lunedì 18 aprile 2016

GAME OF SILENCE: overplotting e poco spessore

 
Basata su una serie turca, Suskunlar, a sua volta basata su una storia vera, Game of Silence parla di un gruppo di ragazzini preadolescenti che vengono messi in riformatorio per aver causato gravi lesioni a una donna in seguito a un incidente con un auto che evidentemente non potevano ancora guidare, ma che avevano sottratto per salvare la fidanzatina di uno di loro dalla madre alcolista, salvo poi far scappare la ragazzina per evitare almeno a lei le conseguenze dell’acaduto.  Sbattuti nella Quitman Youth Detention Facility, in Texas, subiscono violenze e abusi di ogni tipo da parte dei secondini, con il benestare del direttore della prigione che, se gradiva qualche fanciullo in particolare, se lo faceva portare ai suoi party (con conseguenze di violenza sessuale che lasciano immaginare).
A 25 anni di distanza ormai i giovani amici si sono fatti una loro vita. Boots (Derek Phillips), che è stato uno di questi “favoriti” del direttore del carcere, un giorno incrocia uno dei secondini, prende una mazza da golf e quasi lo ammazza. È così che gli altri del gruppo, Shawn (Larenz Tate) e Gil (Michael Raymond-James), decidono di contattare Jackson Brooks (David Lyons), che è ora uno stimato avvocato che sta per sposarsi con la collega Marina (Claire Van Der Boom). Lui rivede tutti, compresa quella che un tempo era la sua ragazza, Jessie (Bre Blair), che ora sta con Gil, e si fa convincere prima a difendere Boots, poi comunque a vendicarsi del direttore Roy Carroll (Conor O’Farrell) che nel frattempo si è dato alla politica. Fra flashback e ulteriori sottotrame che comprendono il traffico di droga e una sollevazione al penitenziario, la vicenda si fa ulteriormente complicata, fra segreti e appunto i silenzi del titolo.
Sviluppata per la NBC da David Hudgins, nonostante la buona recitazione, la storia non convince. Si pecca sicuramente di overplotting, ovvero di un inutile “eccesso di trama” che appesantisce senza ragione una costruzione narrativa che non lascia peraltro alcuno spazio a un minimo di approfondimento psicologico. I cattivi della situazione sono perfino ridicolmente privi di spessore, sottigliezze o sfumature non esistono, ogni passaggio è rimarcato in modo molto pesante per essere sicuri che capiamo bene che sono successe cose davvero terribili che meritano una vendetta altrettanto terribile, ma i crimini sono pure di un orribile molto generico e “di circostanza” su cui si insiste quasi con gusto sadico. Le donne sembrano più un “segnaposto” che altro. Di suo comunque non è inguardabile, ma è un thriller spedito e pieno di colpi di scena - anche se chi ha continuato la visione oltre al pilot suggerisce che spesso sono scontati o poco verosimili - per cui è perfetto per chi non ha troppe pretese e si accontenta di una trama avvincente.

Nessun commento:

Posta un commento