venerdì 20 dicembre 2024

MARY & GEORGE: un dramma storico salace

Basato sul libro di Benjamin Woolley “L'assassino del re” – “The king's assassin: The Secret Plot to Murder King James I”, Mary and George (Sky Atlantic – qui il promo in italiano), ambientato nel XVII° secolo, narra di una donna di umili natali, passato che tiene ben celato, Mary Villiers (una viscerale, sempre acutissima Julianne Moore, qui anche produttrice esecutiva), che diventa Contessa di Buckingham, che istruisce il proprio secondo figlio, l’avvenente George (Nicholas Galitzine), perché diventi l’amante e il nuovo favorito di re Giacomo I (Tony Curran) come via privilegiata per aver accesso al potere.

Lui inizialmente non vuole saperne di essere spedito in Francia per essere educato alla maniera delle corti, tanto più che è innamorato di Jenny, una serva di casa, ma la scaltra, ambiziosa madre, che non può avere in prima persona quello che il figlio riesce ad ottenere anche grazie alla propria prestanza fisica, è risoluta. Morto il marito, caduto dalle scale mentre la picchiava (e lei non si è certo precipitata a chiamare aiuto), sposa il ricco Sir Thomas Compton (Sean Gilder) e indirizza al meglio il secondogenito, consapevole che il primo, John (Tom Victor), ha problemi mentali che lo rendono anche violento, per quanto lei si adoperi per sposarlo alla riottosa figlia di Sir Edward Coke (Adrian Rawlins), nonostante la volontà contraria della madre di lei, Lady Hatton (Nicola Walker). Mary, ora rabbiosa, ora deferente, ora maliziosa, è astuta e l’unica su cui può fare affidamento è una prostituta Sandie Brookes (Niamh Algar) a cui si lega sentimentalmente. Ha però il sostegno della moglie del re, la Regina Anna (Trine Dyrholm), che mal sopporta i numerosi amanti del consorte, così come del resto fatica a digerirli il figlio, il principe Carlo (Samuel Blenkin), che si sente trascurato. George perciò, gli piaccia o meno, viene inviato ad apprendere francese, scherma, ballo e riceve anche un’ampia e versatile educazione sessuale, e tornato in suolo inglese deve imparare da una lato a navigare la corte, e in particolare l’attuale favorito del re, Robert Carr (Laurie Davidson), Duca di Somerset, che lo vede adeguatamente come una minaccia, dall’altro gli umori del sovrano. Progressivamente infastidito dalle ingerenze della madre, viene accostato da Sir Francis Bacon (Mark O’Halloran) che vuole approfittarne per farne una propria pedina. Del resto lui sta imparando, e in fretta, ma non è smaliziato quanto i due veterani.

Nel salace dramma storico britannico in sette puntate ideato da D.C. Moore (Killing Eve) non si è certo timidi. In modo più facilmente evidente è perché è pieno di nudità, orge, appetiti lascivi. “I corpi sono solo corpi” viene ricordato a George, con una frase che rivela l’etica che muove la serie tutta, ovvero esplorare e indagare il corpo come strumento di potere, come mezzo per elevare la propria posizione sociale. C’è poco romanticismo qui, e sebbene la lussuria di re James sia anche mostrata in termini sentimentali, è sfruttata in prevalenza come strumento per avere il suo favore e, con quello, un ruolo di rilievo. Il corpo perciò diventa in modo esplicito un bene che ha un peso economico e politico. Per lo spettatore è affascinante da seguire, per i coinvolti non sempre equivale a piacere.

Un’atra colonna portante delle vicende è la manipolazione: tradimenti, omicidi, bullismo, violenza, alleanze… c’è ogni tipo di intrigo, ma su tutte regna sovrana la capacità di raggirare e piegare con intelligenza gli altri e le situazioni ai propri interessi, cosa in cui eccellono Mary e Sir Francis Bacon. Se il re sembra meno interessato alle questioni di stato che all’intrattenimento, non di meno conosce il proprio ruolo, come gestire il parlamento, il rapporto con la Scozia, le dinamiche di religione… non è uno sprovveduto anche se il suo darsi ad una vita godereccia può far pensare altrimenti.   

Non sarebbe guastato maggiore approfondimento psicologico – le scelte di Mary rispetto al primogenito ad esempio, fanno accapponare la pelle e potevano avere maggiore giustificazione. Scrive bene però Lucy Mangan sul Guardian, quando dice che la miniserie ha “il rigore narrativo di The Favourite, lo stile disciplinato di The Great, un pizzico dell'eccesso di The Tudors e abbastanza sesso da rendere felici anche i fan di Bridgerton. È un'ottima combinazione”.

La notevole sigla viene descritta così dai realizzatori, il Peter Anderson Studio: “La nostra sequenza per Mary & George fonde artisticamente scene del dramma, travestite da dipinti a olio dell’era giacobina, e opere d'arte d'epoca. Le scritte agiscono come un portale attraverso il quale il pubblico viene attirato, offrendo finestre su un mondo pieno di segreti e silenziose macchinazioni. Ogni credit diventa uno spioncino nell'anima di coloro che si contendono il potere nelle oscure corti della storia.

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