venerdì 28 settembre 2012

GREY'S ANATOMY: l'ottava stagione

 
È terminata con il botto l’ottava stagione di Grey’s Anatomy. La tradizionale puntata di megadisastro a cui questo telefilm ci ha abituato è stata riservata per la fine, in quest’occasione. La serie diventa ogni giorno più soapy, ovvero introduce elementi inverosimili alla maniera delle soap: uno per tutti, il compagno della Bailey (Chandra Wilson), Ben (Jason George), che le fa trovare un tavolo imbandito di tutto punto per una cena romantica in ospedale visto che lei ha operato fino all’ultimo e ogni prenotazione al ristorante è andata a farsi benedire – tanto deliziosamente romantico quanto completamente poco credibile. Ma se Grey ci piace è anche per questo. Anche quando vedi che non è chissà quale grande televisione, sei affezionato ai personaggi e non ti importa. 
Questa stagione è partita un po’ in sordina, con il licenziamento subito rettificato di Meredith (Ellen Pompeo) a seguito del suo aver compromesso la ricerca sull’Alzheimer di Derek (Patrick Dempsey): che le abbiano di fatto impedito di subire le conseguenze di una decisione tanto grave, sia eticamente che professionalmente, mi ha lasciato l’amaro in bocca. E le ripercussioni sull’adozione della coppia della piccola Zola, che soffre di spina bifida, sono forse la sola cosa degna di nota collegata. La tensione narrativa però è stata fiacca. Più interessanti le conseguenze per Richard (James Pickens, jr) -  che ha dovuto cedere il posto di capo del personale a Owen – per il quale la storia con la moglie Adele (Loretta Devine) è stata portata alle sue naturali conclusioni, con lei affidata a una casa di cura.
La storia davvero potente dell’ottavo arco, quella che ha funzionato sotto ogni punto di vista, è stata quella dell’aborto di Christina (Sandra Oh) e delle conseguenze che ha avuto nel suo rapporto con Owen (Kevin McKidd). Qui la serie è stata soap nel senso migliore del termine: ha esaminato con onestà emozionale le posizioni di entrambi e solo con il necessario pizzico di melodrammaticità ha ritratto la coppia con integrità, mettendone a nudo vulnerabilità e forze. Gli attori sono stati superbi in ogni passaggio. Bisogna poi applaudire anche solo la presenza di un personaggio femminile che non vuole figli, per il semplice fatto che non desidera averne. Sono così rari che sembra talvolta che non esistano. In questo senso Christina davvero è un originale e rende visibili molte donne là fuori che sullo schermo sono decisamente sottorappresentate.
La storia di Teddy (Kim Raven, ora entrata nel cast di Revolution) che, inaspettatamente, perde (8.09) il marito Henry (Scott Foley) è stata fatta con garbo, ma ha avuto più forza per il tipo di dinamiche create con Owen e Christina che alto. Dopo la storia di Izzy (Katherine Heigl), sulla cui falsariga era concepita,  in questo senso non ce n’è per nessuno. Arizona (Jessica Capshaw) e Callie (Sara Ramirez) sono state in secondo piano, quest’anno, e Lexie (Chyler Leigh) e Mark (Eric Dane) ormai hanno dato quello che potevano. A concepire i personaggi come segnaposto, i loro ruoli sono ora coperti da April Kepner (Sarah Drew) e Jackson Avery (Jesse Williams). La prima inizia la stagione con la difficoltà a imporre la sua autorità come chief resident e termina con una fortissima crisi personale: sembra inadeguatamente un po’ troppo il bersaglio dello scherno generale, e il tentativo di demolire la sua gioiosità con le difficoltà della vita non l’ho troppo gradito come tipo di retorica sottesa, né come risultato sul personaggio. Jackson dal canto suo, oltre a rendere onore al suo mentore professionalmente, tiene alto senza sforzo il quoziente di quello che l’ideatrice chiama man-whoreness  (“puttanità maschile”), ma che io mi accontento di definire “gnocchitudine”. La comparsa della madre di lui, sempre troppo presente nella sua vita, introdotta con una puntata sul trapianto del pene, è stata una mossa vincente. Karev (Justin Chambers) che si è avvicinato alla interna Morgan (Amanda Fuller), e al suo bebè nato prematuro, ha mostrato una volta in più che questo personaggio è sempre un po’ sotto-sfruttato. 
Questo era il quinto anno per la gran parte dei residenti e questo ha portato decisioni da prendere per la rispettiva specializzazione, esami finali e cose così: uno sguardo interessante a come funziona il sistema americano. Puntata “speciale” della stagione è stata quella di realtà alternativa  “If/Then” / “E se…” (8.13). Gradevole, ma non di più, anche perché arrivava esplicitamente a due conclusioni opposte, da un lato che siamo noi gli artefici del nostro destino, dall’altro che se è destino che accada qualcosa, non importa quel che facciamo, accadrà.    

