lunedì 3 aprile 2017

Z: le vite di Zelda e Francis Scott Fitzgerald


Farà tornare voglia di leggere capolavori della letteratura americana come Di qua dal Paradiso, Belli e Dannati, e Tenera è la Notte, se mai ce ne fosse bisogno, la serie Z: the beginning of everything, ideata per Amazon da Dawn Prestwich e Nicole Yorkin sulla base del libro “Z: a novel of Zelda Zitzgerald” di Therese Anne Fowler e dedicata alla vita di eccessi e grande scrittura di Zelda Fitzerald e del consorte Francis Scott Fitgerald, i sui capolavori letterari sono tutt’ora celebrati (Il Grande Gatsby su tutti).
La serie debutta quando Zelda  - una radiosa, perfetta Christina Ricci - è ancora  una giovanissima Southern Belle, una bellezza del Sud, in una Montgomery (Alabama) vincolata a rispettabili rituali borghesi, che fa preoccupare i genitori per il suo comportamento ribelle: non arriva mai puntuale a cena, scappa di nascosto, indossa calze velate, va con le amiche a strombazzare il clacson e a imbarazzare i ragazzi che si recano dalle prostitute, svolazza fra una festa e l’altra. È proprio in una di queste occasioni mondane che incontra quello che diventerà l’amore della sua vita, quel Francis Scott  - David Hoflin, che sembra un casting poco azzeccato a prima vista, ma che decolla poi con una solida padronanza delle insicurezze, oltre che dell’ambizione e della voglia di divertirsi del suo alter ego reale - che per ora è solo un soldato che aspira a diventare il grande scrittore che sa di essere, ma che gli editori respingono. Il padre di lei (David Strathairn), un giudice severo, teme che il giovanotto non vada bene sufficienza per la figlia.
Nel corso della prima stagione li vediamo frequentarsi, sposarsi, amarsi, e dedicarsi a una vita di party frenati, alcool e droga nella spregiudicata e snobistica New York, fra momenti di grande intimità e gioia di vivere, e momenti di solitudine e paura, fama e debiti. Il loro rapporto matrimoniale, e la loro complicità verso il mondo esterno, diventa presto il fulcro delle vicende. Così come vediamo lei essere la musa di lui, non solo per la sua presenza nella sua vita, ma per le sue osservazioni, in lettere e diari, che diventano per lui spunto nella sua scrittura. Come è stato osservato da molti, la serie non riesce seriamente a cogliere a pieno la loro alchimia però, intrappolati in caratterizzazioni superficiali e “generiche”, e non riesce a trasmettere che cosa li abbia fatti diventare sul serio icone dei Ruggenti Anni Venti e allo stesso tempo simboli della Generazione Perduta, con il mondo postbellico solo come scenario dipinto, per così dire, e con un cast di supporto molto solido, ma facilmente dimenticabile.
Nel tumulto delle loro vite, di lei non ci sono ancora i segni dello squilibrio mentale degli anni successivi, di lui si vedono sicuramente le premesse dei problemi di alcolismo. Zelda era non convenzionale e un’acuta osservatrice, con molto più potenziale di quanto la gente intorno a lei le riconoscesse di avere. Questo traspare, così come la sua vulnerabilità, ma Z non riesce ad essere la rivelazione che potrebbe essere: si coglie che Francis Scott non era solo un narcisista arrogante e che Zelda non era solo una capricciosa flapper, ci sono momenti di genuino insight, ma se la coppia risplendeva nell’elite culturale dell’epoca, non lo stessa sorte ha la serie, pur buona.

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