venerdì 12 aprile 2013

THE GOOD WIFE: la terza stagione

 
“They did a bad bad thing” suona sotto l’incipit della terza stagione di The Good Wife, con Alicia (Julianna Margulies) felice della sua relazione con Will (Josh Cherles), che tengono segreta a tutti e che si interrompe al giro di boa di metà stagione per vedere Alicia nella season finale guardare la vecchia casa abitata dall’ex-marito (Chris Noth) e dai figli che lì ha cresciuto. La sua vita viene vista in un cerchio completo, potremmo dire, ed è scritta da maestri, con tanta tensione erotica ed emozionale, ma tirata perfetta, senza sbavature, o melodrammaticità. Impeccabile davvero.
La terza è stata ancora una volta una stagione molto forte, con forse il solo anello debole della vicenda del marito di Kalinda. Nessun altro programma riesce a rendere altrettanto bene i complessi meccanismi con cui interagiscono legge, lavoro e politica, e le manipolazioni a cui si prestano, mantenendo ambivalenze, ambiguità, spessore. La storia di Will che viene sospeso dalla professione ne è un esempio perfetto. Anche l’apparenza di quello che accade in contrasto alla sostanza è un tema molto forte, che fa riflettere sulla realtà. La partecipazione come guest-star di Matthew Perry nel ruolo  di Mike Kresteva depone a favore di questo.  E anche quando la serie propone personaggi un po’ sopra le righe, come può essere con gli avvocati Patti Nyholm (Martha Plimpton), Louis Canning (Michael J. Fox) o Elsbeth Tascioni (Carrie Preston), non perde mai il controllo delle redini. 
 In questo arco le cause si sono globalizzate, potremmo dire, concentrandosi su questioni in cui coinvolti erano Paesi esteri: China  (3.06), Afghanistan (3.07), Siria (3.15)… E ancora una  volta tanto peso ha la tecnologia. Così come un tema caro alla serie rimane quello dell’educazione dei figli e in particolare l’argomento della religiosità, di  come i genitori siano spesso a disagio o impreparati o qualche volta semplicemente troppo impegnati per  affrontare l’argomento in modo convincente.
Sono rimasta poi quasi sbalordita di come la serie riesca a trattare la questione del femminismo. È il sottotesto di tutte le vicende, quindi è una nota di fondo che c’è sempre, ma letteralmente con due battute è riuscita in questa stagione a fare la sintesi di tanto dibattito femminista. Caitlin D’arcy (Anna Camp), giovane associata nipote di David Lee assunta in studio e di cui Alicia è mentore, rimane incinta e decide di lasciare la professione per fare la mamma a tempo pieno (3.17). Diane (Christine Baranski) chiede ad Alicia di dire alla ragazza che non è necessario fare una scelta di questo tipo, ma Caitlin la rassicura dicendo che è effettivamente ciò che vuole, e non le serve avere tutto per sentirsi realizzata. Quando Alicia lo riporta a Diane le si domanda se è per questo che hanno rotto il soffitto di cristallo, e Alicia le risponde che forse sì, forse è proprio per quello. In poche scene e poi letteralmente in due frasi è incapsulato il dibattito sulla vecchia e nuova generazione di femministe.
Sotto numerosi aspetti The Good Wife è televisione al suo meglio. Potrà sfuggire nella visione di un singolo episodio, che facilmente si sottovaluta magari, ma è una serie che costruisce la sua complessità sulla narrazione lunga. Da non perdere.

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