lunedì 7 agosto 2017

CHIAMATEMI ANNA: spiritualmente luminosa


Anne with and E, Chiamatemi Anna in italiano (Netflix), è il più recente adattamento per il piccolo schermo dell’amato romanzo di letteratura per l’infanzia di Lucy Maud Montgomery Anna dai capelli rossi, anche nota con il titolo originale di Anne of Green Glables  - Green Gables è il nome della fattoria dove va a vivere la protagonista, così chiamata perché  l’elemento architettonico del timpano (“gable” in inglese) è colorato di verde (“green”).

Nella serie siamo alla fine dell’Ottocento, sull’isola di Prince Edwards, in Canada, in un ambiente naturalisticamente stupendo. Marilla (Geraldine James) e Matthew Cuthbert (R.H. Thomson) sono una sorella e un fratello che, ormai in età matura, decidono di adottare un bambino nella prospettiva che li aiuti nei lavori della proprietà, perché il giovane lavorante che hanno assunto, Jerry (Aymeric Jett Montaz), non basta. L’orfanatrofio, invece di mandar loro un maschio, come avevano chiesto, invia Anne Shirley (AmyBeth McNulty, scelta fra oltre 1800 contendenti), che priva di legami significativi, agogna una famiglia tutta sua. La giovane, che nella sua vita ha subito angherie e bullismo perché orfana, ed è abituata a lavorar sodo nelle famiglie dove di solito la impiegavano, ha un fervidissima immaginazione, e la usa per far risplendere la realtà che la circonda di magia gravida di possibilità. È vivace, sveglia, entusiasta, meravigliata dalla bellezza della natura e piena di trasporti emotivi, e ha un linguaggio forbito e una notevole parlantina. Conquista immediatamente Matthew e poi anche la severa Marilla, e decidono di farla diventare parte della loro famiglia, nonostante le perplessità dei vicini, in particolare della più cara amica di Marilla, la signora Rachel Lynde (Korinne Kolso). Anne lega presto con Diana Barry (Dalila Bela), che diventa la sua migliore amica, e frequenta la scuola, dove conosce Gilbert Blythe (Lucas Jade Zumann), il più bravo della classe, con il quale c’è un reciproco rispetto e una nascente mutua attrazione.

Ideata da Moira Walley-Beckett (Flesh and Bone, con la quale si può notare qualche contatto tematico, e Breaking Bad), la vicenda televisiva scava nel passato della protagonista creando una backstory che nelle vicende originali non c’era, a quanto pare (io non ho letto il libro). Sebbene qualcuno lo abbia criticato perché appesantirebbe le sue vicende biografiche, in realtà funziona alla perfezione spiegando molto della psicologia del personaggio, della sua voglia di casa e delle necessità di creare mondi alternativi con la sua fantasia. In generale, in consonanza anche con tanta letteratura dell’infanzia (specie di un tempo, ma in realtà si pensi anche ad Harry Potter), ci sia tiene ben in equilibrio fra quegli elementi tetri delle ingiustizie subite perché inermi e impossibilitati a difendersi e il riscatto che si ha dalla realizzazione di desideri insperati. Qui un classico esempio di questo tipo c’è quando Marilla perde la sua spilla e accusa Anne di averla rubata, la manda via sebbene lei neghi il furto, per poi doverla richiamare indietro e scusarsi, quando la ritrova; oppure quando la madre di Diana le impedisce di frequentare la figlia perché la ritiene una cattiva influenza, e poi deve ricredersi quando Anne salva la vita della sorella minore di Diana che sarebbe diversamente morta, perché il medico non sarebbe arrivato in tempo e solo Anne sapeva come agire prontamente. Sono situazioni da classica fantasia infantile, in cui si ha il riscatto voluto diventando le eroine del momento. Si riesce ad utilizzare questa dinamica con molto garbo.

I personaggi, sia i ragazzi che gli adulti, sono tridimensionali. Se all’inizio la pettegola signora Lynde sembra la guastafeste di turno, ci sia accorge presto che è più di così. E degli stessi Marilla e Matthew si spiegano le vite, gli errori, le scelte (per entrambi un fratello maggiore morto troppo presto e la necessità di dedicarsi alla casa e alla famiglia che aveva bisogno di loro, e per entrambi un amore a cui hanno rinunciato). C’è molta sensibilità nel realizzarlo, quasi un pudore verrebbe da dire, che in parte io associo anche all’epoca ritratta. E gli attori sono spettacolosi. AmyBeth McNulty in particolare incarna a pieno Anne e stupisce perfino che a soli 15 anni dimostri una tale maturità interpretativa.

Non avevo familiarità con versioni precedenti della vicenda, nemmeno con il popolare cartone animato andato in onda quando io ero bimba, ma non si fatica a vedere l’attualità del messaggio che trasmette che pone sulla scena una giovane donna coraggiosa, piena di idee e senza timore di esprimerle. E si riesce a introdurre in modo realistico un femminismo ante litteram, parlando di educazione delle donne  - un gruppo di mamme, ad esempio, invita Marilla a unirsi a loro perché sono convinte che anche per le femmine sia necessaria un’istruzione e come una novità viene proprio pronunciata la parola “femminismo” - e di ruolo sociale da scegliere: non solo mogli, ma con varie opzioni a seconda delle proprie capacità e desideri. Si è anche stati molto scaltri a presentare un personaggio lesbico, l’anziana zia di Diana che ha appena perso la compagna di una vita, senza definirlo tale, in consonanza con l’epoca. Noi al giorno d’oggi capiamo, ed è sufficiente. 
              
Proprio una serie luminosa. Spiritualmente luminosa. 

Sulla poetica sigla, basata su quadri di Brad Kunkle, che rappresentano il passaggio delle stagioni e l’evoluzione di Anne, ed incorporano vari elementi simbolici (il passero senza occhi, i rami di legno con incise frasi dal libro da cui è tratta la serie, la volpe, il gufo, il colibrì…), si legga qui

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