mercoledì 26 settembre 2012

IL VIAGGIO: poteva farlo stando a casa

 
Ho deciso di guardare la puntata dedicata alla Puglia della nuova trasmissione di Pippo Baudo Il Viaggio (Rai3, lunedì, prima serata) perché è una regione che conosco bene. Non credo di aver imparato molto di più.
Quello che è evidente da subito è che il popolare conduttore avrebbe potuto realizzare praticamente lo stesso programma standosene sulla poltrona di casa sua, utilizzando qualche immagine esterna di repertorio. Quelle che ci sono risultano pressoché inutili e di fatto non è una visita di una regione ogni volta diversa, la sua, ma una indagine di alcune personalità che hanno fatto la storia di quei luoghi e che per quei luoghi sono significative. Dei posti si continua a ignorare praticamente tutto.  
La regia è addormentata. Erano al Petruzzelli di Bari e insieme a Mirabella ammiravano la sola stanza rimasta intatta dall’incendio del teatro, poi ricostruito. Si guardano intorno ammirati, e secondo voi la regia ci fa vedere qualcosa di quello che vedono? Mai sia. Rimane imbambolata a fissare i due. Il trullo davanti a cui si è chiacchierato con Checco Zalone, nella Valle d’Itria,  poteva ben essere una parete passata a calce qualunque. Sotto la statua di Domenico Modugno a Polignano a Mare, gli spostamenti di inquadratura lasciavano la sensazione che fossero fatti solo per evitare l’ombra degli operatori sul conduttore.
Il personaggio medio intervistato ha un’età di 50 anni, e per il 95% si tratta di uomini. Dopo un po’ ho cominciato a notarlo con fastidio. Nella puntata in questione poi, quando sulla piana di Ostuni si è parlato con il proprietario di una masseria, lo si è interrogato sugli ulivi secolari, quando da Bianca Guaccero ci si è fatti accompagnare a Bitonto dove fanno dei taralli e dove le “taralliste” sono tutte donne, si è forse chiesto alla proprietaria qualcosa sulla sua attività? Si è preferito chiedere all’attrice a che età ha avuto il primo fidanzatino e se si siano baciati.
Per i ritmi moderni certi inserti li si vorrebbe anche sforbiciare un po’ prima, ma il programma però è attento ai dettagli. Prima di inquadrare la succitata soubrette, ad esempio, la si è inquadrata mentre leggeva “Né qui, né altrove”, di Gianrico Carofiglio. Del libro non si parla mai, né vi si fa riferimento alcuno, ma è di un autore pugliese, ed è un libro specificatamente ambientato a Bari, città che in questo caso è quasi un personaggio della storia essa stessa.
Quando si sofferma su alcuni personaggi il programma  riesce comunque a catturare con il potere delle storie che racconta: la vita e la missione del fondatore della CGIL, Giuseppe di Vittorio, di Cerignola; Aldo Moro, la cui scultura in quel di Maglie, con L’Unità sotto il braccio, è un tentativo di illustrare la sua politica di “compromesso storico”…  

martedì 25 settembre 2012

STUDIO APERTO e gli etilometri

 

Sto ancora ridendo. Italia1, Studio Aperto, ore 19.00 circa. La giornalista parla di come le macchinette per misurare il tasso di alcool fornite dai locali non siano affidabili, ma diano valori molto più bassi di quello effettivo.
E commenta: “Roba da rischiare non solo la vita, ma addirittura il ritiro della patente!”
E sì, il ritiro delle patente è cosa molto più grave della perdita della vita.  

lunedì 24 settembre 2012

EMMY AWARDS 2012: i vincitori

 
Sono stati consegnati ieri sera gli Emmy del prime-time, giusti alla 64esima edizione, presentata da Jimmy Kimmel.
Ecco sotto tutti i vincitori.
 
