quelli in cui li abbiamo visti nella prima stagione, e ha strizzato l’occhiolino ai fan dicendo che il segreto che riguarda la prossima stagione si può trovare nella penultima puntata della prima stagione, “Birth - Nascita” (1.11). In quell’episodio a Violet viene spiegato che la casa ha una sorta di presa paramagnetica di energia negativa che si nutre dei traumi delle persone e le attira verso di sé. Murphy dice che questo genere di presa paramagnetica si può trovare in luoghi come le prigioni o i manicomi e questo dovrebbe essere l’indizio più forte sul tipo di “istituto dell’orrore” che sarà al centro delle vicende.
Oggi poi, sempre sull’Hollywood Reporter, ha ulteriormente rivelato: “Sento che l’elemento sovrannaturale sarà sempre una parte del programma, ma non penso che ne siamo interessati allo stesso modo. Stiamo cercando di fare qualcosa di molto più storicamente accurato”. E la sola regola che si sono ripromessi di seguire è quella di non avere né vampiri né lupi mannari, ma a parte quello, ci sono tanti sottogeneri horror da esplorare: “Mi sono piaciuti molto i fantasmi… ma la parte divertente del programma, il dono del programma, è reinventarsi ogni anno. Perciò non credo che torneremo su un tropo che abbiamo già fatto”.
Altro cambiamento per la serie, la cui seconda stagione dovrebbe debuttare ad ottobre, sarà la sigla, che era ispirata al thriller del 1995 di David Fincher Se7en: sarà modificata e offrirà qualche indizio su ciò che ci aspetta.
venerdì 2 marzo 2012
A SAN REMO l'ultima apparizione TV di LUCIO DALLA
È scomparso ieri in Svizzera per un infarto Lucio Dalla. Avrebbe compiuto 69 anni il 4 marzo. La sua ultima apparizione televisiva è stata la recentissima partecipazione a San Remo (sotto), dove è stato direttore d’orchestra presentando “Nanì”, insieme a Pierdavide Carone.
giovedì 1 marzo 2012
CLIO MAKE UP: con trucco, ma senza inganno
I tutorial di make-up, video amatoriali che insegnano a truccarsi, sono diventati un vero fenomeno in Internet. Una delle più seguite, Clio Zammatteo, i cui interventi sono stati seguiti 61 milioni di volte, ha debuttato anche in TV ora con una trasmissione tutta sua, intitolata in modo molto diretto Clio Make Up (Real Time, ore 14.30). E se la prima puntata è una buona indicazione, si merita assolutamente uno spazio tutto suo: è brava, concisa e si imparano davvero un sacco di trucchi, è il caso di dirlo, per realizzare maquillage a regola d’arte.
Ogni puntata è divisa in tre sezioni: nella prima la bellunese trasferitasi a New York aiuta a correggere un difetto specifico, venendo in aiuto a una videorichiesta di una donna (va da sé che il target è prevalentemente femminile), applicando lei sull’interessata mascara, ombretti e quant’altro – si va al sodo con accorgimenti che ciascuna può rifare per rendere migliore il proprio aspetto; nella seconda propone rapidissimamente una ricetta di bellezza, ovvero come realizzare da sé prodotti per la cura del viso – mi lasciava perplessa quest’idea, ma l’utilizzo in ingredienti naturali (ad esempio papaia e yogurt, nella puntata di debutto, per creare una maschera esfoliante) ha il vantaggio di non avere alcun elemento chimico e quindi di poter essere utilizzabile anche da chi avesse intolleranze a prodotti di questo genere; nell’ultima parte, più lunga, la padrona di casa e una seconda ospite realizzano, ciascuna su di sé, lo stesso trucco, passo a passo, per un’occasione importante, con l’ospite libera di fare domande a piacimento mentre impara.
Attraverso le parole di Clio, attraverso sottotitoli in sovrimpressione ad hoc che ripetono l’essenziale di quanto viene detto, e attraverso piccoli sunti successivi di quanto è stato fatto, con un uso dello split screen che permette primissimi piani sui dettagli pur con la visione d’insieme, si capisce come stendere il primer, si scopre efficacia del piegaciglia e l’importanza di scaldarlo prima con il phon, viene ricordato che i piumini vanno periodicamente lavati e le matite temperate perché aiuta ad evitare germi e batteri che si possono raccogliere, si impara a muoversi a zig-zag per stendere il mascara, ad applicare il fondotinta con una spugnetta bagnata o la cipria disegnando una specie di numero tre sul viso, a riconoscere che per l’eyeliner è bene usare un pennello piatto con taglio obliquo, mentre per altri effetti sono più utili pennelli differenti… Sono lezioni alla portata di tutti e vista una sola puntata ero già pronta a provare a mettere in pratica i suoi consigli. Per gli appassionati di look e bellezza davvero uno spazio ricco di spunti, presentati con brio e passione.
Iscriviti a:
Post (Atom)