giovedì 7 novembre 2019

La seconda stagione di SUCCESSION: stupefacente

È la serie del momento, quella da non perdere. Avevo indicato Succession (HBO) fra le migliori nuove serie del 2019 in un mio post, anche se poi non ho mai scritto sulla prima stagione. Nella seconda si conferma come un appuntamento imperdibile, un commento graffiante sull’era Trump – la prima table read della serie pare sia stata fatta proprio il giorno delle elezioni. È shakespeariana (con il bardo anche citato esplicitamente), una morality tale alla Chaucer per dirla con uno degli interpreti (qui), è inventiva, intelligente, crudele, attuale, sottile, spavalda, spietata, satirica, umoristica…

Al centro delle vicende c’è sempre la famiglia Roy  - modellata pare sui Murdoch, ma anche con un pizzico dei Redstones e dei Kennedy -  e le manovre personali e d’affari per accaparrarsi la gestione dell’impresa di famiglia, la Waystar Royco, un conglomerato mediatico titanico. Il patriarca Logan (Brian Cox) è un umorale re Lear, al suo terzo matrimonio -  con Marcia “Marcy”, di origine libanese -, che tiranneggia non solo i suoi sottoposti, conscio del proprio potere, ma anche i suoi figli, desiderosi di compiacergli. Se nella prima stagione era in fin di vita, e appunto si cercava di capire chi gli sarebbe succeduto alla guida dell’impresa di famiglia, ora è sano e vitale e intenzionato a decidere lui. Ha un pessimo rapporto con il proprio fratello, Ewan (James Cromwell, American Horror Story, The Young Pope), che lo definisce peggio di Hitler, un uomo moralmente corrotto che ha creato un “impero di merda” (2.08).

Il figlio della prima moglie, Connor (Alan Ruck, Persons Unknown) ha poco interesse per gli affari aziendali, preferisce dedicarsi allo stimolo del momento, che sia cercare di accaparrarsi la vendita del pene di Napoleone o lanciarsi in politica come possibile candidato alla Casa Bianca, mettendo in ridicolo la famiglia con la sua inettitudine. Il primogenito della seconda moglie, Kendall (Jeremy Strong, Masters of Sex), il più interessato a prendere le redini dal padre, ha un forte problema di abuso di sostanze e un matrimonio fallito alle spalle; alla fine della prima stagione rimane coinvolto in un incidente simile a quello di Chappaquiddick, di cui è al corrente solo il padre che lo protegge, e questo lo tortura nel corso del nuovo arco narrativo, rendendolo una specie di zombie completamente asservito al genitore, a cui aveva cercato senza successo di ribellarsi. In “Vaulter” (2.02) pugnala alle spalle in modo plateale i dipendenti di una azienda che credevano in lui:  “Mio papà mi ha detto di farlo” risponde con quasi scioccante candore alla domanda sul perché lo avesse fatto.

Il fratello più giovane, Roman (Kieran Culkin), è una sorta di giullare lecchino interessato più a divertirsi che a impegnarsi davvero negli affari di famiglia – mi ha ricordato un po’ il primo Curtis Alden (Christpher Marcantel) di Quando si Ama, se non fosse che questi raccoglieva in sé anche il dolore qui incarnato da Kendall. Uno dei risvolti più affascinanti della seconda stagione è stata la costruzione del rapporto fra lui e la consigliera generale dell’azienda, che gli fa da mentore, Gerri (J. Smith-Cameron). La sorella Siobhan “Shiv” è quella politicamente più sveglia e brillante e, anche se le sue idee sono all’opposto di quelle della sua famiglia, è la possibile vera erede alla dirigenza dell’impero e nel corso di tutta la seconda stagione il suo ruolo nel futuro degli affari e come viene gestita l’eventuale successione è uno dei migliori esempi della profonda sottigliezza di cui è capace la serie - sia a livello affaristico che umano. È sposata con Tom (Matthew Macfayden) che è un dirigente nell’azienda di famiglia, e in questa stagione ha un ruolo importante in un network stile Fox-news, ma che si sente sempre l’anello debole e non ha esattamente le mani pulite. Presto diventa una sorta di mentore del cugino Greg (Nicholas Braun), nipote del fratello di Logan, che arriva come neofita nelle file di famiglia e cerca di navigarle al meglio. Un po’ ingenuo, ma non poi del tutto, è noi, in un certo senso, in quanto outsider degli intrallazzi e costantemente vagamente a disagio dalle situazioni in cui si trova coinvolto, ma in cui cerca di trovare un proprio ruolo. Il rapporto fra Tom e Greg è declinato in modo molto umoristico, e in questa stagione ancora di più.