Miglior Drama
Homeland

Miglior attrice protagonista in un Drama

Claire Danes, Homeland

Miglior attore protagonista in un Drama

Damian Lewis, Homeland

Miglior attrice non protagonista in un Drama
Maggie Smith, Downton Abbey

Miglior attore non protagonista in un Drama
Aaron Paul, Breaking Bad

Miglior regia per un Drama
Tim Van Patten, Boardwalk Empire, To The Lost

Miglior sceneggiatura per un Drama
Alex Gansa, Howard Gordon, Gideon Raff, Homeland, Pilot



Miglior Comedy
Modern Family

Miglior attrice protagonista in una Comedy
Julia Louis-Dreyfus, Veep

Miglior attore protagonista in una Comedy

Jon Cryer, Two and a Half Men

Miglior attrice non protagonista in una Comedy
Julie Bowen, Modern Family

Miglior attore non protagonista Comedy
Eric Stonestreet, Modern Family


Miglior Regia per una Comedy
Steven Levitan, Modern Family

Miglior sceneggiatura per una Comedy
Louis C.K., Louie, Pregnant




Miglior Miniserie o Film
Game Change

Miglior attrice protagonista in una Miniserie o Film
Julianne Moore, Game Change

Miglior attore protagonista in una Miniserie o Film

Kevin Costner, Hatfield & McCoys


Miglior attrice non protagonista in una Miniserie o Film
Jessica Lange, American Horror Story

Miglior attore non protagonista in una Miniserie o Film
Tom Berenger, Hatfields & McCoys

Miglior regia per una Miniseries, Film o Speciale Drammatico
Jay Roach, Game Change

Miglior sceneggiatura per una Miniseries, Film o Speciale Drammatico
Game Change

Miglior Varietà
The Daily Show With Jon Stewart

Miglior Programma Animato
The Penguins Of Madagascar: The Return Of The Revenge Of Dr. Blowhole


Che dire dei risultati? Quello che mi lascia più contenta è la vittoria di Homeland, perché la giudico meritatissima, così come penso che fosse scontata la vincita di Modern Family in campo comico. Sono invece molto scontenta della vittoria di Game Change, e non solo perché tifavo per American Horror Story, ma perché a me non è affatto piaciuto. Julianne Moore è stata spettacolosa e con contenta che l’abbiano riconosciuto, ma il film TV ha inadeguatamente reso Sarah Palin il capro espiatorio del fallimento della campagna presidenziale americana repubblicana di quattro anni fa, tralasciando aspetti che erano importanti nello spiegare certi comportamenti del personaggio che nel libro da cui è tratto ci sono (ad esempio i ben noti scatti d’ira di McCain, a cui con poco si poteva quanto meno accennare).

