venerdì 10 febbraio 2012

LUCK: una serie difficile, ma su cui scommettere


Se mi sforzo, sono sicura che un argomento per me più lagnoso delle scommesse sulle corse dei cavalli riesco a trovarlo. Ugualmente ho voluto dare una chance a Luck, la nuovissima serie targata HBO: esce dalla penna dell’“autore di prestigio” David Milch (Hill Street Blues, NYPD Blue, Deadwood) che l’argomento lo conosce in prima persona e che si autodefinisce “dipendente” – nel libro TV Creators, di James L. Longworth, jr. racconta (p. 95) come un pomeriggio in cui gli hanno reso un tributo come sceneggiatore poco prima avesse perso un milione e 300 mila dollari  per una scommessa, e pare che il padre lo abbia iniziato all’ambiente che lui aveva solo 5 anni, come racconta in una recente intervista a Fresh AirNon guasta che ci sia un cast di prim’ordine, a partire da Dustin Hoffman, al suo primo ruolo televisivo.
Dopo aver visto il pilot (girato da Michael Mann, Miami Vice) mi dispiace ammettere che l’argomento non mi attrae di più, anzi, ma ancora non voglio gettare la spugna. Non è una serie facile, punta più a creare l’atmosfera, un po’ alla Treme che guarda ad una subcultura con fascino e rispetto, e l’odore – “puzza di pelle e Scotch invecchiato” scrive il New Yorker -, descrive la gente (fantini, allenatori, proprietari di cavalli, scommettitori, malavitosi) e osserva la viaria umanità che vi gira attorno (un po’ machista, spesso e volentieri), senza apparentemente preoccuparsi della storia-qui-e-subito almeno in partenza abbastanza nebulosa nel complesso. Immersa in quel mondo, Luck ne dà per scontate gergo e tecniche statistiche, che, come Emily Nussbaum (sempre del New Yorker) ha ben scritto, a volte può sembrare tanto impenetrabile quanto il Klingoniano, per i non iniziati: magari aiuta magari aiuta la piccola guida al gergo pubblicata sul sito del programma. Lo sfondo è quello dell’ippodromo di Santa Anita.
La serie esordisce con Chester “Ace” Bernstein (Dustin Hoffman – la cui recitazione è stata appropriatamente definita uno “studio in minimalismo”) che esce di galera dove ha passato tre anni prendendosi una colpa non sua per evitare il carcere al nipote. Intende ora costruire un casinò collegato al circuito di corse di cavalli, ma per evitare di violare i termini della libertà condizionale si avvale come facciata dell’unico di cui è disposto a fidarsi a parte se stesso, Gus “il Greco” Demetriou (Dennis Farina), il suo autista. Vuole anche possedere un purosangue che sia una campione e regolare vecchi conti. C’è l’irascibile allenatore peruviano Turo Escalante (John Ortiz); c’è il borbottante Walter “il vecchio” Smith (Nick Nolte); ci sono i giovani fantini, Rosie Shanahan (Kerry Condon), che tiene in esercizio i cavalli, e Leon “Bug Boy” Micheaux (Tom Payne)– “bug” nel gergo è un fantino apprendista – e il veterano Ronnie Jenkins (Gary Stevens, Seabiscuit); c’è l’agente Joey Rathburn (Richard Kind, Curb Your Enthusiasm), che balbetta - non è un caso che uno dei grandi temi, secondo l’autore stesso, è quello della difficoltà di comunicazione, del mistero del linguaggio e di quello che si suppone o non si suppone venga capito, parte dell’attrattiva di quel mondo; c’è la veterinaria Jo Carter (Jill Hennessy, Crossing Jordan); ci sono gli scommettitori che sognano i grandi soldi, il quartetto vagamente umoristico di Marcus (Kevin Dunn), Lonnie (Ian Hart, Dirt), Renzo (Ritchie Coster) e Jerry (Jason Gedrick)…
Quando si tratta di Milch, noto per il dialogo arcano e i riferimenti letterari, fioccano i parallelismi e le citazioni a Shakespeare, e in questo caso non di meno c’è chi già sta tenendo il conto. Qui e lì, anche quando ci si sente disorientati, si colgono pagliuzze d’oro. In particolare si sente la passione quando si parla dei cavalli (le corse vere e proprie, uno che si spezza una gamba e viene conseguentemente ucciso, la gioia per uno che finalmente è riuscito ad evacuare, uno che si mangia una carotina dal palmo di una mano…). Lì c’è poesia.  Le puntate sono nove, ma è già sicura una seconda stagione. Sembra una grande serie, una serie su cui scommettere, ma un po’ sulla fiducia: ha bisogno di tempo e pazienza,  perché indubbiamente è difficile.
Sotto, un promo:

1 commento:

  1. anche a me le scommesse sui cavalli interessano meno di zero. e infatti questa serie mi ha annoiato a morte. ho visto pure il secondo episodio, ma le cose non migliorano...

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