giovedì 14 gennaio 2016

SHADOWHUNTERS: pseudo-straordinarietà


Shadowhunters, che ha appena debuttato su Freeform (nuovo nome di ABC Family) ed è l’adattamento televisivo da parte di Ed Decter di The Mortal Instruments di Cassandra Clare (saga in Italia conosciuta proprio come Shadowhunters), ha come protagonista Clary Fray (Katherine McNamara), una giovane studente d’arte di Brooklyn che al compimento del diciottesimo anno di età, scopre di essere una shadowhunter (una cacciatrice di ombre), una mezza umana-mezza angelo che protegge gli esseri umani dai demoni.

Sua madre Jocelyn (Maxim Roy), che ora è stata rapita, per proteggerla l’ha tenuta all’oscuro  fino all’ultimo e non fa in tempo a spiegarle tutto che lei scopre la verità in modo un po’ rocambolesco. Il suo primo assaggio lo ha quando, inaspettatamente, fuori da un locale, il Pandemonium, riesce grazie a superpoteri che non sa ancora di avere a vedere alcuni come lei - Jace Wayland (Dominic Sherwood), Isabele Lightwood (Emeraude Toubia) e Alec Lightwood (Matthew Daddario) – che dovrebbero essere invisibili ai comuni mortali, i “mondani”.  In quel nightclub, con la pelle tatuata da rune magiche,  li vede uccidere numerosi demoni con spade di luce, anche se è disorientata e non capisce che cosa stia succedendo. Presto si unirà a loro, anche per riuscire a sconfiggere il temibile Valentine (Alan van Sprang) che è a caccia di una solo artefatto: la Coppa Mortale.  Il suo migliore amico Simon Lewis (Alberto Rosende), segretamente ma visibilmente innamorato di lei, vorrebbe tenerla lontana da quel mondo, e lei non si fida dell’unico di cui sua madre le ha detto di poter credere, Luke Garroway (Isaiah Mustafa), un poliziotto che investiga su omicidi demoniaci.

Non ho letto i libri e non avevo alcuna nozione precedente alla visione sulla mitologia della storia che, sebbene non chiarissima, in partenza è stata sufficientemente accattivante da farmi pensare che forse avrei anche provato a seguirla se fossi stata adolescente. Da adulta però, non c’è abbastanza da tenermi incollata alla saga di un pulcino spaurito che deve diventare improvvisamente grande affrontando mostri più grandi di lei per i quali non è preparata, attorniata da ragazzetti gnocchi troppo sicuri di sé. 

La narrazione è velocissima  e la ultracinetica regia di McG, che altrove non mi è dispiaciuta,  qui non lascia spazio per fiatare e seguire sul serio quello che sta accadendo o per distinguere un’atmosfera dall’altra. Se Clary ha avuto qualche reazione emozionale dalla sua scoperta e dallo stravolgimento del suo mondo non si è davvero avuta l’occasione di scoprirlo. I personaggi sono molto stereotipati e si taglia più di spada che di lingua. Ci si prende incredibilmente sul serio – Buffy come madrina di tute le eroine, avrebbe dovuto insegnare a fare di meglio. In più momenti mi ha fatto ripensare a Le Nove Vite di Chloe King, che in paragone ne usciva sicuramente vincitrice. La pseudo-straordinarietà di una fantasia di eroismo non compensa la poca sostanza e l’inesistente umanità emozionale che trancia in partenza ogni possibilità di creare un legame con i personaggi in modo tale che importi qualcosa di loro. Almeno al pilot. 

La prima stagione è di 13 episodi.

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