venerdì 21 settembre 2012

REVOLUTION: il nuovo progetto di JJ Abrams parte bene


Ammetto che ero partita molto sospettosa nei confronti di Revolution. Mi aspettavo già di trovarmi di fronte a un nuovo Terra Nova o Falling Skies o FlashForward. Questa  nuova serie però, che ha debuttato il 17 settembre sull’americana NBC, è partita in modo decisamente più godibile. Il pilot non è stato eccezionale, ma solido e promettente: un po’ The Walking Dead, un po’ Lost, un po’ The Hunger Games, ma anche Fuga da New York, Iron Man, Battlestar Galactica e Jericho. Ed Eric Kripke (Supernatural), l’ideatore, ha detto di essersi ispirato più a Il Pianeta delle Scimmie e a Il signore degli Anelli che a The Road. Non c’è un solo momento morto, i personaggi sembrano tutti intriganti e le relazioni anche di più, e le basi per una forte mitologia si vedono tutte. La partenza mi lascia desiderosa di vedere di più e spero davvero che la serie, a dispetto del titolo, visivamente niente affatto rivoluzionaria, prenda quota. Incrocio le dita.
ATTENZIONE SPOILER SUL PILOT. Un giorno, all’improvviso, c’è un black-out generale e sulla terra l’energia elettrica scompare, per sempre. La sparizione, mostrata in pochi flash, è efficacissima: sullo schermo TV l’immagine di Bugs Bunny spiaccicata sullo schermo svanisce, le luci lungo la corsia di un’autostrada scompaiono verso un punto di fuga prospettico all’orizzonte, i puntini luminosi sulla terra vista dall’alto si spengono come candeline su una torta. Cadono aerei come cadono governi. Quindici anni dopo il pianeta è ancora al buio e il futuro distopico che la gente vive è quello di villaggi rurali, al riparo dalle milizie che sono un pericolo costante, e di grossi centri in rovina dall’aria ora medievale dove regna il caos – forse la parte meno credibile, per il fatto che per secoli non abbiamo avuto la corrente, senza per questo essere primitivi.   
Il pilot comincia con Ben (Tim Guinee) che arriva a casa dalla moglie Rachel (Elizabeth Mitchell, Lost), tutto trafelato, consapevole di quello che sta per accadere. Quindici anni dopo, lo spietato capitano Tom Neville (l’eccellente Giancarlo Esposito, Breaking Bad) viene per portarselo via. Il figlio Danny interviene per opporsi e la situazione sfugge di mano. Danny viene catturato e Ben, in punto di morte, dice alla figlia Charlie (Tracy Spiridakos) di cercare lo zio Miles (Billy Burke). Lei, con al seguito la nuova compagna del padre, Maggie (Ann Lise Phillips), e Aaron (Zak Orth), un insegnante del suo villaggio che nella “vita precedente” lavorava per Google, lo trova nella zona intorno a Chicago. E lo convince ad aiutarla. Alle loro calcagna c’è però la milizia della Repubblica di Monroe , con marchiato a fuoco sulla pelle vicino al polso il simbolo di una “M”: è del generale Monroe (David Lyons), un tempo amico di Miles. E fra le loro fila c’è anche un aitante giovanotto, Nate Walker (JD Pardo), che ha adocchiato Charlie. Danny intanto viene aiutato da una donna, Grace (Maria Howell), che sa più di quanto non voglia lasciar credere, e che possiede uno “ciondolo”  - già lo voglio, buon segno  per loro - che consente di utilizzare la scomparsa energia elettrica, uguale a quello che poco tempo prima di morire Ben ha lasciato ad Aaron.    
La sigla di questo progetto, che porta anche la firma di JJ Abrams (è uno dei produttori esecutivi), pure è interessante, con la scritta che compare lasciando che si accenda per ultima la lettera “R” e con la seconda “O” che è come il  simbolo di accensione e spegnimento dei computer, e che scompare alla maniera in cui un tempo sparivano le scritte quando si spegneva una TV, con le lettere che per un momento appaiono distorte e che vanno a neve. È un flash ma riassume tutto il concetto dietro al programma.

mercoledì 19 settembre 2012

Online: studi sulla storia e cultura della TV europea

È nato in questo 2012 il “Journal of European Television History and Culture” ovvero il “Giornale della Storia e Cultura della Televisione Europea”, disponibile online. Si tratta della prima rivista di tipo accademico su questo argomento che sia peer-reviewed (ovvero con articoli precedentemente letti e approvati per così dire da gente del settore, dunque competente) e vuole essere una piattaforma internazionale di ricerca e un archivio di riflessioni sul piccolo schermo come parte dell’eredità culturale europea, concentrandosi sia sul passato che sul presente.
Le prospettive disciplinari sono molteplici: storia, studi sui media, studi culturali, studi sociologici, studi sulla televisione… enfatizzando la valenza transnazionale e guardando alla televisione come  mezzo di circolazione e appropriazione di convenzioni estetiche, idee politiche, norme culturali e valori sociali.
I caporedattori, Andreas Fickers e Sonja De Leeuw, fanno capo rispettivamente all’Università di Maastricht e alla Utrecht University, ma vi afferiscono studiosi delle università di Londra, Tel Aviv, Groningen, Nottingham, e Milano, come la presenza del nostrano Massimo Scaglioni testimonia, oltre che rappresentanti di vari prestigiosi istituti dell’audiovisivo.
Tutti gli articoli fanno uso delle risorse audiovisive, intese non come “illustrazioni” di un’argomentazione teoretica o storica, ma come prova problematizzata del quesito di ricerca e il pubblico a cui ci si rivolge è sì quello della comunità scientifica (storici della comunicazione, accademici degli studi sui media, archivisti dell’audiovisivo, professionisti delle TV), ma anche del pubblico più in generale, appassionato di televisione e semplicemente curioso di conoscerla di più come fenomeno culturale.   

lunedì 17 settembre 2012

A 84 anni scompare JOHN INGLE



Sono rimasta autenticamente dispiaciuta per la scomparsa di John Ingle, che interpretava Edward Quartermaine a General Hospital. Ammetto di aver proprio pianto nel sapere la notizia. Mi è parso quasi di perdere un nonno.
Ricordo tante bellissime scene con lui, ma una delle mie cose preferite era quando sgridava i giovanissimi della serie dicendo “you reprobate” oppure “you young lady”… mi faceva sempre sorridere. La sua ultima scena nella soap è stata quanto mai appropriata e commovente. La vita ha imitato l’arte, di direbbe. Eccola qui.
Soap Opera Digest ha raccolto le reazioni dei vari colleghi  che ne piangono la scomparsa.    

