martedì 20 gennaio 2015

EMPIRE: smaccata e quasi parodistica

 
In Empire, che ha debuttato sull’americana Fox lo scorso 7 gennaio, Lucious Lyon (Terrence Howard), un ex-gangster poi divenuto  superstar del rap che ha creato un impero musicale nel mondo dell’hip-hop, scopre di essere malato di ALS e, in prospettiva di un ritiro professionale, vuole che a ereditare la sua posizione sia uno dei suoi tre figli, il più adatto e meritevole. Sono: Andre (Trai Byers), il più preparato dal punto di vista degli affari e il più assetato di potere, ma con poco talento e carisma musicale; Jamal (Jussie Smollett), il talentuoso musicista-cantante di cui il padre non riesce a sopportare l’omosessualità; e Hakeem (Bryshere Gray), il preferito, con un grande potenziale come artista hip-hop, ma svogliato e perditempo e che si comporta come se tutto gli fosse dovuto. Una fetta della torta la vuole anche la sua ex-moglie, Cookie (Taraji P. Henson, nomination all’Oscar per Il Curioso Caso di Benjamin Button), che è appena uscita di galera dopo 17 anni, dopo aver scontato una condanna per traffico di droga, con i cui ricavi è stato finanziato l’Empire Entertainment: “Sono qui per avere ciò che è mio”, dichiara senza mezzi termini. Alleanze e scontri nascono per assicurarsi il controllo dell’impero.
Ideata e scritta da Lee Daniels (Nominato all’Oscar per Precious) e da Danny Strong, questa soap opera del prime-time è stata definita come una “Dynasty nera”; come lo Scandal del mondo della musica; una via di mezzo fra Nashville, solo in un mondo musicale diverso da quello country, e Shakespeare, e in particolare il Re Lear, con Lucious nel ruolo del sovrano, mescolato a Il Leone d’Inverno, opera teatrale del 1966 di James Goldman a cui pure si ispira.
 La recitazione è indubbiamente di alto livello, e si attendono anche guest-star d’eccezione come Naomi Campbell e Courtney Love, eppure non solo la serie è smaccata e trash, ma il pathos è a tal punto forzato da apparire parodistico. Se le canzoni originali (di cui produttore esecutivo è Timbaland) sono potenziali ballonzolanti successi con una loro credibilità, la colonna sonora in certi momenti appare totalmente inadeguata alle vicende rappresentate.
Ci sono momenti di spessore umano anche. La relazione fra Jamal e il padre ad esempio, che Daniels dice essere autobiografica, è particolarmente realistica e inusuale. In uno dei troppi flashback vediamo Lucious letteralmente prendere di peso il figlio allora di 5 anni e portarlo fuori di casa e buttarlo nella spazzatura per il fatto di mostrarsi effeminato, con le scarpe con i tacchi della madre. Non ci si possono aspettare nuance però. Tutto come regola è eccesso ed esagerazione, e il tono e le strategie narrative sono datate. Il potenziale c’è anche, pure per diventare un successo di pubblico, e conquisterà coloro a cui piacciono gli istrionismi, ma difficilmente gli altri. È sicuramente un mondo che ha un’estetica piuttosto smaccata e la serie sembra abbracciarla con convinzione anche nella propria fattura. 

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