martedì 15 marzo 2016

AMERICAN CRIME: una fenomenale seconda stagione


Squillo di un telefono. Schermo nero con trascritto quanto udiamo.

-       113. Qual è l’emergenza?
-       Io…uhh…
-       Pronto?
-       Voglio denunciare uno stupro.

A pronunciare questa frase è una voce di donna. Poi si stacca su un campo di basket, dove dei liceali stanno giocando una partita.

Così comincia la fenomenale seconda stagione della serie antologica American Crime che ha lo stesso cast della prima stagione, ora in ruoli differenti. Siamo a Indianapolis, in Indiana (USA) e presto scopriremo che a essere stata violentata non è la donna che abbiamo sentito fare la denuncia, ma un ragazzo minorenne, violentato da un coetaneo appartenente alla squadra di pallacanestro del suo liceo.  Durante un party Taylor Blaine (Connor Jessup) è stato drogato e si è abusato di lui e sono state scattate delle foto poi inviate come messaggio fra ragazzi. Scopertolo, la madre Anne (Lili Taylor) vuole denunciare l'accaduto anche contro l’iniziale resistenza della vittima.  La scuola da lui frequentata da poco, la Leyland School, una scuola privata per gente danarosa dove lo ha iscritto a suon di sacrifici la madre cameriera, vorrebbe evitare la cattiva pubblicità per timore di macchiare la propria reputazione e di perdere le sovvenzioni. La preside Leslie Graham (Felicity Huffman) chiede al coach Dan Sullivan (Timothy Hutton) di prendere provvedimenti e, in mancanza di meglio.  viene sospeso il capitano della squadra che è colui che ha dato la festa, Kevin LaCroix (Trevor Jackson). I suoi genitori, Terri (Regina King, che per la prima stagione ha vinto l’Emmy) e Michael (André L. Benjamin), anche sulla base di considerazioni razziali (sono neri e come tali maggiormente vittima di pregiudizi), temono che questo evento segni per sempre il suo futuro. L’accusato alla fine è un altro giocatore, Eric Tanner (Joey Pollari), che si scopre così essere gay.

Tanto per cominciare l’argomento dello stupro nei confronti degli uomini è davvero raro. Quello che negli anni mi è rimasto più impresso è quello di Kingpin, in carcere, una toccata e fuga brutale, ma incisiva. Il più recente è stato quello infarcito di tortura di Outlander. Qui l’evento non si mostra, è quello che accade poi che è sotto i riflettori ed è trattato in modo tanto certosino quanto sensibile e acuto - dalla gran quantità di persone con cui si deve parlare e con cui ci si vede confidare quando si vorrebbe semplicemente che tutto andasse via e venisse dimenticato, alla necessità di avere a che fare con la stampa; dalla difficoltà a chiamarlo stupro quando si tratta di un uomo, all’indagine sui comportamenti e atteggiamenti della vittima prima dell’evento e alla loro messa in discussione; dalla possibilità di “aree grigie” fra consenso e no alla difficoltà di trovare la verità…  E lo stupro qui è poi anche il punto di partenza per parlare di violenza nelle scuole in senso più ampio. Altri sono peraltro gli eventi e le storie minori, su cui non mi soffermo per evitare spoiler.

Le tematiche affrontate sono moltissime: il rapporto fra genitori e figli e  l’educazione; le famiglie e il modo in cui reagiscono per proteggere i propri membri; le relazioni e il sesso; la distinzione fra fatti e pettegolezzi, come separarli e gestirne la percezione all’esterno; come si costruiscono le narrative degli eventi e come le si possono cambiare modificando il modo in cui si parla di quello che accade; il cyber bullismo e l’hacking; l’omofobia; come le azioni e il comportamento di ciascuno vengono lette in modo diverso a seconda della razza a cui appartieni e come, proprio per questo, abbiano conseguenze diverse; i pregiudizi;  il ruolo delle istituzioni; come essere leader; come si intersecano le dimensioni personali e sociali e come si condizionano a vicenda; la violenza; come il futuro a lungo termine di una persona può essere condizionato da decisioni prese da ragazzi; il peso e i danni delle accuse; quello che diciamo e non diciamo; le variabili socio-economiche della propria vita; l’arte…  

La recitazione di tutto il cast è eccellente e in particolare, al di fuori di quelle dei veterani (Hutton, Huffman e Taylor brillano sempre),  mozzano il fiato per intensità le interpretazioni dei due attori  che nelle vicende sono vittima e stupratore, Connor Jessup e Joey Pollari. La narrazione riesce anche del difficilissimo compito di farci “simpatizzare” non solo con le vittime, ma anche con i carnefici, con lo stupratore Eric prima e con l’attore di violenza nella scuola Taylor poi.  

Da un punto di vista stilistico è stata conservata la stessa tecnica utilizzata della prima stagione, ovvero l'elisione di alcuni fotogrammi o la sovrapposizione fra momenti diversi di audio e video, anche se è stata utilizzata con maggior parsimonia rispetto al passato. Si è invece usata fortemente quella che è considerata quasi una firma distintiva del programma ovvero le sequenze molto lunghe senza stacchi, una pratica che, è stato notato, vincola i personaggi allo spazio, con conseguenze inaspettate. Un mirabile esempio è quello dei quasi quattro minuti e mezzo di un balletto in 2.05. Questo, peraltro un commento artistico intradiegetico, mostra anche i modi in cui la serie cerca di trovare soluzioni innovative e originali per raccontare la sua storia, come lo è stato l’incipit della 2.04, un momento di slap poetry, con nessuno dei personaggi della serie, in quello che Pollari chiama “il contenuto come forma” (Arts.Mic), o come lo è stato inserire interviste ai sopravvissuti alla sparatoria del liceo di Columbine del 1999 e di vittime di bullismo LGBT in 2.08, con la regia di Kimberly Peirce (Boys Don’t Cry). Quello che è stato distintivo di questa stagione è stato un grande utilizzo dei primissimi piani e la forte focalizzazione  sui volti dei protagonisti, lasciando non visti i personaggi minori: nelle conversazioni con i pubblici ufficiali, spesso di questi si mostrano sono dei pezzi di viso o di mani senza un'identità. Nel momento in cui Taylor fa la sua denuncia di stupro (2.02) gli viene spiegato che deve fare un test del sangue sia per ragioni tossicologiche, che per il DNA: in questo caso la telecamera e sempre su di lui, mentre della persona che gli spiega queste procedure si sente solo la voce. 

 “‘Raccontare storie, come ogni altra forma d’arte, ha l’innata abilità di trasformare e di espandere la tua esperienza,’ ha detto la Huffman. ‘Questo porta comprensione e di solito ciò che segue alla comprensione è l’empatia. E quando le persone hanno empatia l’una per l’altra, i muri cadono e diventiamo più uniti. Si spera che stiamo diventando più comprensivi e capaci di accettazione. Almeno, quello è l’obiettivo.’” (BuzzFeed) Quell’obiettivo qui è stato centrato, direi. La conclusione poi è stata in linea con la poetica dell’autore John Ridley, disinteressato alla risoluzione. L’arte per lui non riguarda il rispondere alle domande, ma il porle.

1 commento:

  1. Perfetta stagione e ottima recensione. Mi ha sconvolto in positivo. Jessup davvero una rivelazione. (La scena del rape kit è una delle scene più dolorose e stupende che io abbia mai visto).

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