venerdì 14 settembre 2012

THE NEW NORMAL: in parte commedia, in parte polemica

 
In The New Normal, che ha debuttato sull’americana NBC l’11 settembre, David Murray (Justin Bartha, Girls, The book of Mormon a teatro) e Bryan Collins (Andrew Rannells) sono una coppia che ha deciso di avere un bambino. Come madre surrogata finiscono per scegliere Goldie (Georgia King) che, rimasta incinta a soli 15 anni, ha dovuto rinunciare al sogno della sua vita, diventare avvocato, per crescere la figlia Shania (Bebe Wood), bimba sveglia e buona osservatrice. Con la somma che guadagnerebbe nel dare in affitto il suo utero potrebbe assicurarle un futuro economicamente sereno. Di proposito, sceglie una coppia gay - crede che l’amore sia amore e che sia la cosa più importante di tutte in una famiglia: ancora prima che venga concepito, David e Bryan sono già presenti nella vita del futuro bebè più di quanto non lo sia stato il padre di Shania. La nonna di Goldie, Jane Forrest (Ellen Barkin), bigotta e piena di pregiudizi, non è d’accordo e si fa sentire forte e chiara. Le loro vite ora però - inclusa quella di Rocky (NeNe Leakes, Glee), l’assistente di Bryan - sono intrecciate e dovranno imparare a convivere.
Ideata da Bryan Murphy (Glee, American Horror Story), anche regista del pilot, e Ali Adler, co-sceneggiatore della prima puntata, la sit-com ha già causato qualche controversia. L’organizzazione ultraconservatrice One Million Moms ha invitato a boicottarla perché ha come protagonisti una coppia gay e la KSL-TV, stazione televisiva affiliata alla NBC nello Utah, ha deciso di non mandarla in onda perché ritiene il contenuto discutibile – come se non avessero mai visto Modern Family in vita loro. La NBC dal canto suo ha ribattuto che questa è da parte di Murphy una “lettera d’amore alle famiglie”.
Lo spirito del programma lo si coglie nel titolo: le famiglie non tradizionali, e mostrano fra gli altri come esempio famiglie di sordi e di nani, sono “la nuova normalità”. Come è ormai nell’etica narrativa di Murphy, le minoranze e i “perdenti” agli occhi della società sono celebrati e apprezzati, e viene smascherato il bullismo del più forte che disprezza e offende attraverso un personaggio in bilico fra le due posizioni (in opposizione al desiderabile, ma passibile di essere alla fine convinto) che assurge a secondario e che, sfacciatamente abrasivo e politicamente scorretto, crea contrasto incarnando gli affronti della quotidianità che si è costretti a sopportare e che si vuole portare dalla propria parte:  lì dove in Glee era Sue Sylvester, qui è nonna Jane.
Entertainment Weekly ha acutamente sintetizzato dicendo che The New Normal è un inusuale genere di sit-com, in parte commedia e in parte polemica, e frecciatine ad hoc a Repubblicani e cristiani ultraconservatori non vengono risparmiate. Si ride poco nel pilot, a dire il vero, quasi per nulla direi, e la parte di contraddittorio potrebbe essere argomentata in modo più graffiante. Qualche battuta di spirito ben piazzata convince di più di un trito predicozzo, per quanto io ne condivida il senso ultimo. Ho rimpianto Husbands.

lunedì 10 settembre 2012

SHARK: uno squalo di avvocato

 
In partenza Shark (ora su Giallo – canale 38 – dopo essere passato su Rete4 nel 2008) è stato presentato come un Dr House versione avvocato. Sebastian Stark in detta professione è un vero squalo (da cui il titolo, che significa proprio quello) e quando decide di accettare la proposta di lavorare per l’ufficio del procuratore distrettuale, quindi per lo Stato anziché per privati, gli avversari cominciano a tremare. I suoi metodi, così come quelli del dottor House, sono anticonvenzionali e ha poca pazienza per le regole: “la verità è relativa, scegline una che funzioni”, è una delle sue massime, insieme a “il processo è una guerra, arrivare secondi è la morte”. Come il dottore più amato d’Italia ha anche lui un seguito di giovani colleghi a cui fa da mentore che indirizza e un po’ tiranneggia, anche lui ha un capo che fa esasperare che cerca di farlo rigare dritto (qui Jeri Ryan nel ruolo di Jessica Devlin), anche lui infine deve svolgere una parallela attività in qualche modo investigativa per venire a capo dei sui casi e si affida ad una lavagna per tracciare punti chiave da ricordare.
 
