giovedì 14 febbraio 2019

THE BOLD TYPE: la seconda stagione


Niente sophomore slump per The Bold Type, niente calo creativo nella seconda stagione insomma: la serie si conferma una positiva, femminista, incoraggiante serie di e per giovani donne che parla di amicizia, lavoro, amore e vita in generale. Ancora una volta si è espliciti nella diegesi nel definire, con un valore metatestuale, il proprio intento programmatico: essere di ispirazione offrendo materiali a cui le ragazze possano relazionarsi (2.01) affrontando temi rilevanti per le loro vite.

All’esordio, parlando del rapporto che lega i millennials a internet, commentano che “Non si tratta della storia, si tratta della conversazione a cui dà inizio”. Gli exempla pedagogici in cui si ritrovano le tre protagoniste sono proprio questo, conversation-starters, come si direbbe in inglese, occasioni per dare il là all’affrontare tematiche importanti.

Come va gestito il rapporto fra lavoro e amore? Come vanno calibrati? Che cos’è l’intimità e che cosa la esalta o la ostacola? Come va usata la propria sessualità? Che valore ha la reputazione di una persona? Se ne è parlato molto con Sutton (Meghann Fahy) e Richard (Sam Page), con lei che lo lascia perché teme che sul lavoro credano che avanzi non per talento e merito, ma perché va a letto con lui, con Adena (Nikohl Boosheri) la cui produzione artistica è messa in pausa dalla relazione con Kat (Aisha Dee). Che valore ha la propria identità razziale? Kat è bi-razziale e non si sente di definirsi nera, quando la spingono a farlo nello scrivere la propria bio per il sito web. Perché non vogliamo etichettarci? Perché farlo? Perché non farlo? Che senso ha reclamare una propria identità? Che importanza ha valorizzare la diversità? Sei a favorevole finché non intralcia i tuoi interessi, è l’accusa che rivolge Kat (2.05) a Jane (Katie Stevens), demoralizzata dal fatto di non aver avuto un  lavoro che voleva perché cercavano una voce che non fosse di una donna bianca. Si riflette sui privilegi (di disponibilità economica e di colore della pelle) quando Kat vuole dare una possibilità a una esordiente ideale per la sua piattaforma digitale, ma che non ha il titolo per accedere ala posizione lavorativa. Si insiste sulla responsabilità che hanno le donne nei confronti della altre donne, che sia appunto nel creare occasioni di carriera le une per la altre o nel parlare contro le aggressioni sessuali per evitare che ci siano future vittime (2.06). Si affronta il modo in cui le notizie debbano essere presentate, senza sensazionalizzazioni, evitando di distruggersi a vicenda, incoraggiando i commenti e l’ingaggio personale (2.02).

E poi ragazze che non vanno a scuola perché non hanno gli assorbenti (2.01); rapporto con Dio e la religione (2.04); uso e porto d’armi (2.07  - in una delle poche puntate che non mi hanno convinto, perché pur essendo io ideologicamente  in linea con il punto di vista che hanno fatto prevalere, non è stata ben argomentata e non si è saputo riconoscere il valore dell’uso delle armi come sport lì dove Sutton era una appassionata di tiro al piattello, equiparandolo in modo pedestre a un qualunque altro uso delle armi da fuoco);  body-positivity, ovvero l’importanza di trasmettere modelli di fisicità sani e veri; maternità da giovani…

Se sembra che la serie sia un grande predicozzo la carenza è mia, perché la narrazione incarna queste tematiche nelle tre giovani donne in modo mai forzato, con vicende spumeggianti e attraenti, briose e piene d’affetto. Sarebbe il tipo di serie che se avessi una figlia, la incoraggerei a guardare. Si è caramellosi, ma non stucchevoli, e si lavora, ma ci si sa svagare.

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