Due volti nuovi nel secondo arco sono stati quelli di Rhea Jarrell (Holly Hunter), CEO dei Pierce Media Group (PGM), che Logan Roy intende acquisire, e Nat Pierce (Cherry Jones), la proprietaria, a capo di una dinastia mediatica di sinistra che pare sia modellata sui Sultzbergers che controllano il New York Times o i Bancroft del Wall Street Journal, i Chandler del Los Angeles Times o i Taylor del Boston Globe (per approfondire questo tema si legga Slate).   

L’ideatore Jesse Armstrong (Peep Show, In the Thick of It, ma ha fra le altre cose ha scritto anche la 1.03 di Black  Mirror, un episodio a mio avviso molto riuscito) con questa creazione può essere ritenuto, come Emily Nussbaum ha definito David Chase di The Sopranos, un iconoclasta e un profeta del disgusto, in questo caso anche con un “tono idiosincratico” e  propensione all’assurdo che dà ragione a chi ha definito la sua creazione una sorta di Arrested Development più dark, oltre che un Trono di Spade più politicamente astuto (THRl’articolo vale la pena leggerlo anche per scoprire chi sono i consulenti dello show sulle news televisive, media, finanza e affari, politica, eventi sociali, matrimoni e altro).

La serie è dolorosamente tranciante rispetto al dispotismo e il nepotismo delle oligarchie plutocratiche; tagliente nel mostrare gli aspetti più feroci e senza scrupoli degli affari, dei passi falsi e delle alleanze che si modificano, degli accordi traditi e delle inaspettate fortune o sfortune; agghiacciante nel mettere in scena il bullismo e il sadismo del potere fuori controllo – il miglior esempio è “Hunting” (2.03) in cui il patriarca umilia alcuni suoi sottoposti costringendoli a inginocchiarsi e a grugnire e competere per delle salsicce; terrificante e caustica – in “Safe room” (2.04) si riesce a ridere di nazismo, pedofilia e a un funerale, e a dolersi di un Kendall suicidario; tanto a tratti smaccata, quanto sottilissima negli scambi umani: che siano i virtuosistici passaggi verbali della cena in “Tern Haven” (2.05), Kendal che cerca di confidarsi con la propria madre (“Return” - 2.07) o Shiv e Marcy che affrontano Rhea (“Dundee” - 2.08); tutte queste cose spesso insieme come nella mirabile season finale con twist di chiusura che diverte nel flipper dei protagonisti che cercano di decidere chi sarà la persona designata al “sacrificio di sangue” (2.09) ovvero a prendersi la colpa di uno scandalo che riguardava le navi da crociera della compagnia, e sorprendente nella risoluzione ultima della faccenda con una puntata che, sullo sfondo di un ricchezza economica inarrivabile – si svolge su uno yacht che oltre a cabine di lusso, ha una piscina interna e un’area di atterraggio per l’elicottero – è costruita di fatto su una singola e sola frase molto semplice che Logan dice al figlio Kendall: “non sei un killer” (2.10).  Potrebbe ricordare una soap-opera, ma non cede mai ai toni melodrammatici. Stupefacente.  

Il poster della serie mostra la famiglia riunita con sullo sfondo a ogni stagione una diversa opera d’arte, che immagino una chiave di lettura: nella prima si è trattato della “Caccia alla Tigre” di Rubens, nella seconda di “Dante e Virgilio all’Inferno” di Bouguereau. Appropriatamente però ho visto che qualcuno su twitter ha commentato la season finale, e specificatamente il comportamento di Logan verso Kendall, usando l’immagine di “Saturno che divora i suoi figli” di Goya. Della memorabile sigla di apertura rimane come un tarlo il tema musicale di Nicholas Britell – “ha giustapposto un pianoforte tradizionale con un beat hip-hop incombente come suono principale, con corde distorte e elettronica inserita per enfatizzare ulteriormente questi contrasti” (Vulture) -  che torna ricorsivamente anche nel corso della diegesi.

Già non vedo l’ora per la terza stagione.

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