James Woods è carismatico almeno quanto il suo personaggio, ma le similarità fra la sua serie e quella a cui è accostato in realtà sono più superficiali che altro. L’etica di House è molto meglio definita, pratica quello che predica, è ricco di umorismo, nella sceneggiatura stacca di molte lunghezze altri telefilm trascendendo lo schema rigido in cui sceglie di ingabbiarsi e ha una squadra alle spalle che risalta molto di più, nella apparente inutilità sottolineata da qualcuno. Shark è molto più blando e comune, le storie non sono troppo distintive e per quanto sia una boccata d’aria fresca vedere una fiction ambientata in tribunale che per una volta non sia uscita dalla penna di David E. Kelley, non sembra che sia più profonda di quattro slogan cuciti insieme. Di certo non appare una critica al sistema legale, al suo funzionamento, ai suoi limiti e pastoie, né la proposizione di un’alternativa personale in materia da parte del personaggio. Hanno addolcito Stark accordandogli una figlia, Julie (Danielle Panabaker), che raggiunta l’età di 16 anni ha deciso di scegliere di vivere con lui, piuttosto che con la madre nel tentativo di recuperare un rapporto mai veramente significativo. Anche qui, niente di sorprendente.
 
La serie, di due stagioni, è ideata da Ian Biederman.  

sabato 8 settembre 2012

Le 50 COPPIE più grandi nella storia delle SOAP OPERA


Nei mesi scorsi, il sito We Love Soaps ha steso la classifica di quelle che ritiene essere le coppie più grandi nella storia delle soap opera. Si sapeva di fatto in partenza chi ci sarebbe stato in vetta, Luke e Laura di General Hospital, per il fatto che era scontato. Non poteva a essere diversamente.
Mi pare una lista molto pensata ed equilibrata, anche se la mia coppia preferita di tutti i tempi, Steve “Patch” Johnson e Kayla Brady (DAYS) sono solo diciannovesimi. Fossero gli anni Ottanta sarebbe da non crederci, ma sono tornati in tempi più recenti e le loro storie hanno deluso, per cui in fondo la posizione non mi sorprende, anche se me li aspettavo più in alto, così come dalla stessa soap anche Bo e Hope – mai e poi mai avrei immaginato che Cruz e Eden (SB), probabilmente la mia seconda coppia favorita, li avrebbero superati, e ho tutt’ora delle perplessità  - o Jack e Jenn. Almeno un dignitosissimo quindicesimo posto è stato riservato a Sonny e Brenda (GH), altra coppia nella mia top ten personale, che temevo avrebbero trascurato in favore di Sonny e Carly che invece nemmeno compaiono fra i primi 50. Chi mi dispiace non sia stato elencato, e che mi aspettavo, sono Joe Novak e Siobhan Ryan (RH), la prima coppia che io abbia mai amato, e pesa un po’ l’omissione di amati patriarchi/matriarche: Audrey e Steve (GH), Lila e Edward (GH), Tom e Alice (DAYS), Bill e Charita (GL), Nancy e Chris (ATWT), Stephanie e Eric (B&B)… ma non si potevano mettere tutti.
Ecco sotto l’elenco delle 50 Greatest Soap Couples secondo il sito, che le correda anche di filmati e articoli:

1. Luke e Laura, GH
2. Doug e Julie, DAYS
3. Victor e Nikki, Y&R
4. Angie e Jacob, AMC / LOV / The City
5. Steve e Alice, AW      
6. Roger e Holly, GL
7. Cruz e Eden, SB
8. Josh e Reva, GL
9. Rachel e Mac, AW
10. Bo e Hope, DAYS
11. Jack e  Mary, RH
12. Tom e Margo, ATWT
13. Quint e Nola, GL
14. John e Marlena, DAYS
15. Sonny e Brenda, GH
16. Jack e Carly, ATWT
17. Sky e Raven, EON
18. Joe e Vicki, OLTL
19. Steve e Kayla, DAYS
20. Alan e Monica, DAYS
21. Bo e Nora, OLTL
22. Holden e Lily, ATWT
23. Travis e Liza,  SFT
24. Tad e Dixie, AMC
25. Philip e Beth, GL
26. Cord e Tina, OLTL
27. Steve e Betsy, ATWT
28. Jake e Megan, OLTL
29. Cliff e Nina, AMC
30. Ricky e Leslie, GH
31. Bob e Kim, ATWT
32. Mason e Julia, SB
33. John e Lucinda, ATWT
34. Clint e Vicki, OLTL
35. Lance e Laurie, Y&R
36. Greg e Jenny, AMC
37. Robert e Anna, GH
38. Ridge e Brooke, B&B
39. Nick e Althea, The Doctors
40. Jack e Jennifer, DAYS
41. Stone e Robin, GH
42. Jeff e Penny, ATWT
43. Olivia e Natalia, GL
44. Phil e Tara, AMC
45. Barnabas e Josette, DS
46. Frisco e Felicia, GH
47. Snapper e Chris, Y&R
48. Bill e Tess, Love of Life
49. Luke e Noah, ATWT
50. Mark e Laura, Love is a Many Splendored Thing

Quante sono le coppie amate che non sono entrate nella lista? Tante.
Fra quelle che mi sono venute in mente che mi aspettavo assolutamente mancano Todd e Blair (OLTL) e Kim e Shane (DAYS).
Fra quelle che non ho già citato, pensavo avessero qualche possibilità,  anche se magari piccola, Mickey e Maggie (DAYS), Carrie e Austin (DAYS), Mike e Carrie (DAYS), Carly e Lawrence (DAYS), Sharon e Nick (Y&R), Lucky e Lizzie (GH), Jason e Lizzie (GH), Bobby e Tony (GH), Rick e Leslie (GH), Lois e Ned/Eddie (GH), Nick e Mindy (GL), Harley e Mallet (GL), Harley e Gus (GL), Patrick e Marty (OLTL), Ryan e Gillian (GH), Erica e Jackson (AMC), Erica e Dimitri (AMC), Edmund e Maria (AMC), Leo e Greenlee (AMC), Stuart e Cindy (AMC), Tad e Liza (AMC), Hayley e Mateo (AMC), Cass e Frankie (AW), Max e Gabrielle (OLTL), John e Lucinda (ATWT).
Poi, magari c’erano coppie anche amate che sapevo non avrebbero avuto alcuna possibilità di entrare nella rosa dei prescelti. Penso a coppie come Craig e Sierra, (ATWT), Mason e Mary (SB), Keith e Gina (SB), Lionel e Augusta (SB), Ridge e Caroline (B&B), Jack e Stacey (LOV), Tony e Ally (LOV), Tricia e Trucker (LOV), Nick e Jocelyn (THE CITY), Jenna e Buzz (GL), Buzz e Nadine (GL), Michelle e Tony (GL), Rick e Abby (GL), Ed e Eve (GL), Ed e Maureen (GL), Jonathan e Tammy (GL), Trevor e Natalie (AMC), Cecily and Nico (AMC), Bianca e Maggie (AMC), JR e Babe (AMC), Theresa e Ethan (PASSIONS), Rafe e Alison (PC), Caleb e Livvie (PC), Austin and Sami (DAYS),  Dusty e Lucy (ATWT), Lucy e Kevin (PC), Todd e Tea (OLTL), Roman e Diana (DAYS), Jim e Shana (LOV)…
E voi, che ne pensate? C’è o manca la vostra coppia preferita?

giovedì 6 settembre 2012

AMERICAN HORROR STORY: ASYLUM


 
La nuova stagione di American Horror Story, che ha come “sottotitolo” Asylum, ovvero Manicomio, arriva negli USA Il 17 ottobre, e già c’è un forte battage di locandine, teaser e promo, alcuni dati in esclusiva sulla pagina Facebook del programma. Promettono tutti molto bene, e se la seconda stagione è buona come la prima, ci aspetta appagante televisione
Sotto, i promo di presentazione: del cast...



...e delle storie che li riguardano:


martedì 4 settembre 2012

AD PERSUASION: il potere della pubblicità

 
AD persuasion - il potere della pubblicità  (“ad” è l’abbreviazione in inglese di “advertisement” è appunto pubblicità), analizza in mezz’ora sei spot pubblicitari a puntata (Rai5): ce ne sono di bizzarri, di potenti, in inaspettati, di curiosi, di giocosi, di memorabili…
 
Con l’aiuto di esperti del settore, che ne commentano l’impatto, gli stili e le tecniche di vendita alla base, in flash di intervista giustapposti alle reclame di cui si parla, mostrata per intero all’inizio o alla fine, ci si inoltra nell’universo della persuasione che per vocazione ontologica, potremmo dire, fonde esigenze commerciali ad esigenze artistiche, alla ricerca del maggiore impatto possibile.
 
I consigli per gli acquisti presi a riferimento vengono da tutto il mondo e sono quindi una bella vetrina per chi è goloso del genere, ma si va al di sotto della superficie guardando a brand, identità, “onestà”, messaggio di fondo.

sabato 1 settembre 2012

GO ON: non eccezionale, ma con potenziale


Dopo il deludente Mr Sunshine, Matthew Perry (Friends) è tornato con Go On, la prima ad aver debuttato delle nuove commedie della stagione americana 2012/2013 (sulla NBC). Il pilot, che se non eccellente è almeno promettente, è andato in onda in agosto, ma la regolare programmazione è prevista dall’11 settembre.
Ryan King (Matthew Perry) – attenzione, SPOILER - è una personalità della radio che torna al lavoro dopo un’assenza dovuta alla morte della moglie, l’unica donna che abbia mai amato, scomparsa a causa di un incidente stradale avvenuto perché mandava sms mentre guidava. Il suo capo, Steven (John Cho), lo costringe suo malgrado ad unirsi ad un gruppo di supporto per aiutarlo ad elaborare il dolore. Lui lo trova inutile e lo dice esplicitamente, vuole solo riprendere la sua vita, e appena arrivato – un “nuovo” che l’assistente Yolanda (Suzi Nakamura), sempre aggrappata ai propri appunti,  accoglie con un pizzico di panico - cerca di portare un po’ di brio nel gruppo organizzando un divertente torneo fra i partecipanti su chi se la passa peggio, contro le direttive che vogliono che non si debbano mettere a confronto i dolori. Alla “terapeuta”, Lauren Schneider (Laura Benanti, The Playboy Club), chiede solo che gli vengano firmate le carte perché possa tornare al lavoro. Lei non è convinta. Non ha una vera e propria qualifica per fare quello che fa - forse un modo per la serie di avere parecchia licenza poetica sulla credibilità dei rapporti e della gestione del gruppo di auto-aiuto? -, la sua esperienza professionale è con Weight Watchers, ma sa di aver aiutato molte persone nel tempo e che crede nel fatto che gli altri debbano essere testimoni del proprio dolore perché questo possa guarire. In ogni caso lo accontenta.
Dopo che fuori dal lavoro esplode e perde il controllo facendo una scenata di fronte alla sua assistente, Carrie (Allison Miller, Kings), Ryan però decide volontariamente di tornare a frequentare il gruppo. Qui incontra altre persone che come lui hanno vari problemi: Owen (Tyler Jamers Williams, My Name is Chris) è un silenzioso ragazzino che ha il fratello in coma, e che Ryan aiuta ad aprirsi; Annie (Julie White) è una donna lesbica la cui compagna è appena deceduta e che è bloccata allo stadio della rabbia; Mr. K (Brett Gelman) è un tipo semplicemente bizzarro, a cui la gente ha timore di chiedere quale sia il dolore che lo afffligge; George (Bill Cobbs) è un uomo cieco; ci sono  un’ ispanica che parla poco l’inglese che ha perso numerosi familiari, un uomo lasciato dalla moglie dopo che ha fatto bancarotta…insieme cercheranno di abbracciare il dolore, non di defletterlo.
Scott Silveri (Friends), da una premessa dolorosa ha confezionato un sit-com sia umoristica – i primi minuti sono piatti, ma appena Ryan si unisce al gruppo cominciano le risate – che commovente. C’è un po’ un’atmosfera alla Community, ma Perry è indubbiamente il leader e regge la parte alla perfezione. Come si calibrerà l’equilibrio fra lui e il gruppo e lo spazio alla potenziale storia romantica fra il suo personaggio e quello della Benanti saranno cruciali per il successo della serie. Il rischio è di fare troppo delle macchiette dei personaggi minori, tentazione che andrà evitata, specie in considerazione del fatto che c’è una buona dose si bizzarria nelle storie. Il potenziale c’è, e ne sono state ordinate 13 puntate (anche se la messa in onda potrà variare per via delle imminenti elezioni presidenziali), tutto sta a vedere come si svilupperà.